Ripresa delle scuole. Gestione delle assenze per i genitori lavoratori
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LE NOVITÀ
In data 8 settembre 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.L. 111/2020, avente efficacia già dal seguente 9 settembre, il quale ha la finalità, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica, di disciplinare le assenze dei genitori lavoratori nel caso di quarantena del figlio convivente.
In questo particolare periodo storico, da un lato vi è la necessità per il datore di lavoro di comprendere come procedere in caso di assenza del prestatore di lavoro dipendente in considerazione di quarantena e/o malattia del figlio. Dall’altro lato, bisogna chiarire la documentazione da presentare da parte del lavoratore.
L’art. 5 D.L. 111/2020
IL DIRITTO AL LAVORO AGILE
L’articolo 5 della norma in trattazione prevede che “Un genitore lavoratore dipendente può svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio convivente, minore di anni quattordici, disposta dal Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico”
Appare chiaro come la scelta normativa sia quella di ascrivere al lavoratore la facoltà di richiedere lo svolgimento, in “tutto o in parte”, dell’attività lavorativa in modalità agile, lasciando alle aziende l’incombenza di comprendere come organizzare la prestazione con l’organizzazione aziendale.
Ad ogni modo, il diritto riconosciuto al lavoratore, risulta subordinato alla presenza della quarantena “qualificata”, ovvero disposta dal dipartimento sanitario e non stabilita, per ragioni di prudenza, dal plesso scolastico.
L’IMPOSSIBILITÀ DEL LAVORO AGILE
Nell’eventualità per cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile, il secondo comma del disposto in trattazione prevede che: “Nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile e comunque in alternativa alla misura di cui al comma 1, uno dei genitori, alternativamente all’altro, può astenersi dal lavoro per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio, minore di anni quattordici, disposta dal Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico”.
Innanzitutto, la locuzione utilizzata concerne il “non poter svolgere” l’attività in modalità agile. Tale asserzione non chiarisce se l’impossibilità possa attrarsi ad un concetto oggettivo o meramente opportunistico del datore di lavoro il quale, ricevendo, la richiesta del lavoratore, è chiamato a valutare se l’attività in home working sia possibile o meno.
Da una prima lettura, si dovrebbe intendere un profilo tecnico od oggettivo, non rimesso a decisioni di convenienza dell’azienda a nulla rilevando la difficoltà, per l’impresa, nell’organizzare una prestazione non in loco.
Nella pratica appare possibile ipotizzare:
- una richiesta di lavoro in modalità agile da parte del lavoratore alla presenza, documentata, della quarantena del figlio
- una valutazione da parte del datore di lavoro rispetto ai periodi richiesti dal lavoratore in merito alla collocazione in smart working (siano essi giornalieri o settimanali, per la durata della quarantena)
- la conseguente reazione da parte del lavoratore in caso di comunicazione di impossibilità allo svolgimento del lavoro agile.
L’INDENNITÀ SOSTITUTIVA AL LAVORO AGILE
In presenza della impossibilità di svolgimento dell’attività in modalità agile, la norma dispone il riconoscimento di una specifica indennità, analoga a quanto già disposto dall’art 23 del D.L. n°18/2020, pari al 50% della retribuzione del beneficiario calcolata secondo quanto previsto dall’articolo 23 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, a eccezione del comma 2 del medesimo articolo (ovvero senza considerazione dei ratei di mensilità aggiuntive) e con riconoscimento della contribuzione figurativa.
Dal combinato disposto dei commi secondo e terzo della norma in trattazione, appare pacifico, seppure la disposizione non lo citi, che per la richiesta dell’indennità sarà necessaria una domanda all’INPS da parte del beneficiario.
Ciò significa che a fronte della richiesta di smart working da parte del prestatore di lavoro, in occasione di quarantena del figlio, qualora l’azienda dovesse precluderne lo svolgimento in quanto non compatibile con le caratteristiche dell’attività svolta, il lavoratore dovrà effettuare domanda all’INPS per la richiesta di tale indennità.
Non è chiarito dal decreto legge se il lavoratore possa procedere direttamente alla domanda all’INPS dell’indennità non dovendo richiedere, per il riconoscimento della stessa, l’applicazione del lavoro agile al proprio datore di lavoro (nell’intento di ottenere un rifiuto).
Quanto sopra deve poi contemperare le previsioni di cui al comma 4 a seguito delle quali “Per i giorni in cui un genitore fruisce di una delle misure di cui ai commi 1 o 2, ovvero svolge anche ad altro titolo l’attività di lavoro in modalità agile o comunque non svolge alcuna attività lavorativa, l’altro genitore non può chiedere di fruire di alcuna delle predette misure.”.
Tale assunto, sembra imporre all’azienda la necessità di verificare la presenza, in favore dell’altro genitore, del ricorso allo smart working o del congedo oppure dell’assenza di lavoro. Controllo non effettuabile da parte del datore di lavoro privato, in quanto non in possesso dei mezzi per effettuare la verifica.
A questo punto, l’unica possibilità per le aziende sarà farsi rilasciare un’apposita dichiarazione da parte del lavoratore che intende beneficiare dello smart working per la quarantena del figlio. Ad ogni modo, l’autocertificazione servirà solo ad ottenere un documento dichiarativo, essendo preclusa per il datore di lavoro la sua verifica.
