Complice il caldo e la fatica dell’ultimo biennio, in questo periodo la mente fugge alla necessità di quello che, in punto di diritto, viene definito come il recupero delle energie psicofisiche o, più esattamente, godimento delle ferie (singolarmente o collegialmente). L’importanza di questo periodo temporale si desume dalla molteplicità di fonti del diritto, di diversi livelli compreso quello europeo, a sua disciplina: in effetti il diritto irrinunciabile del lavoratore a godere di ferie annuali retribuite è previsto in primis dall’art. 36 comma 3 della Costituzione e a seguire dall’art. 2109 c.c. e dall’art. 10 del d.lgs. 66/2003 (norma di derivazione europea– direttiva 93/104/CE). Ulteriori disposizioni per la gestione dell’istituto sono poi generalmente contenute nei singoli contratti collettivi, che rigorosamente quindi dovranno essere consultati ed applicati.
Il diritto all’accantonamento delle ferie matura pro quota, ossia, generalmente, utilizzando il meccanismo dei c.d. “dodicesimi” (Corte Costituzionale n° 66 del 10 maggio 1963) in relazione ai mesi di servizio prestato: a tal fine, salvo previsione contraria da parte del contratto collettivo, l’aver lavorato per una frazione di mese pari o superiore a 15 giorni normalmente comporta la spettanza di un rateo mensile di ferie (1/12). Le ferie maturano anche durante una serie di assenze del lavoratore, tra le quali: l’astensione obbligatoria della madre e il congedo di paternità, la malattia (Cass. 29 luglio 2014, n. 17177), le ferie stesse e il congedo matrimoniale. Diversamente, salvo diverso accordo tra le parti, non maturano le ferie durante l’aspettativa non retribuita, lo sciopero e le assenze non giustificate, la sospensione per cassa integrazione a zero ore, il congedo parentale (art. 34, comma 5, d. lgs. n. 151/2001).
Articolo pubblicato sul numero 07.2021 del Corriere delle Paghe, mensile de Il Sole 24 Ore. Approfondimento a cura di Dario Ceccato e Elisa Boscaro.