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11 aprile 2022
Tempo di lettura 5 m.

 

Nonostante lo stato di emergenza sembra volgere al termine, persistono alcune questioni connesse al green pass.

Possiamo brevemente riassumere lo scenario attuale come segue:

  • Il green pass, base e rafforzato, non è più necessario per sedersi all’esterno dei locali pubblici, oltre che per accedere in posta, banca, alberghi, fiere e negozi. Il green pass, base o rafforzato, non è inoltre più obbligatorio per prendere i mezzi pubblici locali o regionali.
  • Il green pass base rimane invece necessario, al posto di quello rafforzato, per andare allo stadio (competizioni sportive all’aperto) o per prendere i mezzi pubblici a lunga percorrenza.
  • Il super green pass, cioè quello rilasciato a seguito di vaccinazione o avvenuta guarigione, continuerà invece ad essere obbligatorio – sempre fino al 30 aprile – all’interno di bar, ristoranti, cinema, teatri, feste, congressi, sale da gioco, palestre, centri benessere, centri culturali etc. (per bar e ristoranti l’obbligo resta anche per le consumazioni al banco).

Pertanto, dall’entrata in vigore della DL n. 24/2022, anche gli over 50 potranno accedere ai luoghi di lavoro senza esibire il Green pass rafforzato, bastando sino al 30 aprile il Green pass base.

Il tutto peraltro sollevando svariate questioni operative, ad esempio: il datore di lavoro è tenuto a richiamare in servizio i lavoratori 50enni sospesi in quanto non in possesso del green pass rafforzato?

Quanto all’obbligo vaccinale con sospensione dal lavoro permane solamente per il personale sanitario, per i lavoratori delle strutture ospedaliere e per i lavoratori delle Rsa.

Quale la posizione hanno finora assunto i giudici in materia di obbligo di green pass? Scorriamo insieme la rassegna giurisprudenziale.

La giurisprudenza sulla legittimità dell’obbligo.

In linea generale, la più parte delle decisioni ha affermato la legittimità dei provvedimenti di sospensione adottati dai datori di lavoro.

In particolare i diritti, incluso il diritto al lavoro, e le libertà individuali trovano un limite nell’adempimento dei doveri solidaristici stabiliti dall’art. 2 della Costituzione. Il Consiglio di Stato, nel decreto n. 6401/2021, ha affermato che il bilanciamento tra diritto a non vaccinarsi e salute collettiva “assume una connotazione ancor più peculiare e dirimente allorché il rifiuto di vaccinazione sia opposto da chi, come il personale sanitario, sia – per legge e ancor prima per il cd. “giuramento di Ippocrate” – tenuto in ogni modo ad adoperarsi per curare i malati, e giammai per creare o aggravare il pericolo di contagio del paziente con cui nell’esercizio dell’attività professionale entri in diretto contatto”. Successivamente la Terza Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 3 dicembre 2021, n. 647610, ha statuito la legittimità dell’obbligo vaccinale di cui all’art. 4 del d. l. n. 44/2021, per gli esercenti le professioni sanitarie e per gli operatori di interesse sanitario. Secondo i Giudici di Palazzo Spada, deve ritenersi “assolutamente prevalente la tutela della salute pubblica e, in particolare, la salvaguardia delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili (per l’esistenza di pregresse morbilità, anche gravi, come i tumori o le cardiopatie, o per l’avanzato stato di età) bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo posti di frequente a contatto con il personale sanitario o sociosanitario. Verso costoro sussiste uno stringente vincolo di solidarietà, cardine del sistema costituzionale (art. 2 Cost.) ed immanente e consustanziale alla stessa relazione di cura e di fiducia che si instaura tra paziente e personale sanitario, che impone di scongiurare l’esito paradossale di un contagio veicolato dagli stessi soggetti chiamati alle funzioni di cura ed assistenza”.

Le pronunce contrarie.

Si segnalano, tuttavia, alcune pronunce di segno contrario.

Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 155/2022, riferita però ad una fattispecie anteriore all’introduzione dell’obbligo di GP nei luoghi di lavoro, ha ritenuto che la richiesta del Green Pass ad una addetta piscina fosse illegittima, poiché l’obbligo riguardava gli avventori della piscina e non i lavoratori.

Il Tribunale di Velletri, con ordinanza del 14 dicembre 2021, ha riammesso in servizio una lavoratrice non vaccinata, affermando che “l’interesse che è costituzionalmente prevalente è la salute pubblica, la quale è messa a rischio ugualmente dal soggetto non vaccinato a prescindere dal fatto che non si sia voluto vaccinare o non si sia potuto vaccinare. Pertanto, si deve concludere che sia chi non si è voluto vaccinare sia chi non si sia potuto vaccinare possano prestare la loro opera ovviamente evitando lo specifico rischio per la salute pubblica”.

