Primi chiarimenti sul c.d. “BONUS 100 EURO”
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L’Agenzia delle Entrate con una serie di risposte a quesiti, ha finalmente emanato le prime indicazioni in merito alle disposizioni contenute nel D.L. 18/2020 relative alle “misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
Per quanto qui ci interessa, i chiarimenti necessari, urgenti e richiesti a gran voce da molte categorie, riguardano il c.d. Bonus 100 euro.
L’art. 63 del Decreto Cura Italia, infatti, prevede la possibilità per i titolari di redditi di lavoro dipendente che possiedono un reddito complessivo da lavoro dipendente dell’anno precedente di importo non superiore a 40.000 euro di poter beneficiare di un premio, per il mese di marzo 2020, che non concorre alla formazione del reddito, pari a 100 euro da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel predetto mese.
Ruolo cruciale è quello dei sostituti d’imposta, i quali riconoscono, in via automatica, l’incentivo a partire dalla retribuzione corrisposta nel mese di aprile e comunque entro il termine di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno.
Finalmente l’Agenzia delle Entrate ha fornito il suo autorevole parere in merito, lasciando però, forse, ancor più dubbi di quanti ne avevamo in testa prima di leggere i chiarimenti
Vediamo assieme cosa fare nel cedolino di aprile o in quelli successivi.
BENEFICIARI
Beneficiano del bonus 100 euro – riferito esclusivamente al mese di marzo 2020 e all’attività ivi svolta – i titolari di reddito di lavoro dipendente. Sono pertanto esclusi i c.d. redditi assimilati a lavoro dipendente quali i collaboratori, stagisti, ecc.
L’intento è chiaramente quello di aiutare i lavoratori dipendenti, pubblici o privati, assicurando un beneficio netto per l’attività in prima linea svolta nel mese di marzo.
Ulteriore requisito per poter beneficiare del bonus è costituito dal fatto di non avere avuto un reddito superiore a 40.000 euro nell’anno 2019.
A tale fine, l’AE afferma come “ai fini della verifica del rispetto del limite di 40 mila euro previsto dall’articolo 63 del Decreto, debba considerarsi esclusivamente il reddito di lavoro dipendente assoggettato a tassazione progressiva IRPEF e non anche quello assoggettato a tassazione separata o ad imposta sostitutiva. Tanto in coerenza con i chiarimenti già forniti nella Circolare n. 28/E del 15 giugno 2016”
In sintesi:
- andranno considerati solo i redditi da lavoro dipendente nell’anno 2019;
- non si computeranno i redditi sottoposti a prelievo agevolato (c.d. imposta del 10% sulle premialità);
- non si computeranno i redditi sottoposti a tassazione separata (es. anticipi sul TFR, incentivi all’esodo, ecc.).
È evidente che la verifica reddituale dovrà essere svolta con particolare attenzione nei casi di lavoratori assunti durante l’anno 2019 e 2020.
In tali casi, come conferma anche l’Agenzia delle Entrate, “qualora il datore di lavoro tenuto all’erogazione del premio non sia lo stesso che abbia rilasciato la certificazione unica dei redditi per l’anno precedente, il dipendente, al fine di ottenere il premio, dovrà rilasciare al sostituto di imposta una autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui attestare l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nell’anno precedente”.
CALCOLO DEL PREMIO
Questo sicuramente il punto più dolente.
L’Agenzia con una serie di risposte cerca di dettare alcuni principi al fine di determinare il bonus spettante.
Primo principio – giornate lavorate
In assenza di precisazioni risultanti dalla lettera della norma e/o dalla relazione illustrativa, l’Agenzia ritiene che al fine del calcolo complessivo dei giorni rilevanti ai fini della determinazione dell’importo del bonus spettante ai sensi dell’articolo 63 del Decreto, rilevi il rapporto tra le ore effettive lavorate nel mese e le ore lavorabili come previsto contrattualmente.
Quindi, non tanto un conteggio di giornate di lavoro, quanto un criterio collegato alle ore lavorate rispetto alle ore lavorabili in ragione del singolo contratto di lavoro o della turnistica aziendale (si pensi agli impianti a ciclo continuo o con turni multi periodali).
Secondo principio – Smart Working e lavoro in trasferta
Ai fini della determinazione delle c.d. “giornate lavorate in sede”, l’AE specifica subito che rientra nel concetto anche il lavoro fuori sede o in trasferta.
Si precisa che “tenuto conto che la ratio di tale disposizione persegue l’obiettivo di dare ristoro ai dipendenti che hanno continuato a lavorare nel mese di marzo senza poter adottare, quale misura di prevenzione, quella del lavoro agile o da remoto, si ritiene che il premio, ivi stabilito, debba essere riconosciuto anche a coloro che hanno prestato la loro attività lavorativa in trasferta presso clienti o in missioni o presso sedi secondarie dell’impresa. Restano, invece, esclusi i dipendenti che hanno prestato la loro attività lavorativa in modalità di lavoro agile (“smart working”)”.
