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Circolare INPS n. 115/2020. Le prime indicazioni sul Decreto Agosto

Ott 7, 2020

Tempo di lettura 10 m.

LA CIRCOLARE

Dopo non poca attesa, in data 30 settembre 2020 l’INPS ha pubblicato la circolare n. 115, con la quale ha illustrato le principali novità e ha fornito le prime indicazioni pratiche sulle disposizioni emanate dal Decreto Legge n. 104/2020.
Vediamo nel proseguo i punti più rilevanti della circolare in trattazione e i risvolti pratici che da questa discendono.

LE PREVISIONI DELL’ARTICOLO 1 D.L. 104/2020

Prima di procedere con l’analisi della circolare INPS, può essere opportuno ricordare brevemente cosa prevede, in tema di ammortizzatori sociali, il D.L. 104/2020.
L’articolo 1 del suddetto decreto consente ai datori di lavoro di poter sospendere o ridurre l’attività lavorativa per eventi riconducibili al COVID-19 presentando all’INPS una domanda per la concessione di trattamenti di integrazione salariale (Cassa integrazione ordinaria, in deroga, assegno ordinario) per i periodi intercorrenti dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020 nel limite di iniziali 9 settimane.
Le predette 9 settimane possono essere incrementate, secondo quanto disposto dal comma 2 dell’articolo 1, per i soli datori di lavoro ai quali sia già stato “interamente autorizzato” e sia completamente decorso il precedente periodo di 9 settimane. Precisiamo che anche le prime 9 settimane aggiuntive dovranno collocarsi tra il 13 luglio 2020 e il 31 dicembre 2020.
In ogni caso, dunque, la durata massima dei trattamenti non può eccedere, complessivamente, le 18 settimane (9+9).
Vale la pena ricordare che l’elemento che contraddistingue le “ulteriori” 9 settimane è rappresentato dal pagamento del contributo addizionale, di cui si parlerà più avanti.
Vediamo nel proseguo i punti più rilevanti della circolare in trattazione e i risvolti pratici che da questa discendono.

LE INDICAZIONI DELL'INPS

13 LUGLIO 2020 – DATA SPARTIACQUE

Il primo aspetto che l’Istituto chiarisce riguarda l’imputabilità, nelle prime 9 settimane, dei periodi di integrazione salariale collocati, anche solo parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020.
Il comma 1 dell’articolo 1, nel suo ultimo inciso, prevede infatti quanto segue: “I periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi del predetto decreto-legge n. 18 del 2020, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020 sono imputati, ove autorizzati, alle prime nove settimane del presente comma.”.
L’Istituto, nel richiamare quanto previsto dal D.L. 104/2020, riporta un esempio che potrebbe aiutare nella comprensione del disposto normativo:

  • domanda di integrazione salariale – CIGO, CIGD, Assegno Ordinario – presentata e autorizzata, ai sensi della precedente normativa, per 4 settimane decorrenti dal 6 luglio 2020 al 1° agosto 2020
  • il periodo decorrente dal 13 luglio al 1° agosto 2020, pari a 3 settimane, andrà imputato nel limite massimo delle prime 9 settimane richiedibili ex articolo 1 del DL 104/2020
  • inevitabile conseguenza di quanto esposto al capoverso che precede, è che l’azienda potrà presentare domanda solamente per un massimo di 6 settimane (ossia le 9 settimane – le 3 settimane già autorizzate).

A conti fatti, quindi, l’azienda potrà veder ridotto notevolmente il numero di settimane richiedibili ai sensi del Decreto Agosto.
Se tale circostanza può rappresentare, nella maggior parte dei casi, un punto a sfavore per le aziende, queste ultime saranno ancora più danneggiate se si considera quanto viene precisato subito dopo dalla circolare in esame.

IL CONCETTO DI “AUTORIZZATO” PREVALE SUL “FRUITO”

Il Decreto Agosto azzera il conteggio delle settimane riferite alla disciplina pregressa. Ciò significa che non importa se un’azienda, parsimoniosa e attenta, abbia potuto far tesoro dei giorni e delle settimane autorizzate concesse ai sensi dei precedenti decreti legge in quanto, anche nel caso in cui avesse ancora a disposizione, alla data del 13 luglio 2020, le 4 settimane – o le 5 settimane ex DL 34/2020 o, addirittura, le 9 settimane ex DL 18/2020 – tali periodi non saranno più richiedibili perché, in ogni caso, rientrano nelle nuove 9 settimane.
In poche parole, poco conta come un’azienda abbia deciso di utilizzare gli ammortizzatori sociali prima del 13 luglio 2020: tutto viene azzerato.
La novità principale riguarda il fatto che l’Istituto, conformemente a quanto disposto dal Legislatore, abbia deciso di sposare il concetto di “autorizzato”, laddove, in precedenza, il ricorso ai trattamenti di integrazione salariale era legato all’effettiva fruizione degli stessi.
Di conseguenza, una volta richieste e autorizzate le prime 9 nuove settimane, i datori di lavoro non potranno far altro che presentare domanda per le ulteriori 9 settimane ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del DL 104/2020, senza poter più ricorrere al concetto dei c.d. “giorni residui”.
Prendiamo come esempio un’azienda che abbia presentato una domanda, successivamente autorizzata, per la concessione dei trattamenti di integrazione salariale ben prima dell’entrata in vigore del Decreto Agosto, per il periodo dal 20 luglio 2020 al 21 agosto 2020 (corrispondenti alle precedenti 5 settimane ex DL 34/2020).
L’azienda in questione non solo vedrà imputati i giorni richiesti nelle prime 9 settimane ex DL 104/2020, ma nel caso in cui avesse fatto scarso utilizzo dell’ammortizzatore sociale nel mese di agosto 2020, vedrà “consumate” le giornate nelle quali non ne ha fruito.