Pubblica amministrazione

Nella pubblica amministrazione balzano all’occhio i molteplici ricorsi promossi al TAR del Lazio (vedasi Tar del Lazio, sez. 1 bis, del 14 febbraio 2022 n. 919; sentenze gemelle del Tar del Lazio, sez. 5, pubblicate il 25.02.2022).

In alcuni casi in particolare, i giudici amministrativi si sono mostrati in prima battuta propensi ad accogliere i ricorsi, pronunciando la sospensione medio tempore dell’efficacia dei provvedimenti di sospensione dallo svolgimento dell’attività lavorativa nonché dalla retribuzione, per poi invertire completamente il senso di marcia rilasciando sentenze in senso inverso.

È questo il caso del ricorso presentato da n. 127 lavoratori del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, e della scuola, contro i provvedimenti di sospensione emessi nei loro confronti dalle amministrazioni competenti per non aver assolto all’obbligo vaccinale. Inizialmente propensi all’accoglimento del ricorso, i giudici del Tar del Lazio hanno poi stabilito la legittimità “della sospensione dalla retribuzione e dal servizio di quei dipendenti pubblici non immunizzati, per le cui categorie è stato previsto l’obbligo di vaccino antiCovid”. In particolare il Tar del Lazio scrive nel “bilanciamento tra l’interesse dei ricorrenti ad esercitare la loro attività lavorativa e le esigenze di tutela della salute pubblica è chiaro come il primo sia recessivo. O meglio, lo strumento legislativo previsto per la tutela collettiva non appare sacrificare in maniera illogica, discriminatoria o eccessiva l’interesse privato”. Proseguendo: “nell’imposizione dell’obbligo il legislatore nazionale ha scelto di procedere per gradi, cominciando dai soggetti che maggiormente sono esposti al contagio e che quindi risultano potenzialmente più in pericolo: tra questi, figurano sicuramente gli odierni ricorrenti per i costanti contatti con l’utenza pubblica ed in generale con terze persone, anche infette. Quanto poi alle misure per rendere effettivo l’obbligo, le autorità hanno dovuto individuare il margine di compressione della libertà personale del soggetto tenuto ad assolverlo”.

Conclusioni

Tematica sinora strettamente connessa al green pass è l’obbligo vaccinale e, combinando i due argomenti, non si può prescindere dal chiamare in causa gli over 50.

Allo stato attuale infatti, la citata categoria risulta soggetta all’obbligo vaccinale seppure, anche per loro come per la generalità dei soggetti, il green pass rafforzato (strumento che rileva se il soggetto è vaccinato e/o guarito da covid-19) non sia più richiesto per accedere alla più parte dei servizi e/o aree, luogo di lavoro incluso. Dall’entrata in vigore della L.n. 24/2022, è anche per loro bastevole il green pass base, che si può ottenere anche con un tampone negativo da ripetere ogni 48 ore (se rapido) o 72 ore (se molecolare). In forza delle recenti disposizioni gli over 50 sospesi, in quanto non risultanti in possesso del green pass rafforzato, dovranno essere riammessi in servizio.

Si tratta di un obbligo che, per la specifica categoria citata perdurerà fino al prossimo 15 giugno 2022, risultante esclusivamente connesso all’età anagrafica dei soggetti, prescindendo dalla condizione di salute soggettiva e/o dalla particolare mansione da svolta.

La normativa vigente aggancia come noto al mancato rispetto dell’obbligo vaccinale l’irrogazione di una multa pari ad € 100,00, che i cinquantenni non vaccinati riceveranno direttamente a casa tramite posta da parte dell’agenzia dell’entrate (i nominativi saranno dedotti sulla base dell’incrocio dei dati delle vaccinazioni con quelli dell’anagrafe). La mancata vaccinazione non avrà più come sanzione la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione ma la sola multa di 100 euro una tantum.

Ma il datore di lavoro che, prima dell’entrata in vigore del DL 24/2022 aveva “preso atto” della mancata vaccinazione degli over 50, è tenuto oggi a riferire loro che, atteso il mutato contesto normativo, debbono ripresentarsi a lavoro in azienda? Si suggerisce, in questa fase, di non procedere ad alcun richiamo (se non necessitato) atteso che:

  • Deve ritenersi sempre applicabile il principio dell’ignoranza non scusabile della legge;
  • Ed in ogni caso, l’eventuale over 50 non vaccinato, per eccepire una volontà di riprendere l’attività lavorativa, dovrebbe comunque comunicare il possesso del green pass base. Circostanza che, se non dedotta, comporta comunque l’assenza non retribuita ex DL 123/2021

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