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In ambito comunitario la gestione dei rapporti di lavoro che comportino mobilitazione dei lavoratori tra gli stati membri è sempre maggiore. In particolare l’attenzione è rivolta al fenomeno dei distacchi, istituto incentivato dalla stessa UE (si pensi all’invenzione tutta europea del cd distacco previdenziale) e maggiormente utilizzato dalle aziende che momentaneamente fronteggino la necessità di inviare uno o più lavoratori al di fuori dai propri confini per ragioni connesse all’attività lavorativa.

In questo contesto l’intento dell’UE è da un lato di arginare, quanto più possibile, i fenomeni di dumping sociale tra gli stati e dall’altro dare attuazione alle 4 libertà originariamente costituite con il Trattato di Roma del 1957 – con particolare attenzione nel ns caso alla libera circolazione delle persone, che ha abolito le formalità doganali tra gli Stati membri a carico dei cittadini comunitari in transito consentendo ai lavoratori di svolgere attività lavorative sul territorio di qualunque stato membro.

Un vantaggio del distacco per le imprese è la celerità di utilizzo, infatti consente al datore di lavoro di dislocare la prestazione di lavoro presso un’impresa situata in un altro stato membro, per un predeterminato periodo di tempo, senza apportare modifiche strutturali al rapporto di lavoro interessato.

Non si tratta tuttavia di un istituto esente da obblighi, il datore di lavoro è tenuto infatti in primis al rispetto delle:

  • Condizioni di lavoro e occupazione previste ed applicate nello stato di destinazione, con particolare attenzione alle condizioni a cui sono soggetti i lavoratori dipendenti dell’impresa di invio (in particolare i soggetti adibiti allo svolgimento delle medesime mansioni assegnate / riconducibili al lavoratore distaccato);
  • Previsioni normative proprie dello stato di invio ed eventualmente della ragione / provincia di lavoro, che potrebbero prevedere degli obblighi amministrativi preventivi.

Dal punto di vista normativo, lo scenario è sempre più dettagliato, risultando costituito da interventi legislativi comunitari, applicabili alla generalità degli stati membri o dagli stessi recepiti, e nazionali, individuati ad hoc dai singoli stati.

Ne conviene che le imprese distaccanti, prima di disporre distacchi, debbono stare attente al rispetto degli obblighi comunitari e porsi delle domande, come: lo stato di svolgimento della prestazione lavorativa dispone obblighi in tema di distacco comunitario? Ci sono adempimenti preventivi? Quanto costerà distaccare l’attività?

Qual è la situazione in Italia?

In Italia la situazione è stata normativamente segnata il giorno 22 luglio 2016 dall’entrata in vigore del D. Lgs. 136/2016 denominato: “Attuazione della direttiva (UE) 2018/957 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 giugno 2018, recante modifica della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno (regolamento “IMI”).”

Questo decreto – suddiviso in 3 sezioni, a loro volta divise in 5 capi, per complessivi 27 articoli e un allegato (“Allegato A”) – ha istituito l’obbligo di effettuazione della comunicazione preventiva di distacco per le aziende che distaccano dipendenti in Italia, omologando così l’Italia ad altri stati membri quali Belgio, Francia ecc.

Il testo di legge in questione risponde oggi a diverse domande essenziali ordinariamente affrontate dai tecnici del settore nonché dalle stesse imprese interessate, quali, a solo titolo esemplificativo:

  • A quali regole è soggetto il distacco che mi trovo a gestire? Devo far riferimento alla disciplina del D.Lgs. 136/2016?
  • Il distacco in questione è un distacco autentico?
  • Quali sono gli obblighi del datore di lavoro in occasione di un distacco?
  • Ci sono delle sanzioni? Se si quali?

Peraltro lo scorso settembre il legislatore italiano ha disposto l’entrata in vigore del decreto legislativo 122/2020 dando così attuazione alla direttiva 2018/957 del Parlamento europeo e de Consiglio del 28 giugno 2018 recante modifica alla direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi.

Come cambia lo scenario con l’entrata in vigore del D.Lgs 122/2020?

Questo recentissimo intervento normativo ha modifica il D.Lgs. 136/2016, incidendo soprattutto su:

  • Somministrazione
  • Condizioni di lavoro
  • Durata dei distacchi
  • Comunicazione tra autorità competenti dei vari stati
  • Obblighi informativi connessi alle ipotesi di somministrazione

Analizziamoli insieme

Somministrazione

Il precedente testo annoverava nel campo di applicazione, di cui all’articolo 1, l’ipotesi delle “agenzie di somministrazione stabilite in un altro stato membro che distaccano lavoratori presso un’impresa utilizzatrice avente la propria sede o unità produttiva in Italia” – disposizione normativa che risultava nella sua applicazione concreta alquanto scarna.

