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La circolare 1/E 2020, quali sono i suoi risvolti pratici?

Feb 18, 2020

Tempo di lettura 15 m.

Il 12 febbraio, come noto, è stata pubblicata la circolare 1/E (buon inizio anno) edita dall’Agenzia delle Entrate, contenente 35 pagine di chiarimenti concernenti il c.d. Decreto Fiscale e connessi riflessi in merito alla gestione di appalti, subappalti, affidamenti a consorzi o rapporti negoziali comunque denominati (la cui caratterizzazione labour intensive risulta, finalmente, formalmente sdoganata anche dall’Agenzia a dispetto della lettera della legge che, diversamente, porterebbe ad un significato opposto).

Il malcapitato lettore della circolare si renderà subito conto di come la stessa sia una “sceneggiatura” dell’articolo 4 della Legge 157/2019 in parziale sostituzione dell’art 17 bis del d.lgs 241/1997.

In effetti sembra che l’Agenzia abbia riscritto la norma di legge (e non meramente interpretato) sulla base della convinzione del Legislatore già evidenziata nella nota del 09 dicembre 2019 (dossier del Senato della Repubblica).

Vediamo, ad ogni modo, cosa prevede la circolare.

APPARENTE MORATORIA SULLE SANZIONI

Partendo dalla fine, viene disciplinato un periodo di tolleranza fino al 30 aprile 2020 che riguarda unicamente il committente (e non l’appaltatore).

In effetti la circolare precisa come nel caso in cui l’appaltatore abbia correttamente determinato ed effettuato i versamenti delle ritenute fiscali (nonché abbia trasmesso le deleghe ed il dettaglio delle ore di lavoro, retribuzione e ritenute varie), senza utilizzare per ciascun committente distinte deleghe, al committente non sarà contestata la violazione prevista dal comma 4 dell’art 17 bis.

Nei fatti, significa che ogni appaltatore dovrà comunque produrre le deleghe di pagamento differenziate per ogni committente e fornire allo stesso/i, entro i 5 giorni successivi alla data di versamento, i dati per la verifica (o, alternativamente, consegnare il DURF).

Solo in questo caso le sanzioni alla committenza non saranno applicate anche se, paradossalmente, c’è da chiedersi quali conseguenze sarebbero applicabili se l’appaltatore risultasse adempiente rispetto ad ogni obbligo fiscale ma, ad esempio, omettesse l’invio delle deleghe al committente.

Attenzione: Il periodo di moratoria in trattazione non ha nulla a che vedere con l’obbligo di sospendere il pagamento verso gli appaltatori inadempienti.

Pertanto, un committente che non ricevesse le deleghe e i dati per la verifica o il c.d. DURF, ben dovrebbe bloccare da subito i compensi verso l’appaltatore nei limiti del 20% del valore del contratto.

CAMPO DI APPLICAZIONE

In tal senso dobbiamo distinguere un campo di applicazione temporale e uno soggettivo.

Per quanto riguarda il campo di applicazione temporale, la circolare precisa come rientrino nel campo di applicazione dell’articolo 17-bis le ritenute operate sugli emolumenti di competenza gennaio 2020 (i cui versamenti sono eseguiti nel mese di febbraio 2020). Diversamente, le ritenute sugli emolumenti dell’anno 2019 corrisposti a gennaio 2020 (c.d. “cassa allargata”) non rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 17-bis.

Diversamente, il campo di applicazione soggettivo contempla quali soggetti destinatari del decreto:

  • enti e società indicati nell’articolo 73, comma 1, del TUIR;
  • società e associazioni indicate nell’articolo 5 del TUIR;
  • persone fisiche che esercitano imprese commerciali ai sensi dell’articolo 55 del TUIR o imprese agricole;
  • persone fisiche che esercitano arti e professioni;
  • curatore fallimentare e commissario liquidatore;
  • condominio.

Tra i grandi esclusi della norma, l’Agenzia annovera gli enti non commerciali (enti pubblici in primis) e chi esercita arte o professione, stante la loro natura diversa da quella di impresa identificata dalla circolare.