LE DOMANDE PER GLI AMMORTIZZATORI ORDINARI PRESENTATE DURANTE IL PERIODO DI VUOTO NORMATIVO

Molte sono state le aziende che, prima dell’entrata in vigore del Decreto Agosto, hanno presentato domanda per la concessione di ammortizzatori sociali ordinari dopo aver esaurito i trattamenti previsti dal DL 18/2020 e dal DL 34/2020 (ossia le 9 + 5 + 4 settimane).
L’INPS, con la circolare n. 115/2020, offre una soluzione diversificata a seconda che si tratti di Cassa Integrazione Ordinaria o Fondo di Integrazione Salariale:

  • Per coloro che avessero richiesto trattamenti di CIGO, ai sensi della disciplina di cui al decreto-legislativo 14 settembre 2015, n. 148, “per periodi successivamente ricompresi nella tutela prevista dall’articolo 1 del decreto-legge n. 104/2020, le settimane non ancora autorizzate e quelle autorizzate, ma per le quali non siano stati emessi i relativi pagamenti dall’Istituto o per le quali l’azienda non abbia provveduto all’esposizione del codice evento su Uniemens, potranno essere convertite in periodi con causale “COVID-19 nazionale”, su espressa richiesta dei datori di lavoro. A tal fine, le aziende provvederanno a inviare apposita comunicazione nel cassetto previdenziale, comunicazione bidirezionale, indicando gli estremi della domanda originaria e le settimane per cui richiedono la conversione della causale”.
  • Per coloro che avessero presentato domanda di Assegno Ordinario del FIS: “l’azienda interessata a modificare la causale e quindi la disciplina di riferimento, dovrà inviare espressa richiesta di annullamento della precedente domanda e inoltrare nuova apposita domanda con causale “COVID-19 nazionale”. A tal fine, per il FIS, le aziende provvederanno a inviare apposita comunicazione nel cassetto previdenziale, comunicazione bidirezionale, indicando gli estremi della domanda originaria e le settimane da variare”.

ULTERIORE PERIODO DI 9 SETTIMANE

Come ribadito più volte, il DL 104/2020, comma 1 e 2, fissa un limite massimo complessivo di settimane richiedibili pari a 18 (9+9).
A differenza delle prime 9 settimane di trattamenti, accessibili a tutti i datori di lavoro che riducono o sospendono l’attività lavorativa a causa dell’emergenza epidemiologica, le ulteriori 9 settimane possono essere richieste esclusivamente dai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il precedente periodo di 9 settimane e purché lo stesso sia integralmente decorso.
Inoltre, ulteriori elemento di novità consiste nel fatto che, mentre le prime 9 settimane sono concesse “gratuitamente” senza che venga richiesto all’azienda alcun pagamento, per richiedere l’ulteriore periodo di 9 settimane di integrazione salariale (ordinaria o in deroga) e di assegno ordinario, i datori di lavoro dovranno presentare domanda di concessione dei trattamenti con una causale specifica, con una dichiarazione di responsabilità, resa ai sensi di quanto previsto dall’articolo 47 del D.P.R.445/2000, in cui autocertificano la sussistenza dell’eventuale riduzione del fatturato, secondo gli indici di calcolo e le modalità di raffronto illustrate dalle circolari delle Agenzie delle Entrate (al riguardo, anche se non precisato, si ritiene che l’INPS possa fare riferimento, tra le altre, alla circolare n. 9/E del 13.04.2020).
Viene poi precisato che l’eventuale scostamento del fatturato deve essere determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del primo semestre 2019.
L’articolo 1, comma 2, DL 104/2020 prevede infatti il pagamento di un contributo addizionale qualora un’azienda volesse presentare domanda per le ulteriori 9 settimane. La misura del contributo addizionale, calcolato sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, è pari:

  1. al 9%, per le imprese che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al 20%
  2. al 18%, per le imprese che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.

