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L’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n° 311 del 30 aprile 2021 ha chiarito due importanti principi in materia di welfare aziendale.
Nello specifico, l’Agenzia ha circoscritto la nozione di “borse di studio” di cui all’articolo 51, comma 2, lettera f-bis), del D.P.R. 917/1986 nonché ha indicato il corretto regime fiscale applicabile alle stesse, e ha chiarito la possibilità di cumulare il credito welfare residuo, maturato nel primo anno di vigenza del piano, con il credito welfare maturato nel secondo anno di vigenza dello stesso.
La definizione di “borse di studio”
L’Agenzia delle Entrate si è pronunciata su un tema specifico in materia di welfare aziendale, ovvero l’erogazione delle c.d. “borse di studio” o “sussidio di studio”, disciplinate dall’articolo 51, comma 2, lettera f-bis, del TUIR.
Come noto, ai sensi degli articoli 49 e 51 del TUIR, tutto ciò che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore dipendente (in denaro e/o in natura), concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente ed è pertanto assoggettato ad imposta.
Ad ogni modo, vi sono alcune “deroghe” a tale principio di onnicomprensività le quali sono previste dall’articolo 51 del TUIR per alcune tipologie di spese espressamente tipizzate dalla legge. Tra di esse l’art. 51, comma 2, lett. f-bis) recita “le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari”.
Nel caso presentato all’Agenzia delle Entrate, la Società istante aveva predisposto un apposito regolamento welfare per il biennio 2020 – 2021 ove aveva identificato delle categorie di dipendenti beneficiarie di un budget di spesa figurativo e non rimborsabile, denominato “credito welfare”. Ciascun beneficiario del credito welfare, tramite l’accesso ad una piattaforma digitale, poteva scegliere come intendeva spendere tale somma figurativa tra una serie di servizi offerti, disciplinati dal regolamento, tra cui era presente anche il riconoscimento di una borsa di studio ai familiari dei lavoratori dipendenti beneficiari.
Il quesito presentato dell’istante riguardava il corretto regime fiscale applicabile alle borse di studio così come disciplinate dal regolamento.
Nello specifico, si prevedeva l’erogazione di una somma di denaro ai beneficiari, a titolo di borsa di studio, a condizione che:
- venisse presentata un’apposita certificazione rilasciata dall’istituto scolastico la quale attestasse l’iscrizione e la frequenza del familiare
- nel caso di frequenza di istituti scolastici di primo o secondo grado, che il familiare del lavoratore beneficiario avesse superato l’anno scolastico senza debiti formativi o, nell’eventualità in cui la scuola fosse al di fuori del territorio italiano, che il familiare del lavoratore beneficiario avesse superato l’anno scolastico con votazione uguale o superiore a 6/10 (o equivalente)
- nel caso di percorsi universitari, che il familiare del lavoratore beneficiario avesse superato almeno il 50% degli esami previsti per l’anno accademico di riferimento con una media di votazione uguale o superiore a 24/30 anche qualora l’università fosse al di fuori del territorio italiano.
L’Agenzia delle Entrate, in risposta a tale quesito, ha dapprima precisato come la nozione di “borse di studio” fosse già presente nella versione precedente della norma, successivamente modificata dalla Legge di Bilancio 2016, per la cui definizione deve farsi riferimento alla circolare del Min. Finanze n° 238 del 2000.
In questa circolare è stato chiarito come “rientrano nella lettera f-bis) le erogazioni di somme corrisposte al dipendente per assegni, premi di merito e sussidi per fini di studio a favore di familiari di cui all’articolo 12 del TUIR” e nello specifico che “la non concorrenza alla formazione del reddito operi anche con riferimento alle somme corrisposte al dipendente per assegni, premi o sussidi per fini di studio a favore dei familiari di cui all’articolo 12 del TUIR”.