L’attuale testo introduce un comma 2 bis) interamente dedicato alle agenzie di somministrazione, riconducendo alla disciplina del d.lgs. 136/2016 anche le seguenti due ipotesi:

  1. “..agenzie di somministrazione di lavoro stabilite  in  uno  Stato  membro  diverso dall’Italia che distaccano presso un’impresa utilizzatrice  con  sede nel medesimo o in un altro Stato membro uno o più lavoratori da tale ultima impresa inviati, nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi, diversa dalla somministrazione, presso una propria unità produttiva o altra impresa, anche appartenente  allo  stesso  gruppo, che ha sede in Italia; in tal  caso  i  lavoratori  sono  considerati distaccati in Italia dall’agenzia di somministrazione  con  la  quale intercorre il rapporto di lavoro”. 

La norma fa qui riferimento al distacco in Italia di lavoratori somministrati nel territorio della comunità europea.

Concretamente è come se un’agenzia di somministrazione tedesca somministrasse lavoratori ad una società utilizzatrice polacca ed in seguito, gli stessi lavoratori, fossero distaccati, nell’ambito di una prestazione di servizi, presso una società italiana.

Evidentemente l’utilizzatore finale corrisponde alla società italiana. A questo proposito la norma chiarisce un passaggio fondamentale: i lavoratori coinvolti sono considerati distaccati alla società italiana direttamente dall’agenzia di somministrazione con la quale intercorre un rapporto di lavoro.

 

Focus: cosa si intende per prestazione transnazionale di servizi?

A livello nazionale

Il diritto italiano annovera tra le prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare di permettere quale ne sia la fonte.

A livello comunitario

  • DIRETTIVA 96/71/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 1996 relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, prevede quanto segue tra i vari “considerando”:

“(3) considerando che la realizzazione del mercato interno offre un quadro dinamico per la prestazione di servizi transnazionali inducendo un numero di imprese a distaccare temporaneamente all’estero i loro dipendenti per eseguire lavori nel territorio di uno Stato membro diverso dallo Stato in cui essi sono abitualmente occupati;

(4) considerando che la prestazione di servizi può assumere la forma di esecuzione di lavori da parte di un’impresa, per conto proprio e sotto la sua direzione, nell’ambito di un contratto concluso da tale impresa con il destinatario della prestazione di servizi, oppure di cessione temporanea di lavoratori ad un’impresa utilizzatrice nel quadro di un appalto pubblico o privato;

(5) considerando che questo sviluppo della prestazione transnazionale di servizi esige un clima di leale concorrenza e misure che garantiscano il rispetto dei diritti dei lavoratori;”

  • INL nota 4833 del 05/06/2017

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, la locuzione “prestazione di servizi” annovera “diverse tipologie contrattuali disciplinate nel nostro ordinamento, tra le quali quelle relative alla filiera degli appalti e subappalti, nonché ulteriori accordi “commerciali” aventi ad oggetto lo scambio di servizi tra imprese stabilite in diversi Paesi, anche appartenenti al medesimo gruppo, o tra filiali della medesima impresa distaccante.”

“Nello specifico, tale locuzione presuppone l’espletamento di attività lavorative di carattere temporaneo in favore di un destinatario situato su territorio italiano, che può individuarsi in un’impresa distaccataria appartenente al medesimo gruppo, in una unità produttiva, filiale, sede operativa della azienda straniera distaccante ovvero in un soggetto committente.”

Il tutto sempre presupponendo la presenza degli elementi di genuinità e autenticità del distacco.

NON è prestazione di servizi secondo l’INL l’ipotesi di invio in Italia di lavoratori presso stand temporanei allestiti nell’ambito di fiere, mostre, manifestazioni commerciali ed eventi congressuali,laddove non sia individuabile una prestazione di servizi nei confronti di un soggetto destinatario avente sede legale o operativa in Italia, ovvero non sia stato stipulato un contratto di natura commerciale (appalto di opera o di servizi, ecc.) tra l’impresa straniera stessa e il destinatario della prestazione di cui sopra.”

In forza dell’art. 57 TFUE – ove si prevede che il prestatore di servizi può esercitare, a titolo temporaneo, la sua attività nello Stato membro ove la prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini, senza necessità di costituire una sede operativa o filiale – l’INL conclude con il ritenere che non si può qualificare in termini di sede o filiale in Italia dell’azienda straniera, ai sensi dell’art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 136, uno stand temporaneo allestito in occasione delle citate manifestazioni.

