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Stando alle numerose indiscrezioni circolate nelle ultime settimane, sembra confermata (e ormai in fase di trattazione conclusiva) l’introduzione di una significativa stretta al cosiddetto “regime speciale per i lavoratori impatriati” che, introdotto dal Decreto Legislativo n. 147 del 2015, prevede una tassazione particolarmente di favore nei confronti dei lavoratori che, dopo aver trascorso un periodo all’estero per motivi di studio o di lavoro, trasferiscano la propria residenza nel territorio dello Stato italiano.
La misura presumibilmente vigente dal 1° gennaio 2024, che intende ridimensionare notevolmente sia l’ambito di applicazione della norma in oggetto che l’agevolazione spettante, prevede altresì l’introduzione di una soglia limite, dall’ammontare di 600.000 euro annui, oltre al quale si determina l’’interruzione del “regime agevolato”.
Il regime speciale per i lavoratori impatriati nella normativa vigente
La normativa di riferimento è attualmente rappresentata dall’art. 16 del Decreto Legislativo n. 147 del 2015 (cosiddetto “Decreto Internazionalizzazione”) il quale dispone, al comma 1, che i redditi prodotti dai lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato, “concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare” a condizione che:
- i soggetti agevolati non abbiano risieduto in Italia nei due periodi di imposta precedenti e si impegnino a risiedere nel territorio italiano per almeno i due anni successivi;
- l’attività lavorativa sia svolta principalmente in Italia.
Il beneficio, ai sensi della normativa vigente, si applica ai redditi di lavoro dipendente e assimilati, ai redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni (art. 53, TUIR) e ai redditi d’impresa, unicamente nell’ambito dell’impresa individuale, a patto che gli stessi siano collegati al trasferimento della residenza e che lo svolgimento dell’attività lavorativa, come evidenziato nel punto b), sia svolta prevalentemente in Italia.
Fermo il rispetto dei requisiti sopra esposti, l’agevolazione risulta essere particolarmente vantaggiose nei confronti dei lavoratori “impatriati” che, si sottolinea, non sono i soli cittadini italiani ma anche i soggetti stranieri che intendano trasferire la propria residenza in Italia. Infatti, attraverso la previsione di cui al comma 1, viene prevista un’esenzione fiscale del 70 per cento del reddito prodotto e, di conseguenza, verrà assoggettato a tassazione solamente il 30 per cento dell’ammontare complessivo.
Ai fini della norma in esame poi, vale la pena evidenziare come il concetto di “residenza” preso a riferimento sia quello illustrato dall’art. 2 del TUIR, ovvero particolarmente estensivo.
I concetti di “residenza” e “domicilio”, ben distinti da un punto di vista giuridico, vengano equiparati nel “regime impatriati”. In generale, il concetto si residenza, prende in considerazione la dimora abituale mentre il domicilio indica la “sede principale dei propri interessi ed affari”.
La misura, che ha una durata ordinaria di cinque anni (previo il perdurare di tutti i requisiti), costituisce una misura di particolare favore soprattutto in ragione del cosiddetto “esercizio dell’opzione”. Infatti, in seguito alle modifiche introdotte dalla legge n. 58 del 2019, la detassazione in esame risulta prorogabile per ulteriori cinque anni:
- con tassazione limitata al cinquanta per cento, se il lavoratore ha almeno un figlio minorenne a carico, anche in affido preadottivo, oppure diviene proprietario di un immobile residenziale in Italia;
- con tassazione limitata al 10% del reddito prodotto, se il contribuente ha almeno tre figli minorenni a carico, anche in affido preadottivo.
Attraverso l’esercizio dell’opzione dunque, l’ordinaria durata dell’agevolazione pari a cinque anni, può essere prorogata per un ulteriore quinquennio, fino ad un massimo di dieci anni.
Il “regime speciale per i lavoratori impatriati” a partire dal 1° gennaio 2024: cosa cambia?
Come anticipato, attraverso il “Decreto di Fiscalità Internazionale”, è nelle intenzioni del Governo un forte ridimensionamento del “regime speciale per i lavoratori impatriati” sia con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione della misura che per quanto l’ammontare stesso dell’agevolazione.
