Nell’ambito delle azioni di prevenzione e lotta al contagio da virus SARS – Covid-19 nei luoghi di lavoro, il Protocollo nazionale per le vaccinazioni in azienda sottoscritto in data 06 aprile, punta al coinvolgimento delle imprese per il raggiungimento veloce della tanto sperata immunità di gregge. L’impresa, anche per il tramite della propria associazione di categoria e con il supporto del proprio medico del lavoro, potrà proporsi come luogo per la vaccinazione ed in tal caso dovrà raccogliere il consenso informato dei propri lavoratori o collaboratori i quali saranno liberi di accettare la somministrazione o meno. Raccolte le adesioni dei lavoratori, i datori di lavoro, proporranno il piano aziendale di vaccinazione all’Azienda Sanitaria, specificando il numero di vaccini necessari.
Costi e tempi
In merito ai costi di realizzo, ivi inclusi i costi per la somministrazione, saranno interamente a carico del datore di lavoro. Rimarranno a carico dei SSR territorialmente competenti solamente:
- la fornitura dei vaccini e dispositivi per la somministrazione (siringhe/aghi)
- e la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite.
Ovviamente il tempo necessario per la vaccinazione eseguita in orario di lavoro è equiparato a tutti gli effetti all’orario lavorativo.
Le indicazioni operative
Le prime indicazioni operative rispetto al piano vaccinale aziendale sono state fornite in data 12 aprile dal Ministero della Salute e dell’INAIL. I chiarimenti però potrebbero portare le imprese a non considerare proficua l’apertura alla campagna vaccinale all’interno dei luoghi di lavoro. Basti pensare al punto 5 delle indicazioni operative nel quale si richiede che i datori di lavoro mettano a disposizione ambienti idonei per la somministrazione del vaccino:
- sia per le fasi preparatorie (accettazione)
- sia per la vera e propria seduta vaccinale (ambulatorio/infermeria)
- sia per le fasi successive (osservazione post-vaccinazione).
Alla lettura di tali richieste, per quanto comprensibili, sorgono notevoli interrogativi. Il verificarsi, ad esempio, di effetti collaterali nel caso di somministrazione del vaccino in azienda, dovrà considerarsi infortunio o malattia? Per non parlare della denegata ipotesi di effetti collaterali persistenti che potrebbe richiedere un intervento in loco. Si è pronti a correre il rischio? La soluzione appare dunque la collaborazione tra aziende, che volessero aderire alla campagna, nella creazione di un piano che identifichi un ambiente esterno, non interno all’impresa.
Articolo pubblicato sul numero di maggio del Corriere Imprese NordEst, mensile di approfondimento del Corriere del Veneto. Approfondimento a cura di Paolo Tormen.