È previsto che non siano tenuti al pagamento del contributo addizionale:

  • i datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20%
  • i datori di lavoro che hanno avviato l’attività di impresa successivamente al 1° gennaio 2019 (tenendo conto della data di inizio dell’attività riferita al codice fiscale dell’impresa, non alla matricola INPS).

Il versamento del contributo addizionale, se dovuto, decorrerà dal mese di paga successivo al provvedimento di autorizzazione alla fruizione della prestazione adottato dall’INPS.
Riguardo alle modalità di accesso al secondo periodo di 9 settimane di cassa integrazione (ordinaria e in deroga) e assegno ordinario previsti dal decreto-legge n. 104/2020, i datori di lavoro provvederanno a inoltrare specifica domanda con la nuova causale denominata “COVID 19 con fatturato”.
Ciò che desta sgomento è che, lettera dell’INPS, “Le modalità di presentazione delle domande per il secondo periodo, della durata massima di 9 settimane da concludersi entro il 31 dicembre 2020, saranno rese note con successivo apposito messaggio”. Nonostante molte aziende abbiano terminato la prima “ondata” di ammortizzatori, l’INPS sembra prendere tempo rispetto alle richieste della seconda.

DIFFERIMENTO DEI TERMINI DI TRASMISSIONE DELLE DOMANDE

Visto il ritardo con il quale l’INPS ha reso chiarimenti rispetto alla presentazione delle prime domande di ammortizzatori sociali causale COVID di cui al Decreto Agosto, con la circolare INPS 115/2020, l’Istituto ha deciso di improntare una proroga delle scadenze per l’invio delle richieste di integrazione.
Nei fatti, si passa dal termine del 30 settembre, previsto dalla norma, al 31 ottobre previsto dall’INPS (ed è molto probabile che la norma, in conversione, sarà in tal modo modificata come “spalla” all’ente di previdenza).
Ad ogni modo, l’INPS scrive come “Il Ministero vigilante, in relazione alla gestione dell’emergenza, ha segnalato l’esigenza dello slittamento del suddetto termine al 31 ottobre 2020, anche in ragione di una imminente soluzione legislativa”.
Non solo: “il termine del 30 settembre viene sospeso e le domande e la documentazione per i pagamenti diretti presentate oltre tale data ed entro il 31 ottobre saranno definite successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 104/2020”. Ciò significa che, nel caso in cui un’azienda avesse aspettato di inviare le domande all’INPS delle prime 9 settimane decorrenti dal 13 luglio 2020, proprio in attesa dei chiarimenti che sono arrivati all’ultimo, sarebbe sicuramente nei termini per poter procedere. Tali richieste, però, non verrebbero accolte fino a che non sarà emanata la legge di conversione.
Quanto sopra si potrebbe potenzialmente tradursi in nuovi ritardi, oltre ai già noti, nell’erogazione del trattamento economico. Questo in quanto, soprattutto nel caso di pagamento diretto, presentare una domanda senza che la stessa venga processata significa attendere ancora (ed ancora) i tempi dell’INPS.

LE SOLUZIONI PRATICHE

LE ALTERNATIVE

Alla luce quanto sopra esposto e delle novità introdotte, cerchiamo di tirare le somme e di valutare quali potrebbero essere le alternative perseguibili dalle aziende che intendono ricorrere agli ammortizzatori sociali.
Un’alternativa, potrebbe essere data dalla possibilità di presentare all’INPS domanda di trattamenti salariali per periodi frazionati. In questo modo, considerato il fatto che a prevalere è il concetto di “autorizzato”, anziché richiedere le 9 settimane consecutive, si potrebbe procedere “di settimana in settimana”, oppure a giorni.
Ciò al fine di massimizzare l’utilizzo dell’istituto, nei fatti rendendo meno agevole la procedura di gestione (più periodi significa anche più domande e più istruttorie INPS) ma consentendo un utilizzo efficace dell’integrazione in parola. Chiaramente il riferimento ad un periodo autorizzato non consentirà più alle aziende di optare per la soluzione di natura “prudenziale”, ovvero la richiesta di ammortizzatori sociali per periodi estesi senza una reale necessità alla base, dovendosi chiaramente preferire scelte molto accurate di programmazione del business e di gestione dell’ammortizzatore sociale.
Se, inoltre, si pensa all’alternatività tra il c.d. “esonero” di cui all’art 3 del D.L. n°104/2020 (che, si ricorda, è sostitutivo della richiesta di integrazione salariale nel periodo 13 luglio fino al 31 dicembre con eccezione dei soli periodi richiesti ed autorizzati precedenti all’entrata in vigore del D.L. n°104/2020) rispetto all’ammortizzatore prima citato, appare evidente come la gestione delle integrazioni salariali deve considerare una strategia aziendale di fondo, non più basata su di una tecnica “difensivo prudente” ma “propositiva e futura” che accetti anche il rischio di un nuovo, per quanto denegato dalla nostra classe politica, lockdown (che potrebbe anche solo essere parziale).

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