Per quanto attiene in senso stretto ai requisiti soggettivi che il lavoratore dovrà possedere per avere accesso alla fattispecie di cui all’art. 16, dal 1° gennaio 2024 risulteranno agevolabili:
- esclusivamente i redditi di lavoro dipendente o assimilati prodotti da soggetti che trasferiscano, con decorrenza 2024, la propria residenza fiscale in Italia e che, nei tre periodi d’imposta precedenti (non più due) non vi abbiano risieduto. I soggetti agevolabili devono altresì impegnarsi a risiedere in Italia per almeno cinque anni (nella versione previgente, due);
- i redditi prodotti da soggetti che abbiano instaurato un nuovo rapporto di lavoro con soggetto diverso da quello presso i quali erano impiegati all’estero prima del trasferimento (si ritengono altresì non agevolabili i trasferimenti infragruppo);
- i soggetti in possesso di requisiti di “qualificazione” o “specializzazione”.
Significative sono poi le previsioni che riguardano in senso stretto l’ammontare dell’agevolazione concessa. Infatti, rispetto alla versione previgente, il Governo intende:
- riconoscere una detassazione pari al 50% entro una soglia massima di reddito agevolabile (600.000 euro). Posto che il tetto individuato dal Governo risulti essere estremamente ampio (si intendono infatti 600.000 euro su base annua e non complessivi), si evidenzia una riduzione del beneficio fiscale del 20% rispetto alla versione previgente che, infatti, recava una esenzione del reddito tassato fino al 70% del complessivo prodotto.
Il Governo intende altresì introdurre una clausola con finalità antielusiva con riferimento ai “trasferimenti intragruppo”. Il lavoratore, come si anticipava, ai fini dell’agevolazione in parola deve stipulare un contratto di lavoro con un soggetto diverso rispetto a quello presso il quale prestava attività di lavoro all’estero prima del trasferimento e, tale misura, si estende anche nei confronti dei datori di lavoro/società appartenenti al medesimo gruppo. Si tratta di una misura espressamente finalizzata ad arginare le pratiche di trasferimento “fittizie” che mirino esclusivamente alla fruizione dell’agevolazione fiscale.
Con riferimento al profilo strettamente soggettivo, i profili di “qualificazione” o “specializzazione” si sostanziano nel possesso di un titolo di istruzione superiore (durata della formazione almeno triennale) e nei requisiti attualmente previsti dal decreto legislativo n. 206 del 2007 con riferimento alle professioni regolamentate, ricalcando così la versione di cui all’art. 16 del Decreto Legislativo n. 147 del 2015, nella versione precedente alla modifica intervenuta nel 2019.
In ultima istanza, si sottolinea come la bozza del “Decreto di Fiscalità Internazionale” preveda una modifica all’art. 2 del TUIR in materia di “residenza” dei soggetti passivi. Infatti, l’attuale previsione di cui al comma 2, viene così modificata:
“Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti”.
Oltre al riferimento alle “frazioni di giorno”, assente nella versione attualmente in vigore, viene altresì ampliato dal Legislatore il concetto di domicilio che, ai sensi del novellato comma 2, si riferisce a “al luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”.
Conclusioni
Tra i principali punti interrogativi sollevati dagli esperti di settore, vi è quello del cosiddetto periodo transitorio del nuovo regime impatriati in assenza del quale, anche i lavoratori trasferiti in Italia a partire dalla seconda metà del 2023 (e che dunque conseguiranno la residenza fiscale ai sensi del TUIR solamente dal 2024) verrebbero esclusi dal regime più favorevole e attualmente vigente.
Il Legislatore sembra fornire una risposta a tale quesito al comma 6 dell’art. 5 dello “Schema di decreto legislativo recante attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale”, laddove viene disposto che “dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati l’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 […]. Tuttavia, le disposizioni di cui al primo periodo continuano a trovare applicazione nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023 […]”.
Si ricorda tuttavia come, nonostante le numerose informazioni circolate sul tema, un’effettiva conferma delle modifiche introdotte avverrà solamente in sede di pubblicazione della riforma di fiscalità internazionale.
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