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Il datore di lavoro può decidere liberamente come svolgere una trattativa sindacale e può, a tal fine, organizzare tavoli separati con le diverse sigle o, anche, rifiutarsi di incontrare talune organizzazioni. Così ha deciso il Tribunale di Padova con la sentenza del 30 dicembre 2021 nella causa iscritta al n. r.g.Lav. 1621/2021 e promossa ex art. 28 L. 300/1970, meglio nota come “Statuto dei Lavoratori”.

Il caso

La vicenda ha preso avvio con il ricorso ex art. 28 L. 300/1970 promosso da parte di un’organizzazione sindacale al fine di dichiarare la natura antisindacale della condotta della società volta ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale e concretizzata, nel caso di specie, attraverso l’esclusione della sigla dal tavolo delle trattative per il rinnovo dell’accordo sul premio di risultato, pur a fronte della disponibilità negoziale manifestata più volte alla società, in particolare, dietro formali richieste di incontro.

La società è intervenuta difendendosi in giudizio ed evidenziando, a tal proposito, come una diversa sigla sindacale avesse espresso la propria indisponibilità a condurre una trattativa congiunta con l’organizzazione ricorrente dal momento che i rappresentanti interni all’azienda avrebbero assunto nei confronti dei loro rappresentanti un comportamento offensivo e diffamatorio.

Dunque, in ragione dei dissidi interni alle OO.SS. e tenuto conto, altresì, del dato oggettivo di rappresentatività diversa delle due organizzazioni, il datore di lavoro, nell’ambito della libertà negoziale, ha deciso di non procedere a trattative separate in quanto ritenute inappropriate e non proficue, stante le dimensioni e la realtà aziendale: difatti, dalla documentazione prodotta è emerso come l’organizzazione sindacale esclusa riscontrasse tra i lavoratori soltanto n. 4 iscritti, a differenza di quella partecipante alla negoziazione la quale, oltre ad essere firmataria del precedente accordo, contava ben 95 iscritti.

L’intervento del Tribunale di Padova: l’ordinanza 30.12.2021

Il Tribunale rileva, preliminarmente, come, alla luce dei documenti prodotti e delle sommarie informazioni assunte,  le motivazioni addotte dalla società sono pienamente valide e condivisibili e che, dunque, la condotta tenuta dal datore di lavoro non possiede i connotati di antisindacabilità.
Nello specifico, la scelta di rifiutare lo svolgimento di una trattativa unitaria – a fronte della chiara e ferma opposizione da parte della sigla firmataria del precedente accordo ad acconsentire alle trattative congiunte con la O.S. ricorrente per il rinnovo contrattuale – non integra alcuna condotta antisindacale, non potendo il datore intervenire nelle dinamiche intersindacali. Nel caso di specie, non può configurarsi alcun comportamento lesivo della libertà e dell’attività sindacale, “essendo la mancata partecipazione all’assemblea dei rappresentanti dell’associazione riconducibile esclusivamente ad una situazione di conflitto interno alle organizzazioni sindacali” e, dunque, in alcun modo addebitabile al datore di lavoro convenuto.

A tal riguardo, il Giudice patavino ribadisce un importante principio, in forza del quale, come noto, in capo al datore di lavoro non esiste alcun obbligo generale a trattare: in particolare, il datore è libero di intraprendere trattative sindacali e di scegliere legittimamente con chi trattare, potendo anche eventualmente escludere dalla trattativa alcuni sindacati.

Perimenti, in capo al datore di lavoro non grava alcun obbligo di trattative separate, per cui viene ritenuto legittimo anche il rifiuto allo svolgimento di trattative separate, soprattutto se considerato inadeguato rispetto alle dimensioni ed alla realtà aziendale.

Quanto sopra esposto risulta rafforzato dal fatto che l’art. 4 del c.c.n.l. di settore, richiamato dalla stessa parte ricorrente, prevede che “le richieste di rinnovo dell’accordo aziendale dovranno essere sottoscritte dalla rappresentanza sindacale unitaria e dalle strutture territoriali delle Organizzazioni sindacali stipulanti..”: ciò significa che, dal momento in cui l’organizzazione sindacale in esame non risulta essere né firmataria né parte negoziante dell’accordo circa l’erogazione del premio di risultato oggetto di rinnovo, deve essere nuovamente ritenuta esclusa la lamentata antisindacabilità della condotta del datore di lavoro.

Sulla base dei presupposti sopracitati, il Tribunale di Padova ha rigettato, pertanto, il ricorso promosso dall’organizzazione sindacale, dichiarando pienamente legittima la condotta societaria.

Merita, infine, precisare che l’ordinanza compie anche alcune interessati considerazioni sotto il profilo processuale: in particolare, secondo il giudice, l’avvenuto rinnovo dell’accordo tra datore di lavoro e l’organizzazione sindacale avrebbe fatto venire meno l’interesse dell’organizzazione sindacale ricorrente, per cui il ricorso andrebbe, ugualmente, rigettato per insussistenza del requisito di attualità della condotta, che configura condizione essenziale del procedimento ex art. 28 S.L..

Conclusioni

La pronuncia permette di focalizzare l’attenzione su alcuni significativi principi di diritto del lavoro in materia sindacale, facendo, altresì, riflettere sul ruolo delle organizzazioni sindacali le quali, in luogo dei contrasti interni, dovrebbero concentrare le proprie forze per garantire, in primis, un’adeguata ed efficace tutela degli interessi dei lavoratori: infatti, in tal caso, la buona riuscita dell’accordo è da attribuire in gran parte al datore di lavoro.

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