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La determinazione del periodo di ferie. Cosa dicono i Giudici

Giu 18, 2019

All’interno delle aziende assume sempre maggiore interesse il tema della gestione del periodo di ferie. Non è solamente una questione di costi da monitorare, ma di diritti e doveri da regolamentare.

Da un lato il lavoratore, in ragione di un diritto costituzionalmente garantito, vorrebbe poter gestire liberamente il periodo di assenza. Dall’altro il datore di lavoro vorrebbe una flessibilità organizzativa massima, senza vincoli o costrizioni.

Una cosa è certa, il lavoratore ha diritto ad un periodo di ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Ne è più che consapevole anche l’Inps che, al prossimo 30 giugno 2019, pretenderà il pagamento dei contributi sulle ferie maturate dal lavoratore nel corso del 2017 e non ancora fruite.  Scade a fine mese, infatti, il termine dei 18 mesi successivi all’anno di maturazione che la legge fissa per la fruizione di due delle quattro settimane di ferie annuali.

Ma chi decide il periodo di ferie? È possibile uno spostamento unilaterale? Ed una monetizzazione?

Normativa in materia di godimento delle ferie

Il periodo di ferie retribuite è un diritto irrinunciabile per il lavoratore e l’obiettivo delle stesse è quello di reintegrare le energie psico-fisiche impiegate nella prestazione lavorativa e allo stesso tempo permettere la partecipazione alla vita familiare e sociale.

La maturazione, la durata minima, i termini di fruizione e la retribuzione da corrispondere al lavoratore durante le ferie sono materie disciplinate direttamente dalla legge, mentre il periodo di fruizione e le modalità di godimento in genere sono stabiliti dal datore di lavoro e le prassi aziendali. Tuttavia non mancano gli interventi da parte della contrattazione collettiva, la quale, nonostante la pluralità delle fonti legislative, è riuscita a guadagnarsi un ruolo importante per la regolamentazione delle ferie.

Cosa dice la legge in merito alla maturazione e godimento delle ferie?

Il D. Lgs. 66/2003 prevede una durata minima di 4 settimane per un anno di servizio e queste vanno godute:

  • per almeno due settimane nel corso dell’anno di maturazione;
  • le restanti due settimane entro i 18 mesi successivi all’anno di maturazione (salvo un periodo maggiore previsto dai contratti collettivi).

La mancata adesione a tale disciplina comporta in capo al datore di lavoro sia l’applicazione di sanzioni amministrative importanti, che la possibile richiesta di danno da parte del lavoratore, qualora la ragione del mancato godimento sia da collegarsi al continuo diniego del datore di lavoro alla fruizione del periodo di riposo.

 

FRUIZIONE E MODIFICA DELLE FERIE CONCORDATE

Chi decide il periodo di fruizione delle ferie?

Certamente non il lavoratore. Questo recita la Cassazione con sentenza 21918/2014 nella quale si afferma come “l’esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente all’imprenditore, quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa; al lavoratore compete soltanto la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale. Da ciò discende che non può, comunque, ritenersi consentito al lavoratore autoassegnarsi le ferie in assenza di una preventiva autorizzazione da parte del datore o qualora abbia ricevuto un espresso diniego dallo stesso.”

Cosa fare qualora fosse necessario modificare il periodo di ferie già concordato?

A supporto interviene la Cassazione con la sentenza 1557 del 2000, la quale afferma che, salvo diversa disposizione della contrattazione collettiva, “Il potere attribuito all’imprenditore di fissare il periodo di godimento delle ferie da parte dei dipendenti implica anche quello di modificarlo pur in difetto di fatti sopravvenuti, in base soltanto a una riconsiderazione delle esigenze aziendali, senza che in senso contrario rilevi la prescrizione relativa alla comunicazione preventiva ai lavoratori del periodo stabilito”.

 

POSSIBILE LA MONETIZZAZIONE DELLE FERIE? COSA ACCADE SE LE FERIE NON VENGONO GODUTE?

È possibile monetizzare le ferie del lavoratore?