Ovvero secondo l’INL “l’attività di esposizione o di vendita di prodotti per la partecipazione alla manifestazione fieristica con disponibilità di una singola area non costituirebbe un vero e proprio centro di imputazione di rapporti e situazioni giuridiche riferibili al soggetto straniero, con conseguente esclusione dell’applicazione degli obblighi previsti dal Decreto stesso, come pure delle specifiche disposizioni sanzionatorie in esso contenute. Diversamente nei casi in cui, anche in ragione della specifica natura dell’attività svolta, sia riscontrabile nella fattispecie concreta una prestazione transnazionale di servizi nei confronti di un destinatario situato su territorio italiano, come avviene ad esempio nelle ipotesi di esecuzione di appalti per montaggio, smontaggio dello stand, eventuale realizzazione delle strutture espositive (cfr. art. 5, lett. d D.M. 22 luglio 2014), l’invio di lavoratori in Italia da parte dell’allestitore straniero, anche solo per pochi giorni, rientra nel campo di applicazione della normativa di cui al Decreto n. 136.”

  1. “Il presente  decreto  si  applica altresì alle agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in  uno Stato membro diverso dall’Italia  che  distaccano  presso  un’impresa utilizzatrice che ha la propria sede o unità produttiva  in  Italia, uno o più lavoratori da tale ultima impresa inviati, nell’ambito  di una   prestazione   transnazionale   di   servizi,   diversa    dalla somministrazione, nel territorio di un altro Stato membro, diverso da quello in cui ha sede l’agenzia di somministrazione; anche in  questo caso  il  lavoratore  è  considerato distaccato   dall’agenzia   di somministrazione con la quale intercorre il rapporto di lavoro.”

In questo caso invece si fa riferimento all’ipotesi di distacco di lavoratori somministrati in Italia per lo svolgimento di una prestazione di servizi, presso un soggetto utilizzatore finale sito in un diverso stato membro.

Come se un’agenzia di somministrazione tedesca somministrasse personale ad un’impresa italiana, e poi quest’ultima impresa inviasse, il medesimo personale, presso un’ulteriore impresa utilizzatrice situata in Polonia (o comunque, nell’esempio in questione, situata in uno stato diverso da Italia e Germania).

Anche qui la norma mette in chiaro che il lavoratore è considerato distaccato dall’agenzia di somministrazione con la quale lo stesso ha sottoscritto il contratto di lavoro originario.

Concretamente come cambiano le dinamiche nelle due ipotesi richiamate dal comma 2bis)?

Caso 1: L’impresa utilizzatrice è italiana.

Il rapporto trilatero intercorre tra:

  • Datore di lavoro: società di somministrazione estera;
  • Lavoratore somministrato che viene distaccato;
  • Società utilizzatrice finale: società italiana, sede del distacco.

Ovvero, la società che ha operato il distacco in realtà non compare.

Caso 2: l’impresa utilizzatrice è estera.

Il rapporto trilatero intercorre tra:

  • Datore di lavoro: società di somministrazione estera;
  • Lavoratore somministrato che viene distaccato;
  • Società utilizzatrice finale: società estera, sede del distacco.

Come sopra, l’impresa che ha operato il distacco (in questo caso la società italiana) non compare.

La società di somministrazione sarà tenuta ad operare le comunicazioni obbligatorie di distacco?

La comunità europea precisa con Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 giugno 2018, recante modifica della direttiva 96/71/CE che “L’impresa utilizzatrice informa a tempo debito l’impresa di lavoro temporaneo o l’impresa che ha effettuato la fornitura di un lavoratore prima dell’inizio del lavoro di cui al secondo comma”.

La succitata disposizione, in lettura combinata con l’interesse comunitario alla prosecuzione del rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore, lascia intendere che sarà di volta in volta l’agenzia di somministrazione ad effettuare le comunicazioni obbligatorie.

A partire dalla somministrazione, quali condizioni di lavoro dovranno essere applicate?

Data l’importanza dell’arginare il più possibile fenomeni di dumping sociale, da cui deriva l’imprescindibile attenzione comunitaria orientata al rispetto delle condizioni di lavoro applicate nello stato di invio (di seguito analizzate), si desume che i trattamenti applicati al rapporto di lavoro dovranno di volta in volta essere adeguati a quelli previsti nel luogo di invio ovvero di svolgimento della prestazione.

Condizioni di lavoro

La comunità europea interviene in modo particolarmente incisivo in tema di condizioni di lavoro che devono essere applicate alle prestazioni eseguite in distacco in Italia, modificando l’articolo 4 del D.Lgs 136/2016.

