Non vi era dubbio. L’insistenza sul suolo europeo (e non solo) del virus più noto del terzo millennio sta continuando a produrre effetti non solo sanitari ma, come ovvio, anche di natura economica e retributiva, complici i conseguenti lacks produttivi delle nostre imprese.
Ciò non di meno, i dati espressi in data 15 luglio 2021 dal report on line sull’andamento dei premi di produttività, quale valore estratto dalla procedura per il deposito telematico dei contratti aziendali e territoriali che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha attivato a seguito del Decreto Interministeriale 25 marzo 2016, espongono valori interessanti, forse in controtendenza rispetto ai pronostici.
Il Report in trattazione si compone di due parti: la prima fornisce l’indicazione della tendenza della misura e della sua diffusione territoriale, la seconda, invece, svolge il monitoraggio dei soli contratti “attivi”.
Alla data di metà luglio 2021 risultano depositati n. 64.575 contratti, redatti secondo l’articolo 5 del DM 25 marzo 2016. Per fare un paragone, al 14 luglio 2020 risultavano compilate n. 56.131 dichiarazioni di conformità, mentre in data 15 luglio 2019 ne risultavano n. 48.457.
Se a questi valori, che esprimono la volontà di riconoscere politiche retributive premiali, nel rispetto delle disposizioni di cui all’art 1 comma 182 della L. n.182/2015, aggiungessimo anche i regolamenti (oseremmo dire “vincolanti”, utilizzando un termine, più volte benedetto dall’Agenzia delle Entrate sia nel 2016 che nel 2018) e/o gli atti volontari aziendali protesi al riconoscimento di politiche attive di welfare aziendale (modelli che, come noto, non necessitano di alcun deposito se non considerano riconoscimenti di denaro ma unicamente di “flexible benefits”), potremmo arrivare alla conclusione che, nonostante le criticità pacifiche determinate dall’emergenza mondiale, la ridefinizione delle politiche retributive rappresenta (e rappresenterà) un tema di rilevo, interessante e quasi obbligatorio al fine di poter arrivare alla miglior performance retributiva.
Indubbiamente, al di là dei numeri e delle statistiche, il Covid non può non aver influenzato quei parametri proattivi ed aleatori, richiesti dal Legislatore ed utilizzati al fine di poter erogare premi di risultato detassabili ovvero convertibili (se previsto nell’accordo di secondo livello stesso), legati ad indicatori di reddittività e produttività aziendale.
In assenza di un intervento specifico, magari di natura temporanea, da parte del Parlamento (che ben avrebbe potuto modificare la rigidità del disposto normativo del 2015 in tema di detassazione), appare evidente come saranno le aziende, nel rispetto pedissequo delle norme, a dover riconsiderare le previsioni delle loro intese, magari assumendo le difficoltà del Covid e cercando, se vorranno, una diversa “dimensione” della produttività.
In tal senso vi è un’importante risposta da parte dell’amministrazione finanziaria che merita una disamina specifica.
Articolo pubblicato sul numero 08-09.2021 del Corriere delle Paghe, mensile de Il Sole 24 Ore. Approfondimento a cura di Dario Ceccato e Elisa Boscaro.