Rispetto a tale ultimo punto si precisa come “in ragione dell’espresso riferimento fatto dall’articolo 63 del Decreto al «numero di giorni svolti nella propria sede di lavoro», si è dell’avviso che non possano rientrare nel computo dei giorni di lavoro rilevanti ai fini della determinazione dell’importo del cd. premio, il periodo di lavoro svolto a distanza, ovvero al di fuori dell’ordinaria sede di lavoro e/o degli ordinari luoghi in cui tradizionalmente viene prestata l’attività lavorativa, anche se funzionalmente e strutturalmente collegati ad essi attraverso l’ausilio di strumenti di comunicazione informatici e telematici.”
Quindi, come correttamente contenuto anche nel testo normativo, il beneficio va riservato a coloro i quali hanno continuato a svolgere la professione in modo ordinario, con il rischio di contrarre il COVID-19. Su tale spinta l’esclusione dei lavoratori in smart working.
Terzo principio – Part timer e periodo di assenza dal servizio
L’ultimo principio enunciato dall’Agenzia è certamente il più contorto.
Si afferma come “indipendentemente dalla tipologia di contratto, full time e part time, l’importo del bonus erogabile dovrà essere determinato in ragione del periodo di lavoro durante il quale il dipendente presta effettivamente l’attività lavorativa presso la propria sede”.
Pertanto l’importo non va ridimensionato in ragione della specifica percentuale di lavoro a tempo parziale, trattandosi di un beneficio a favore dei lavoratori.
L’ultima precisazione riguarda il computo delle assenze. L’AE afferma come, “in considerazione della finalità della norma che vuole premiare i dipendenti che hanno continuato a prestare la propria attività lavorativa presso la sede di lavoro non devono considerarsi nel rapporto – né al numeratore né al denominatore – le giornate di ferie o di malattia. In base alla medesima ratio, sono escluse dal calcolo le giornate di assenza per aspettativa senza corresponsione di assegni.”
Pertanto, il mancato computo di ferie e malattia sia nel numeratore (ore lavorate) che nel denominatore (ore lavorabili) determina un sorta di neutralità delle stesse.
Bene. Questo significa che chiunque abbia lavorato anche solo un ora durante il mese di marzo beneficiando per il rimanente periodo “lavorabile” di assenze a qualunque titolo – permessi, ferie, malattia, ecc. – beneficerà del bonus in forma piena, importo pari a 100,00 euro.
Non riteniamo di condividere tale lettura, che pure fa contenti molti italiani. La ratio normativa era quella di indicare un beneficio massimo da rapportare alle giornate effettive in sede, con lo scopo di premiare di più coloro i quali avevano prestato la propria attività in modo ordinario.
Una simile lettura, invece, rischia di produrre un vantaggio identico sia per coloro i quali hanno prestato regolarmente la propria attività lavorativa, che per coloro i quali sono rimasti nella propria abitazione per ragioni di opportunità o di necessità. Riceverà i famosi 100,00 euro sia il lavoratore che ha svolto il suo normale orario di lavoro e forse, magari, qualche ora di straordinario, sia il suo collega che, nello stesso periodo, ha deciso di rimanere a casa in ferie o in permesso, per evitare il rischio di contagio, ma ha svolto la propria attività per qualche ora (perfino qualche minuto) lunedì 2 marzo.
Chi saranno gli unici a perderci allora?
I lavoratori in Smart working. Cioè coloro i quali, seppure nelle difficoltà domestiche, di connessione e di gestione del proprio work-life balance, hanno comunque lavorato, magari più di prima, ma hanno il solo “demerito” di averlo fatto in modalità agile.
TEMPI DI EROGAZIONE DEL BONUS
L’Agenzia precisa come “il comma 2 dell’articolo 63 del Decreto dispone, tra l’altro, che i sostituti d’imposta riconoscono, in via automatica, l’incentivo a partire dalla retribuzione corrisposta nel mese di aprile e comunque entro il termine di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno”.
Conseguentemente, il bonus in esame non dovrà essere erogato necessariamente con le competenze stipendiali del mese di aprile 2020 potendo il datore di lavoro erogarlo anche in un momento successivo.
Cosa fare per i cessati?
Secondo l’AE “considerato che l’importo del bonus è rapportato al numero di giorni di lavoro svolti, nel mese di marzo 2020, nella propria sede di lavoro, ai dipendenti licenziati nel predetto mese spetterà il bonus in proporzione ai giorni di lavoro svolti presso la predetta sede calcolati come illustrato al paragrafo 4.1.”
Quindi si farà un rapporto tra ore lavorate e ore lavorabili considerando l’assenza per fine contratto.
MODALITÀ DI RECUPERO IN F24
In merito alle modalità del bonus erogato, l’AE afferma come “il recupero in compensazione orizzontale del premio anticipato al dipendente deve avvenire mediante l’utilizzo dei servizi telematici dell’Agenzia, come chiarito con la risoluzione n. 110/E del 31 dicembre 2019 e non è soggetto agli altri limiti o vincoli previsti per l’utilizzo in compensazione dei crediti di imposta”.
Al fine di consentire ai sostituti d’imposta di recuperare in compensazione il premio erogato ai dipendenti, con la risoluzione n. 17/E del 31 marzo 2020, sono stati istituiti, per il modello F24, il codice tributo “1699” e per il modello F24 “enti pubblici” (F24 EP), il codice, “169E”, denominati “Recupero da parte dei sostituti d’imposta del premio erogato ai sensi dell’articolo 63 del decreto-legge n. 18 del 2020”.