Il rinnovato articolo 4 precisa i seguenti punti essenziali:

  1. Ai lavoratori distaccati, rientranti nell’ambito di applicazione della norma, si applicano le condizioni di lavoro applicate ai lavoratori dipendenti dell’impresa utilizzatrice italiana se più favorevoli
  2. L’attuale disposizione chiarisce che le condizioni di lavoro da rispettare sono espressamente quelle indicate da:
  • Disposizioni normative italiane
  • Contratti collettivi
  • Esclusi i contratti aziendali relativi alle materie richiamate dall’articolo 4 stesso
  1. La disposizione non fa più riferimento espresso alle ferie, ma bensì alla durata minima dei congedi annuali retribuiti
  2. In termini di retribuzione si richiama anche l’applicabilità delle indennità o dei rimborsi a copertura delle spese di viaggio, vitto e alloggio per i lavoratori fuori sede per esigenze di servizio. La norma precisa espressamente che rientrano in tali ipotesi le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute dai lavoratori distaccati in Italia, sia nei casi in cui gli stessi debbano recarsi al loro abituale luogo di lavoro, sia nei casi in cui vengano inviati temporaneamente presso un’altra sede di lavoro diversa da quella abituale, in Italia o all’estero
  3. È introdotto il comma 1-bis) in cui si precisa che “sono considerate parte   della   retribuzione   le indennità riconosciute al lavoratore per il distacco che non sono versate a titolo di rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio effettivamente sostenute a causa del distacco. Dette indennità sono rimborsate dal datore di lavoro al lavoratore distaccato secondo quanto previsto dalla disciplina che regola il rapporto di lavoro nel Paese di stabilimento dell’impresa distaccante.  Se tale disciplina non stabilisce se taluni elementi delle indennità riconosciute al lavoratore per il distacco sono versati a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute a causa del distacco stesso o se fanno parte della retribuzione l’intera indennità è considerata versata a titolo di rimborso delle spese sostenute.»

Durata dei distacchi

L’attuale D.Lgs 136/2016 introduce l’articolo 4 bis rubricato “Distacco di lunga durata”. Si tratta di una modifica attesa nonché già segnalata a livello europeo nel 2018.

La norma prevede un tetto massimo di distacco pari a 12 mesi, eventualmente estendibile fino ad un massimo di 18 mesi previa notifica motivata al ministero del lavoro da parte del prestatore di servizi (ai sensi dell’art 10 comma 2 del D.Lgs 136/2016).

Superata la soglia massima la norma estende l’applicazione in senso ampio del diritto italiano al rapporto di lavoro oggetto di distacco, sempre a condizione che queste siano più favorevole. All’uopo la norma richiama espressamente “tutte le condizioni di lavoro e di occupazione previste in Italia da disposizioni normative, dai ccnl nonché dai contratti collettivi territoriali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, ad eccezione per le disposizioni concernenti:

  • Conclusione e cessazione dei rapporti di lavoro
  • Clausola di non concorrenza
  • Previdenza integrativa di categoria.

In merito alla durata, la norma chiarisce anche che in caso di sostituzione dei lavoratori distaccati, per lo svolgimento delle medesime mansioni, durante il periodo di distacco, il tetto massimo di 12 mesi (ed eventualmente esteso a 18) è determinato dalla sommatoria dei periodi di lavoro prestati dai singoli lavoratori. Prevedendo già l’insorgenza di possibili dubbi interpretativi, la norma lascia intendere che per stabilire che si tratti della medesima mansione si dovrà tener conto del luogo di svolgimento della prestazione, del lavoro da effettuare e della natura del servizio da prestare.

Obblighi informativi connessi alle ipotesi di somministrazione

La norma introduce l’articolo 10 bis rubricato “Obblighi informativi”, ove si determina che l’impresa utilizzatrice italiana presso la quale siano distaccati lavoratori provenienti da un’agenzia di somministrazione europea, è tenuta ad informare l’agenzia di somministrazione distaccante:

  • delle condizioni di lavoro e di occupazione applicate ai lavoratori distaccati. Per l’intera durata del distacco e per i successivi due anni dalla cessazione del distacco l’impresa italiana è tenuta alla conservazione della documentazione inerente al distacco in lingua italiana.
  • del successivo distacco dello stesso lavoratore presso un’altra impresa

La disposizione prosegue indicando che in caso di distacco di personale somministrato presso una società italiana (art 2 comma 2bis primo periodo) l’impresa comunitaria distaccante è tenuta alla compilazione e trasmissione del modello ex art 10 comma 1 con particolare attenzione alle lettere b) (numero e generalità dei lavoratori coinvolti), c (data di inizio e fine del distacco), d (luogo della prestazione) e f (tipologia dei servizi). La medesima impresa è inoltre tenuta alla consegna di questa comunicazione in lingua italiana alla società utilizzatrice italiana (destinataria finale della prestazione oggetto di distacco).

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