 

CATENE DI SOGGETTI

Successivamente la circolare, in modo forse inaspettato, introduce un elemento estremamente innovativo precisando come il soggetto che affida il compimento di una o più opere o di uno o più servizi, tramite contratto di subappalto o tramite affidamento a soggetti consorziati, non può che essere l’appaltatore o il consorzio, che sono quindi da ritenersi “committenti””.

In sostanza, secondo l’Agenzia, tutti i players di una catena di soggetti potrebbero assumere il ruolo di committente allorquando affidino un servizio e/o opera ad altri operatori. Pertanto, prosegue l’amministrazione tributaria “Nell’ambito dei rapporti a catena (ad esempio, committente, appaltatore, subappaltatore), ciascun soggetto della catena che dovesse rivestire il ruolo di “committente” (tipicamente il committente nei confronti dell’appaltatore e del subappaltatore e l’appaltatore nei confronti del subappaltatore) rientrerà nell’ambito di applicazione del comma 1 in esame, in presenza dei presupposti di applicabilità che saranno esaminati nel paragrafo 3 (ovvero il c.d. labour intensive)”.  

Se tale impostazione potrebbe assumere un senso pragmatico per quanto agli adempimenti di natura tributaria (laddove nelle catene di soggetti è bene che gli adempimenti fiscali in trattazione – consegna deleghe di pagamento dei tributi ed invio della documentazione per la verifica – siano richiesti a tutti gli operatori da parte del committente e di ogni appaltatore in presenza di sub appaltatori), risulta pacificamente non condivisibile dal punto di vista civilistico, soprattutto con riferimento alla sospensione del pagamento ammessa dalla legge solo in favore del reale committente e non di quelli “reputati tali” in senso fiscale.

Inoltre, con riferimento alla soglia di esclusione pari ad € 200.000, la stessa dovrà essere verificata solo nel rapporto originario tra committente (originario) e affidatario.

Diversamente, i presupposti di applicabilità riguardanti il prevalente utilizzo della manodopera presso le sedi del committente e con utilizzo dei beni strumentali ad esso riconducibili, saranno verificati da ciascun committente (committente originario, appaltatore, subappaltatore etc).

Nella circolare seguirebbe poi un esempio, a tratti cervellotico, edito dall’Agenzia, a mezzo del quale nel caso di una catena di operatori (nell’esempio un committente, un appaltatore e tre sub appaltatori, dei quali solo due caratterizzati da prevalenza di manodopera) la norma qualificherebbe sia il committente originario che l’appaltatore quali “committenti in senso fiscale” e  solo due dei tre subappaltatori quali “appaltatori”, imponendo i vari adempimenti a chi di dovere (richiesta documentazione, consegna deleghe e successivi dati per l’analisi delle deleghe, etc).

ESCLUSIONI ED ESONERI

Al punto 3.1 della circolare, l’Agenzia circoscrive e dettaglia i requisiti per ritenersi esonerati dagli adempimenti ex art 17 bis qui introdotti.

Come oramai noto, i nuovi obblighi non si applicano laddove le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici trasmettano al committente il DURF (certificazione rilasciata dall’Agenzia). Tale documento attesta la sussistenza dei seguenti requisiti (riferiti all’ultimo giorno del mese precedente a quello di scadenza del pagamento delle ritenute):

  • l’esistenza da almeno 3 anni. In tal senso è stato precisato come i tre anni non debbano ritenersi operativi ma di esistenza in senso civilistico fiscale (così da considerare anche società divenute operative dopo la loro costituzione);
  • la regolarità degli obblighi dichiarativi;
  • i versamenti in conto fiscale non inferiori al 10% dei ricavi e compensi;
  • non avere iscrizione a ruolo over 50.000,00 euro.

I requisiti del conto fiscale meritano un’ampia precisazione. È stato finalmente chiarito come al numeratore del conto fiscale debbano considerarsi non solo tutte le imposte versate tramite F24 ma anche i contributi previdenziali ed assistenziali (così da consentire a quelle società già in reverse charge di poter beneficiare di tale prerogativa) al lordo dei crediti compensati ed al denominatore i ricavi ed i compensi del triennio cui si riferiscono le dichiarazioni (attualmente dal 2016 al 2018 compreso).

Per quanto riguarda modalità di rilascio e contenuti del DURF, rimandiamo al nostro precedente approfondimento.

