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Punti di attenzione

Illegittimità della condotta
Illegittimità della condotta della convenuta società connessa all’unilaterale collocazione in ferie delle parti ricorrenti negli anni 2012 e 2013;
Reintegra
Reintegra e/o il ripristino del monte ore di ferie per ciascun ricorrente;
Condanna della convenuta alla corresponsione
Condanna della convenuta alla corresponsione a ciascun ricorrente di una somma pari alla retribuzione spettante per le ore di illegittima collocazione in ferie.

L’illegittimo utilizzo dei periodi di ferie

da | Ott 1, 2018 | Amministrazione del Personale, Editoriale

L’illegittimo utilizzo dei periodi di ferie dei dipendenti da parte dei datori di lavoro è stato recentemente oggetto di analisi da parte della giurisprudenza di merito. Il Tribunale di Pordenone con sentenza n. 121 del 25 luglio 2016 ha affrontato la questione. Nel caso di specie il ricorso è stato promosso dai lavoratori di una società produttrice di elettrodomestici i quali avanzavano le seguenti richieste:

  • Illegittimità della condotta della convenuta società connessa all’unilaterale collocazione in ferie delle parti ricorrenti negli anni 2012 e 2013;
  • Reintegra e/o il ripristino del monte ore di ferie per ciascun ricorrente;
  • Condanna della convenuta alla corresponsione a ciascun ricorrente di una somma pari alla retribuzione spettante per le ore di illegittima collocazione in ferie.

I lavoratori lamentavano di essere stati ripetutamente collocati in ferie per brevi frazioni della giornata lavorativa (2/4 ore al giorno), a ridosso e/o in sostituzione di periodi di sospensione dalla prestazione a fronte dell’utilizzo di cassa integrazione. Il tutto in assenza sia di accordo sindacale che di preventiva comunicazione obbligatoria, tantoché i ricorrenti dichiaravano di aver notizia della collocazione forzata in ferie soltanto con il ricevimento del prospetto paga del mese successivo.

Quanto sopra porta al riconoscimento della “violazione dell’art. 2109”– stante la collocazione“forzatamente in ferie dei ricorrenti per periodi frazionati, in assenza di una preventiva comunicazione e senza che sia mai intervenuto alcun esame congiunto od un qualche accordo sindacale in materia”.

Il giudice prosegue affermando che “la richiesta comunicazione non sia avvenuta per iscrittoe che, in ogni caso, una “informativa e/o comunicazione ad opera della società alle rsu della fruizione delle ferie in concomitanza delle giornate di chiusura per cig/cigs assume valenza generica al punto da rivelarsi inidonea al raggiungimento della finalità di cui all’art. 2109 cc., ovvero rendere edotto ciascun lavoratore della propria collocazione in ferie”.

Per poi concludere come segue: “In altri termini non v’è chi non veda che una comunicazione di tipo verbale per come descritta dalla convenuta non può contenere: l’indicazione specifica dei lavoratori che saranno collocati in ferie; le ore di ferie forzate; quando sarebbe avvenuta detta collocazione”.

L’ampia discrezionalità che le disposizioni di legge in materia lascerebbero ai datori di lavoro troverebbe pertanto delle concrete limitazioni. La comunicazione obbligatoria e preventiva prevista dall’art. 2109 c.c. dovrebbe così contenere una chiaramente indicazione:

  1. Dei lavoratori coinvolti dalla collocazione in ferie
  2. Delle ore di ferie (direi aziendali e collettive più che forzate)
  3. Della data e del periodo interessato dal godimento delle ferie

Qualcuno potrebbe a questo punto, considerati i tre requisiti succitati nonché la richiesta specificità e non da ultimo la validità probatoria dell’adempimento prescritto dall’art. 2109 co. 3, dubitare sulla legittimità di una comunicazione resa in forma orale. Non sembra il caso di spingersi a tanto, anche se evidentemente, come sempre accade, ai fini probatori quest’ultima sarebbe la strada più semplice.

Questa sentenza si inserisce in una panoramica articolata dall’intreccio di più disposizioni di legge come di seguito rappresentato.

Tutto muove dall’art. 36 Cost., comma 3, in cui si afferma il diritto di ciascun lavoratore dipendente ad un periodo di ferie annualiretribuite. Si tratta di un diritto indisponibile nonché irrinunciabile che fa capo proprio al lavoratore subordinato (ex art 2094 c.c.), derogabile solo in alcune, poche, particolari ipotesi (cd “monetizzazione delle ferie”). Fatte salve le sole ipotesi di monetizzazione, la forza di questi diritti non è valicabile nemmeno in presenza di accordo privato tra soggetti (verosimilmente il datore di lavoro ed il lavoratore), incorrendo eventualmente in ipotesi di illegittimità.

