Reddito di Cittadinanza. Quali Benefici per le Imprese?
1 aprile 2019. Questa è la data di partenza del reddito di cittadinanza, o almeno questo è quello che prevede la legge di conversione del D.l. 4/2019 avvenuta lo scorso 29 marzo.
Nonostante alcune difficoltà interpretative per le quali si auspicano in tempi stretti interpretazioni innanzitutto dell’INPS (che si è già espressa parzialmente con circolare n. 43 del 20 marzo scorso), possiamo finalmente analizzare i risvolti pratici di tale nuova forma di integrazione del reddito e verificare le ricadute in termini di costo del lavoro in caso di assunzione di lavoratori beneficiare del RdC.
Al netto di alcune criticità della norma – in primis quella concernente il requisito soggettivo della cittadinanza in lettura congiunta dell’art 3 della costituzione italiana – sembra necessaria un’analisi di questo nuovo istituto, verificando le questioni relative ai requisiti di accesso, alle dinamiche circa il mantenimento del Rdc e alle possibili agevolazioni alle imprese.
REQUISITI SOGGETTIVI – CITTADINANZA, RESIDENZA, SOGGIORNO
Il RdC si rivolge a coloro che cumulativamente siano:
1) in possesso della cittadinanza italiana o di paesi facenti parte dell’Unione europea, ovvero suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero proveniente da paesi che hanno sottoscritto convenzioni bilaterali di sicurezza sociale, ovvero cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;
2) residente in Italia da almeno 10 anni al momento della presentazione della domanda, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo;
REQUISITI OGGETTIVI – REDDITUALI, PATRIMONIALI
Con riferimento a requisiti reddituali e patrimoniali, il nucleo familiare deve possedere:
1. un valore dell’ISEE inferiore a 9.360 euro;
2. un valore del patrimonio immobiliare in Italia e all’estero, diverso dalla casa di abitazione, non superiore ad una soglia di euro 30.000;
3. un valore del patrimonio mobiliare, come definito a fini ISEE, non superiore a una soglia di euro 6.000, accresciuta di euro 2.000 per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di euro 10.000, incrementato di ulteriori euro 1.000 per ogni figlio successivo al secondo. I predetti massimali sono ulteriormente incrementati di euro 5.000 per ogni componente con disabilità e di euro 7.500 per ogni componente in condizioni di disabilità grave o di non autosufficienza, come definita a fini ISEE, presente nel nucleo;
4. un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di euro 6.000 annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza.
In ogni caso la soglia è incrementata ad euro 9.360 euro nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione;
5. nessun componente del nucleo familiare deve essere intestatario di autoveicoli immatricolati la prima volta nei sei mesi precedenti la richiesta, ovvero di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc immatricolati la prima volta nei due anni antecedenti, esclusi quelli delle persone con disabilità ai sensi della disciplina vigente. Inoltre nessun componente deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto.
Prima riflessione.
I beneficiari del reddito di cittadinanza debbono possedere dei requisiti cristallizzati alla data della domanda (ISEE, Patrimonio immobiliare e mobiliare), mentre vi è un fattore variabile il Reddito.
È evidente che, in caso di assunzione del percettore del Rdc, anche a termine, la prima domanda da chiedersi sarà se il lavoratore stesso non vada a perdere quei requisiti reddituali richiesti dalla norma. A differenza della Naspi, infatti, il RdC è compatibile con un impiego di lavoro e non si sospende durante la percezione della retribuzione o di un sussidio occupazionale aggiuntivo.
Cosa fare per non perdere il beneficio.
Sul punto ci aiuta l’art. 3, comma 8, in base al quale “il maggior reddito da lavoro concorre alla determinazione del beneficio economico nella misura dell’80 per cento, a decorrere dal mese successivo a quello della variazione e fino a quando il maggior reddito non è ordinariamente recepito nell’ISEE per l’intera annualità”.
Quindi un’assunzione effettuata a maggio 2019 di un lavoratore percettore di Rdc determina l’inserimento dell’80% del suo reddito nell’annualità 2019.
In caso di superamento della soglia prevista, (per comodità utilizziamo 9.360 euro senza alcuna scala di equivalenza) il lavoratore decade dal Rdc e di conseguenza – lo vedremo meglio dopo – anche il datore di lavoro perderà il possibile esonero contributivo.
Facendo due conti stiamo parlando di 11.700 euro di reddito pari a una retribuzione lorda di circa 12.900 euro. Questi due parametri li dobbiamo memorizzare perché, forse, sarà il lavoratore stesso a chiederci non tanto quanto guadagnerà ma quanto reddito gli viene erogato….
REQUISITI DI COMPATIBILITA’
Con conversione in Legge, è stato anche esplicitato che non ha diritto al Rdc il componente del nucleo familiare disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa.