PRESUPPOSTI DI APPLICABILITÀ DELL’ART 17 bis

Proseguendo nella lettura della circolare, la stessa ribadisce i presupposti per l’applicarsi dei nuovi obblighi ovvero:

  • l’affidamento a un’impresa del compimento di un’opera o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro;
  • l’affidamento deve avvenire tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati;
  • i contratti di cui sopra devono essere caratterizzati contemporaneamente da: prevalente utilizzo di manodopera; prestazione svolta presso le sedi di attività del committente; utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma.

L’interpretazione fornita dall’Agenzia al fine di qualificare l’ambito di applicazione delle nuove previsioni risulta particolarmente minuziosa.

  1. Dapprima, l’affidamento deve essere riferito “a un’impresa”, con dunque un’esclusione sostanziale degli esercenti arti o professioni (contratti d’opera ex art 2222 c.c.). Viceversa, potranno ricadervi, i contratti d’opera stipulati con imprese;
  2. l compimento di un’opera o più opere o di uno o più servizi deve essere “di importo complessivo annuo superiore ad euro 200.000” per ciascuna impresa. In questo caso l’Agenzia ritiene necessario precisare come l’anno vada qualificato come “solare” ovvero dal 1° gennaio al 31 dicembre (che curiosamente è l’orizzonte temporale che sostanzia anche l’anno civile);
  3. sempre per esigenze di semplificazione, si farà riferimento ai mesi e non ai giorni; in presenza di contratti o modifiche contrattuali stipulati dopo il giorno 15 del mese si farà riferimento al mese successivo sia per il calcolo dei mesi sia per la decorrenza degli obblighi.
  4. In presenza di contratti di durata annuale o pluriennale che presentino un prezzo predeterminato, il calcolo della soglia su base annua di 200.000 euro avverrà secondo un meccanismo di pro-rata temporis.

Ad esempio, riprendendo la stessa circolare, si pensi al caso in cui il committente A stipuli un contratto con l’impresa B il 1° luglio 2020 con scadenza 31 dicembre 2022 che prevede un prezzo complessivo di 600.000 euro al netto dell’IVA. In base al meccanismo della pro-rata temporis, la soglia di 200.000 euro su base annua è superata a decorrere dal 1° gennaio 2021 (120.000 euro sono imputabili all’anno 2020, 240.000 euro sono imputabili all’anno 2021 e 240.000 euro sono imputabili all’anno 2022); gli obblighi previsti dall’articolo 17-bis decorreranno in relazione ai redditi di lavoro dipendente e assimilati da erogare dopo il 1° gennaio 2021 e cesseranno il 31 dicembre 2022.

5. Diversamente, per i contratti che non hanno un prezzo o una scadenza predeterminata si seguirà il criterio di cassa ed in questo caso, gli obblighi previsti dall’art. 17-bis decorreranno in relazione ai redditi di lavoro dipendente e assimilati da erogare dopo il superamento della soglia di 200.000 euro su base annua e cesseranno alla scadenza dei contratti;

IL CONCETTO DI LABOUR INTENSIVE

Formalizzando quanto già riferito verbalmente nella conferenza stampa del 13 gennaio 2020 (nonché ribadito anche negli incontri successivi), l’Agenzia conferma che il campo di applicazione della norma riguarda i contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati TUTTI caratterizzati dal prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente, con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma.

Segnando però un cambio di rotta rispetto alle citate indiscrezioni verbali, l’Agenzia esclude la somministrazione di lavoratori (sacrosantamente, giacché la ratio della norma appare completamente diversa dal controllo di un contratto tipico già disciplinato dal D.lgs 81/2015) così come, per quanto non citata dall’amministrazione tributaria, deve ritenersi escluso anche il distacco di lavoratori ex art 30 D.lgs 276 del 2003.

Proseguendo, l’Agenzia chiarisce, a suo modo, il concetto di prevalenza dell’utilizzo di manodopera precisando che, per determinarla, occorrerà fare riferimento:

  1. Alla retribuzione lorda riferita ai soli percettori di reddito di lavoro dipendente e assimilato (come se fosse stimabile a priori e non risultasse influenzata da fattori eterogenei. Si pensi al verificarsi di malattie, eventi sospensivi ex art 2110 c.c. o, più facilmente, da straordinari non prevedibili) al numeratore;
  2. al prezzo complessivo dell’opera, al denominatore.