Modalità di comunicazione smart working per i genitori con i figli in quarantena
LA COMUNICAZIONE
Come noto, lo strumento dello smart working (Legge n°81/2017 articoli 18 e seguenti) è stato plurime volte utilizzato dal legislatore quale metodologia di espletamento dell’attività lavorativa che consentisse sia una forma stabile di contrasto all’emergenza epidemiologica, che una tutela per quei dipendenti che dovevano necessariamente ricorrere a soluzioni familiari in conseguenza della chiusura degli istituti scolastici.
Ricordiamo come l’art. 90, comma 3, del D.L. n° 34/2020 – convertito con Legge n° 77/2020, in combinato disposto con l’art. 1 del D.L. 83/2020, ha previsto la possibilità di procedere alla comunicazione “semplificata” di lavoro agile sino alla fine dell’emergenza epidemiologica, identificata con il 15 ottobre 2020.
È intervenuto di recente il Ministero del Lavoro il quale ha precisato nelle FAQ che le modalità di comunicazione di svolgimento di attività in modalità agile per i lavoratori con i figli i quarantena potrà seguire la procedura c.d. “semplificata” sino alla data del 15/10/2020 e successivamente a tale data, qualora lo stato emergenziale non venisse prorogato, si dovrà procedere con alla comunicazione “standard” ovvero dovranno essere eseguite con le modalità e i termini previsti dagli articoli da 18 a 23 della Legge 22 maggio 2017, n. 81.
Tale determinazione, comporterebbe la necessità di stipulare un accordo tra le parti per disciplinare le forme di esercizio del potere direttivo e controllo del datore di lavoro, tempi di riposo, strumenti utilizzati e misure per la disconnessione, condotte sanzionabili a livello disciplinare, fasce di reperibilità ecc..
Le aziende dovranno poi trasmettere l’accordo individuale tra le parti ai servizi per l’impiego tramite la procedura “standard” in cui devono essere comunicati i seguenti dati:
- datore di lavoro
- lavoratore
- rapporto di lavoro (data assunzione, tipologia contrattuale, PAT, voce tariffaria INAIL)
- accordo sottoscritto tra le parti (data sottoscrizione, tipologia e durata)
Tale metodologia di comunicazione appare di difficile applicazione in quanto la comunicazione di smart working dovrebbe essere presentata preventivamente rispetto allo svolgimento di attività. Quanto detto potrebbe rappresentare quasi un paradosso se consideriamo il fatto che il lavoratore non può sapere anticipatamente la patologia del figlio e se quest’ultimo verrà sottoposto a quarantena per positività al Covid-19.
Inoltre, appare inverosimile che sia necessario stipulare un accordo di smart working ogni qualvolta disposta dall’ASL la quarantena del figlio convivente.
Casi pratici
PER LE AZIENDE
Sicuramente la disposizione normativa in trattazione, con effetti fino al 31 dicembre 2020, pone ulteriori adempimenti in capo ai datori di lavoro i quali dovranno essere effettuati con attenzione rispetto ai singoli casi concreti.
Il datore di lavoro dovrà adottare delle procedure interne, al fine di informare i dipendenti dell’obbligatorietà di notiziare la direzione aziendale nel caso di malattia del figlio o di qualche familiare convivente, in quanto non risultano esserci dei protocolli dell’ASL specifici.
Il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c. e D.lgs. 81/2008, in qualità di responsabile della salute e sicurezza dei collaboratori in ambiente di lavoro può richiedere la comunicazione di tale informazione, ovviamente nel rispetto della disciplina della privacy.
Il D.L. 111/2020 ha chiarito come poter procedere in caso di disposizione di quarantena per il figlio convivente ma non ha chiarito come trattare il periodo intermedio tra l’insorgenza dei sintomi e l’esito del tampone.
Durante l’attesa dell’esito del tampone, non potendo il dipendente vantare un certificato medico con il codice Covid-19, non esiste infatti alcuna previsione.
Se l’esito del test dovesse risultare positivo sarà, presumibilmente, rilasciato un certificato medico che dovrà retroagire alla data del tampone.
In caso contrario, ovvero di negatività al test, qualora fosse operativo un ammortizzatore sociale il dipendente dovrà essere collocato in cassa dato che i protocolli del 14 marzo e 24 aprile ammettono l’utilizzo degli ammortizzatori per emergenze epidemiologiche.
Nel caso in cui l’azienda non avesse fatto ricorso ad alcun ammortizzatore sociale, il dipendente dovrà essere collocato in ferie.
PER I DIPENDENTI
Ricordiamo come sia ancora possibile chiedere il congedo straordinario non retribuito, per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato con figli minori di anni 16 per il periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, qualora magari fosse disposta la chiusura dell’intero plesso scolastico a cause dei contagi.
Inoltre, i genitori potranno eventualmente richiedere:
- Congedo parentale per i figli di età non superiore ai 12 anni nel limite complessivo di 10 mesi per entrambi i genitori ai sensi dell’art. 32 D.lgs. 151/2001
- Congedo per malattia del figlio, entro un massimo di 5 giorni lavorativi all’anno, per il figlio in malattia in età compresa tra i 3 anni e gli 8 anni ai sensi dell’art. 47, D.lgs. 151/2001
- Aspettativa non retribuita per gravi e documentati motivi familiari ai sensi dell’art. 4 L. 53/2000.