INCENTIVO ALL’ASSUNZIONE
L’art. 8 del d.l. 4/2019 istituisce un nuovo incentivo che consiste nell’esonero dal versamento della contribuzione previdenziale ed assistenziale a carico del datore di lavoro e del lavoratore:
– nel limite dell’importo mensile del RdC percepito dal lavoratore e comunque fino ad un ammontare massimo di € 780,00 mensili;
– per un periodo pari alla differenza tra 18 mesi e le mensilità già godute dal beneficiario, comunque non inferiore a 5 mensilità;
– l’incentivo non si estende a premi e contributi dovuti all’INAIL.
In caso di rinnovo del RdC l’incentivo è concesso nel limite di 5 mensilità.
REGOLE PER LA FRUIZIONE DEL BENEFICIO
Il beneficio è rivolto ai lavoratori del settore privato e alle agenzie per il lavoro.
Il datore di lavoro interessato deve comunicare attraverso la piattaforma ANPAL la disponibilità di posti di lavoro vacanti impegnandosi ad assumere a tempo pieno ed indeterminato, anche con contratto di apprendistato.
Contestualmente all’assunzione il datore di lavoro stipula presso il centro per l’impiego un patto di formazione, con il quale garantisce al beneficiario un percorso formativo o di riqualificazione professionale.
Inoltre per poter beneficiare dell’incentivo deve:
– rispettare i limiti cd de minimis previsti dal Trattato sul funzionamento dell’UE;
– essere adempiente agli obblighi previsti dalla legge n. 68/99 relativamente al collocamento obbligatorio;
– rispettoso delle disposizioni in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro;
– determinare un incremento occupazionale netto del numero di dipendenti nel rispetto dei criteri fissati dall’articolo 31, comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 150 del 2015, riferiti esclusivamente ai lavoratori a tempo indeterminato.
Pena la restituzione di quanto fruito, maggiorato di sanzioni civili, il rapporto di lavoro deve perdurare almeno 36 mesi, fatti salvi i casi del licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo.
La norma prevede la possibilità di procedere all’assunzione tramite percorsi di formazione e riqualificazione predisposti da Enti formativi e fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua laddove previsto da provvedimenti regionali. In tali casi, il beneficio, secondo le regole di cui sopra, sarà ripartito equamente tra il datore di lavoro e l’Ente Formativo che ha permesso di ricollocare il lavoratore.
Ma di quanto stiamo parlando.
Le regole per beneficiare dell’incentivo sono molte, forse troppe: assunzione a tempo pieno e indeterminato, incremento occupazione, de minimis, garanzia occupazionale….ma la riduzione di costo sarà cospicua, almeno si spera.
Facendo due conti, nella migliore delle ipotesi, andiamo a beneficiare di 780 euro mensili di agevolazione, che riguarda – è bene ricordarlo – sia la parte di contributi a carico dell’azienda che del lavoratore – quindi il minor carico aziendale si attesterà a circa ¾ del valore complessivo pari a 585 euro mese.
Quale RAL per avere il massimo dei benefici?
Ipotizzando un percentuale complessiva di versamento contributivo pari al 40%, la retribuzione media di riferimento per beneficiare pienamente del contributo è pari 1.950 euro mese (780 / 40%), circa 23.400 euro annuali.
E’ la durata?
In merito alla durata, la norma prevede che il periodo agevolato sia pari alla differenza tra 18 e i mesi già goduti dal lavoratore, con un minimo di 5 mensilità.
Tornando al nostro esempio, se siamo molto fortunati e collochiamo il lavoratore fin da subito beneficeremo, come azienda, di un’agevolazione di 10.400 euro (580 x 18 mesi). Diversamente, se il percorso di ingresso in azienda è più lungo o banalmente dovessi avvenire con un primo rapporto a termine, il beneficio potrebbe ridursi al minimo di 5 mensilità, pari a circa 2.900 euro.
Ultima riflessione.
Nella gestione in ingresso del lavoratore percettore del Rdc saranno due le questioni rilevanti.
Se la politica di ingresso in azienda non prevedere fin da subito il contratto a tempo indeterminato, si dovrà valutare il reddito percepito dal lavoratore durante il rapporto a termine.
Questo al fine di poter mantenere il beneficio del RdC e non precludersi l’agevolazione successiva. Ricordiamo come il reddito di cittadinanza è compatibile con la Naspi e il reddito generato dal nuovo impiego del lavoratore, ma si decade dallo stesso se vengono superati i massimali di ingresso previsti dalla norma (euro 6.000 annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza).
In caso di assunzione a tempo indeterminato, l’assunzione stessa deve determinare un incremento occupazionale netto del numero di dipendenti dell’azienda, riferiti esclusivamente ai lavoratori a tempo indeterminato, oltre a rispettare i criteri del c.d. de minimis previsti dal Trattato sul funzionamento dell’UE.
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