La prevalenza si intenderà superata quando il rapporto tra numeratore e denominatore è superiore al 50%. Ne deriva che la prevalenza potrebbe non sussistere all’atto della stipula dell’appalto ma verificarsi solo successivamente.

Per “manodopera” si deve intendere tutta la manodopera per cui vige l’obbligo di applicazione e versamento delle ritenute fiscali, obbligo che ricorrerà non solo quando il prestatore risulti inquadrato come lavoratore dipendente o in una delle categorie di soggetti che percepiscono reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, ma anche nel caso in cui lo stesso abbia un formale inquadramento lavorativo differente (simulato autonomo), che nei fatti presti attività di lavoro dipendente presso il committente.

Precisazione tecnicamente impossibile da applicarsi a priori in quanto richiede un accertamento ispettivo.

Il prevalente utilizzo della manodopera presso le sedi del committente deve, altresì, avvenire con l’utilizzo di “beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma”. I beni strumentali saranno ordinariamente macchinari e attrezzature che permettono ai lavoratori di prestare i loro servizi, ma ciò non esclude che siano utilizzate altre categorie di beni strumentali. La riconducibilità dei beni strumentali ai committenti potrà avvenire a qualunque titolo giuridico come proprietà, possesso o detenzione.

Occorre evidenziare che qualora i lavoratori utilizzino i beni strumentali riconducibili agli appaltatori, ai subappaltatori, agli affidatari o agli altri soggetti che hanno rapporti negoziali comunque denominati necessari per l’esecuzione della specifica opera o servizio commissionati, l’occasionale utilizzo di beni strumentali riconducibili al committente o l’utilizzo di beni strumentali del committente, non indispensabili per l’esecuzione dell’opera o del servizio, non comportano il ricorrere della condizione di applicabilità in esame.

Da ultimo, la prestazione presso la sede del committente viene identificata con tutte le sedi destinate allo svolgimento dell’attività imprenditoriale, agricola o professionale.

Vi rientrano, tra le altre, la sede legale, le sedi operative, gli uffici di rappresentanza, i terreni in cui il committente svolge l’attività agricola, i cantieri, le piattaforme e ogni altro luogo comunque riconducibile al committente destinati allo svolgimento dell’attività d’impresa, agricola o professionale.

Come già precisato, i “committenti” potranno essere indifferentemente gli originari committenti, gli appaltatori, i subappaltatori, i consorzi, i consorziati e le ulteriori tipologie di soggetti che stipulano gli altri rapporti negoziali.

DIVIETO DI COMPENSAZIONE

In merito al divieto di compensazione, l’A.E. ha chiarito che alcuni crediti, per loro natura, dovranno essere portati in compensazione, pena la loro inutilizzabilità concreta (credito da assistenza fiscale, bonus Irpef, etc).

Pertanto, con apposita tabella (pagina 26 della Circolare) vengono identificati i crediti maturati dall’impresa in qualità di sostituto di imposta che possono (o meglio devono) trovare compensazione nelle deleghe da inviare / trasmettere ai vari committenti.

Nessuna deroga, diversamente, risulta applicabile ai crediti tributari (IVA in primis) o ai crediti derivanti da agevolazioni e/o crediti per contributi e premi assicurativi obbligatori.

L’Agenzia inoltre precisa l’implementazione della nuova Banca dati appalti dell’INPS”, la quale dovrebbe consentire “di ripartire i versamenti dei contributi per singolo appalto, ai fini del calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi obbligatori per i quali vige il divieto di utilizzare crediti per il pagamento”.

In nessun caso si era mai pensato di frazionare anche il pagamento dei contributi previdenziali suddividendo la maturazione per ciascun appalto (infatti la consegna del DURC alla committenza riguarda un concetto di regolarità contributiva omnia e non frazionata a quel determinato appalto).

Il divieto di compensazione dei contributi previdenziali non esclude categoricamente la compensazione, infatti, ad esempio, è possibile porre in compensazione un credito IVA con somme dovute all’INPS purché non afferenti ad un contratto di appalto, sub appalto o altro negozio.