Questo principio costituzionale – di rilevanza europea attesa la sua principale funzione di tutela della salute e della integrità psicofisica dei lavoratori – è implementato da altre disposizioni giuridiche che ne stabiliscono alcune regole fondamentali di applicazione concreta. In particolare, il già richiamato art 2109 c.c. e l’art. 10 del D.Lgs. 66/2003. I tre principi essenziali che muovono il meccanismo sono brevemente così riassunti:

  • Il potere di determinazione del periodo di collocazione delle ferie concesse al lavoratore è ricondotto al solo datore di lavoro – soggetto passivo di questa obbligazione giuridica nonché debitore dell’obbligo di sicurezza e di tutela della personalità e della salute psicofisica dei propri dipendenti (ex art. 2087 c.c.);
  • La determinazione datoriale non è esente da vincoli. La stessa norma prevede infatti che le scelte datoriali siano vincolate alle esigenze aziendali. Giurisprudenza costante ritiene oramai che “L’esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente all’imprenditore quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa; al lavoratore compete soltanto la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche nell’ipotesi in cui un accordo sindacale o una prassi aziendale stabilisca – al solo fine di una corretta distribuzione dei periodi feriali – i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda”.

Ne deriva pertanto che, la determinazione datoriale volta ad individuare un periodo di congedo feriale che non tenesse conto della salvaguardia della reintegrazione delle energie psicofisiche del lavoratore (funzione essenziale del periodo feriale) sarebbe illegittima, così come lo sarebbe condotta datoriale che considerasse gli interessi dei lavoratori in assenza di comprovate esigenze aziendali;

  • La durata delle ferie, è determinata da contratti collettivi nel rispetto dell’art. 10 del D.Lgs. 66/2003. Questa norma prevede ildiritto dei lavoratori ad un periodo annuale di ferie retribuite (principio cd di introannualità delle ferie) non inferiore a quattro settimane, di cui il datore di lavoro deve consentire la fruizione, nell’anno di maturazione, di almeno due settimane, possibilmente consecutive se richiesto dal lavoratore. Le restanti due devono essere invece fruite nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.

Come rilevato dalla Corte di Giustizia (20.1.09 C-350/06 e C-520/06), a questa regola ci sono delle eccezioni in cui al lavoratore spetta l’effettiva fruizione delle ferie anche dopo lo scadere del termine di riferimento stabilito dal diritto nazionale. Si tratta di ipotesi in cui il diritto non sia stato concretamente esercitabile, quando ad esempio vi sia una impossibilità oggettiva di svolgere la prestazione (come nei casi di malattia e inabilità) o i casi di sospensione del rapporto di lavoro determinato (come accade ad esempio in caso di fruizione del congedo di maternità) ecc.

Dall’art 2109 c.c. ricaviamo un espresso obbligo del datore di lavoro di fornire preventiva comunicazione al lavoratore recante indicazione del periodo di collocazione in ferie, nulla invece si dice sul “come” questa comunicazione vada resa. L’assenza di indicazioni specifiche lascerebbe così intendere l’assenza di una forma ad substantiam da un lato ed una ampia libertà datoriale nella individuazione e selezione del modo preferito per fornire la comunicazione dall’altro. Il datore di lavoro sarebbe quindi adempiente al suo obbligo anche nell’ipotesi in cui fornisse comunicazione in modo orale.

La sentenza indicata in premessa invece, sembrerebbe svuotare questo generale pensiero, sostituendolo con un obbligo di forma scritta. Ma allora i lavoratori potrebbero ritenere nullo e disattendere un comando datoriale orale di collocazione in ferie? Cosa si potrebbe dire di una indicazione di ferie collettive resa tramite affissione in bacheca aziendale?

Non meno rilevante è poi la questione del preavviso con cui questa comunicazione deve necessariamente essere fornita ai dipendenti. A questo proposito non si riconosce un periodo stabilito, si parla piuttosto del tempo necessario per consentire al lavoratore di poter utilmente organizzare il proprio tempo. Si ricorda a questo proposito una sentenza del Trib. Milano (del 24.4.1996) in cui si dichiarava l’illegittimità della determinazione del periodo di ferie poiché il preavviso di soli due giorni rendeva la fruizione delle stesse oggettivamente impossibile per il lavoratore.

 

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