La fruizione delle ferie è un diritto irrinunciabile del lavoratore e qualsiasi patto contrario è nullo. Questo significa che le ferie non godute non possono essere sostituite da un’indennità, salvo i casi previsti tassativamente dalla legge.

Ad esempio potranno essere monetizzate le ferie non godute alla cessazione del rapporto di lavoro ovvero quelle giornate di ferie ulteriori rispetto alle ordinarie quattro settimane di ferie annuali che magari il contratto collettivo prevede. Questo ovviamente con accordo del lavoratore.

Di certo l’indennità sostitutiva di ferie dovrà essere sottoposta a contribuzione. Questo è quanto stabilito, da ultimo, dalla Cassazione con ordinanza 13473/2018 nella quale si afferma che il datore ha l’obbligo di pagare i contributi anche sull’indennità per le ferie non godute, poiché l’emolumento ha natura retributiva e, dunque, giustifica l’imposizione, trattandosi di un’attribuzione patrimoniale che non rientra nell’elenco tassativo delle erogazioni escluse dalla contribuzione.

Quali conseguenza in caso di mancato godimento delle ferie maturate?

Sanzioni amministrative. La mancata fruizione delle ferie maturate entro i termini stabiliti – due settimane nell’anno di maturazione e un egual periodo entro la fine del 18 mese successivo all’anno di maturazione – è punita con l’applicazione delle tre diverse sanzioni amministrative previste all’art. 18bis, comma 3, del D.Lgs. 66/2003 a seconda della gravità dell’inosservanza dei termini. Nello specifico il datore di lavoro sarà tenuto a pagare:

  • da 120€ a 720€ nella generalità dei casi;
  • da 480€ a 1.800€ se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si è verificata in almeno due anni;
  • da 960€ a 5.400€ se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori o si è verificata in almeno 4 anni.

Inoltre in caso di superamento dei termini con la mancata fruizione delle ferie residue, l’autorità ispettiva può obbligare il datore a permettere che il lavoratore usufruisca delle sue ferie non godute.

 

PAGAMENTO DELLA CONTRIBUZIONE E DEROGHE.

Pagamento anticipato della contribuzione.

Seppure nessuna norma specificatamente lo preveda, l’Inps ha da sempre interpretato il termine entro cui fruire delle ferie come momento impositivo del relativo onere contributivo. Pertanto se non sono state fruite le ferie maturate nel 2017 entro il 30 giugno 2019, il datore di lavoro avrà comunque l’obbligo di versare all’Istituto la contribuzione calcolata sull’ammontare delle ferie non godute nel mese di competenza e non oltre giugno 2019, con conseguente invio del relativo flusso UNIEMENS entro il 31 luglio 2019.

Questo significa che l’INPS impone alla parte datoriale il versamento dei contributi dovuti sulle ferie maturate nel 2017 e non godute entro il prossimo 30 giugno, anche se queste verranno consumate effettivamente solo in un momento successivo. Ovviamente una volta pagati i contributi entro la scadenza prevista dalla suddetta circolare INPS, le relative ferie fruite solo successivamente non saranno poi soggette ad ulteriore contribuzione previdenziale.

Ipotesi derogatorie

Nelle ipotesi d’interruzione temporanea della prestazione di lavoro per le cause contemplate da norme di legge (malattia, infortunio, maternità, congedo parentale, integrazione salariale, ecc.) verificatesi nel corso del termine di diciotto mesi, lo stesso termine rimane sospeso per un periodo di durata pari a quello del legittimo impedimento medesimo. Il predetto termine riprende a decorrere dal giorno in cui il lavoratore riprende l’attività lavorativa.

Inoltre, l’Istituto prevede la possibilità di poter spostare il termine di godimento delle ferie (e il conseguente obbligo contributivo), in caso di pattuizioni individuali o regolamenti aziendali. Questo nella logica di concertazione del periodo di fruizione delle ferie annuali per permettere al lavoratore il godimento del periodo di riposo nell’intervallo temporale più consono.

 

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