Secondariamente, ha ritenuto che tali forme di sussidio scolastico, al fine di una loro esenzione fiscale, debbano avere altre caratteristiche, seppure non definite dalla normativa fiscale. In particolare, secondo l’AE, gli incentivi economici devono essere garantiti agli studenti che conseguono livelli di eccellenza in ambito scolastico. Questo rifacendosi ad una risoluzione 208/2009, nella quale, seppure con riferimento agli incentivi economici erogati in favore degli studenti particolarmente meritevoli sulla base delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 29 dicembre2007, n. 262, si precisava come “non sono riconducibili assimilabili al reddito di lavoro dipendente, gli incentivi economici che sono finalizzati alla valorizzazione della qualità dei percorsi formativi ed al raggiungimento di livelli di eccellenza da parte degli studenti in ambito scolastico.”
Quindi, secondo il parere dell’AE si ammette l’erogazione diretta di somme di denaro – sussidio di studio – solo ai familiari meritevoli, i quali si sono distinti a livello scolastico per risultati “di eccellenza”.
Pertanto, secondo il parere dell’Agenzia delle Entrate, il caso prospettato dalla Società istante non può essere identificato tra le deroghe elencate dall’articolo 51, comma 2 del TUIR, per cui tali somme concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente e sono soggette a imposizione fiscale.
Nello specifico, infatti, le somme a titolo di borsa di studio vengono riconosciute semplicemente per il fatto che il familiare sia essere iscritto ad un istituto scolastico e abbia superato l’anno senza debiti formativi o con una votazione di 6/10 per gli istituti scolastici di primo e secondo grado, o abbia superato almeno il 50% degli esami per l’anno accademico di riferimento, nel caso di istituto universitario, con una votazione media uguale o superiore a 24/30.
Secondo l’Agenzia, queste condizioni non sono sufficienti per qualificare la borsa di studio quale strumento premiale per i familiari studenti che hanno conseguito dei “livelli di eccellenza” nel loro percorso scolastico / formativo.
La mera frequenza di un istituto scolastico non è sufficiente a garantire la non concorrenza delle somme di denaro erogate sotto la qualifica di” borsa di studio” con il reddito di lavoro dipendente, in quanto solitamente la borsa di studio viene corrisposta agli studenti particolarmente meritevoli.
A parere di chi scrive tale interpretazione è da qualificarsi almeno come artificiosa. Questo per due ragioni:
- da un lato, in nessun passaggio del testo normativo, si fa riferimento al concetto di eccellenza. Anzi si afferma la possibilità di erogazione di sussidi di studio a favore dei medesimi familiari beneficiari di altre forme di rimborso e onere da parte dell’azienda
- dall’altro, registrare un livello di eccellenza diventa alquanto complicato nel caso in cui la borsa di studio sia garantita in favore di familiari che non frequentano istituti scolastici o asili nido, nei quali la votazione e la qualificazione di percorso eccellente oltre a risultare poco congrua rispetto al testo normativo è oltremodo complicata, per non dire impossibile, nella determinazione.
Cumulabilità del credito welfare residuo
La seconda questione presentata all’Agenzia delle Entrate nella richiesta di interpello, riguardava la possibilità o meno, per i beneficiari del piano welfare, di poter cumulare il proprio credito residuo maturato nel primo, con il credito welfare maturato nel secondo anno di vigenza del piano.
La risposta è positiva. Nello specifico, l’Agenzia ha precisato che non ravvede alcuna problematica, non esistendo limiti economici per i servizi welfare, purché si rispetti il limite temporale di validità del piano e a condizioni che le somme, alla scadenza del periodo, non siano convertibili in denaro.
Quindi se il regolamento welfare è biennale, per gli anni 2020 e 2021, con la possibilità di fruire del credito entro e non oltre il 31 dicembre 2021, sarà ben possibile cumulare il credito residuo dell’anno 2020, con il credito welfare maturato nel 2021 con la possibilità di utilizzare lo stesso entro fine anno 2021.
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