Ne deriva che in una delega di pagamento la presenza di un credito Iva in compensazione non è sempre inammissibile ma lo diviene solo se i contributi in trattazione sono riferiti ad un affidamento di un’opera o servizio (ecco il perché della Banca dati appalti).

L’Agenzia specifica che al fine di suddividere i contributi per singolo appalto “si seguirà il medesimo criterio rapportato alle ore di lavoro prestate infra specificato con riferimento alle ritenute fiscali”.

Infine, la circolare chiarisce come sia possibile predisporre distinti modelli F24 per ciascun committente (seguendo le modalità di determinazione definite nella circolare) oppure rimane ferma la possibilità di predisporre un modello F24 cumulativo per tutti i contributi e premi dovuti dall’impresa, ma in questo caso sarà onere dell’azienda ricostruire, in sede di eventuale controllo, le modalità di calcolo utilizzate.

OBBLIGHI e VERIFICHE

Per concludere, l’Agenzia delle Entrate, cerca di chiarire la portata degli adempimenti e connessi obblighi previsti dal legislatore fiscale.

L’amministrazione tributaria identifica degli ulteriori adempimenti, non previsti dalla normativa in trattazione, in ordine alle verifiche che i committenti (tutti) dovranno effettuare non appena entrati in possesso delle deleghe e dei dati, nei cinque giorni successivi.

Nel dettaglio:

  • L’Agenzia rende disponibile copia delle deleghe di pagamento sia nel “cassetto fiscaledell’impresa che ha effettuato il versamento, sia in quello dell’impresa identificata con il codice fiscale indicato nel campo dedicato del modello F24, secondo le istruzioni impartite con la risoluzione n.109 del 24 dicembre 2019.
  • Le imprese appaltatrici e sub appaltatrici dovranno inviare al committente:
  1. un elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell’esecuzione di opere o servizi affidati dal committente. In caso di pagamento delle retribuzioni effettuato il mese successivo a quello di riferimento della “busta paga” (ad esempio prestazione lavorativa di gennaio pagata nel mese di febbraio, il cui versamento delle ritenute avrà scadenza il 16 marzo), occorrerà fare riferimento al secondo mese precedente (quindi gennaio);
  2. il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell’opera o del servizio affidato;
  3. l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione (imponibile ai fini fiscali come risultante dalla “busta paga” del lavoratore);
  4. il dettaglio delle ritenute fiscali operate nel mese precedente nei confronti di tale lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente.

Le ritenute fiscali operate nei confronti dei lavoratori sono tutte quelle riferibili al rapporto di lavoro dipendente o ai rapporti da cui si ricavano redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.

L’ammontare delle ritenute fiscali, determinato per ciascun committente, dovrà essere versato dall’impresa compilando un distinto modello F24 per ognuno di essi, secondo le istruzioni impartite con la risoluzione n. 109 del 24 dicembre 2019.

Diversamente, la quota di ritenute alla quale non è applicabile l’articolo 17-bis sarà versata cumulativamente dall’impresa, con un modello F24 separato, senza far riferimento ad alcun committente.

Come se tutti questi adempimenti non fossero sufficienti, secondo l’Agenzia, il committente che riceve la documentazione dall’appaltatore / sub appaltatore / affidatario del servizio non deve solo effettuare un mero controllo formale bensì dovrebbe verificare non vi sia una manifesta incongruità tra la retribuzione inviata e l’opera prestata dal lavoratore (ma, si badi bene: sempre utilizzando “elementi cartolari”) anche mirato al fine di verificare il rispetto dei contratti collettivi da parte dell’appaltatore. 

Le ritenute fiscali dichiarate devono dunque risultare NON manifestamente incongrue, assumendo quale parametro “semplificatore” la percentuale del 15% della retribuzione ai fini fiscali.

Solo verificando tali elementi il committente avrà ottemperato alle previsioni dell’art 17-bis in trattazione (norma che non cita nulla del genere se non nella parte sanzionatoria, riferita alla “corretta determinazione delle imposte”).

In conclusione, la circolare in esame sembra più un glossario sul modus operandi da applicare all’interno della filiera degli appalti, con evidenti sconfinamenti rispetto alle previsioni normative vigenti.

Il tutto con una totale noncuranza delle incertezze operative e sostanziali derivate.

Tanto rimane un problema delle società, no?

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