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Nel giorno della festa dei lavoratori, il Consiglio dei Ministri ha simbolicamente (e non solo) approvato la bozza del cosiddetto Decreto Lavoro, contenente “significative misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”, come riportato nel comunicato stampa rilasciato dal Governo.

In data 04 maggio 2023, viene pubblicato il Decreto in parola (Decreto Legge n°48 del 2023 denominato “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo”).

Il Decreto, che fu già oggetto di discussione tra gli interpreti attese le numerose bozze circolate nelle ultime settimane, muove dalla volontà di modificare alcuni punti nevralgici del sistema lavoristico italiano nonché riscrive, complice anche una campagna elettorale dell’anno scorso basata sull’avversione al reddito di cittadinanza, misure di sussidio e sostegno al reddito.

Le novità del Decreto

Tra le principali novità del DL 48/2023 si rilevano:

  • Una temporanea riduzione del cuneo fiscale (art 39) per i lavoratori già destinatari della riduzione dei contributi previdenziali a proprio carico (art 1 comma 281 legge 197/2022) che passerà da 2 o 3 punti percentuali, a seconda della retribuzione percepita nel mese (imponibile previdenziale), ad un aumento di 4 punti percentuali nel periodo tra il primo luglio ed il 31 dicembre, eccettuata la tredicesima mensilità;
  • La sostituzione del Reddito di Cittadinanza con il cosiddetto Assegno di Inclusione (art 1) con conseguenti agevolazioni per coloro i quali intendano assumere i beneficiari di tali strumenti;
  • La semplificazione del d.lgs. 104/2022 ovvero del c.d. decreto trasparenza, laddove si ritiene possibile (art 26) assolvere alla più parte degli obblighi informativi con un rimando a fonti eteronome del contratto individuale (contratti collettivi in primis);
  • Introduzione di una soglia di esenzione fiscale (c’è da chiedersi se anche contributiva visto il precedente caso della conversione in legge del DL 5/2023 in tema di bonus carburante) pari ad euro tremila (art 40) per il periodo di imposta 2023, per coloro i quali dichiarano di avere figli a carico ex art 12 (estesa, anche per quest’anno, al rimborso delle utenze domestiche di luce, acqua e gas). In tal caso il decreto dispone la necessità, da capirsi se ostativa al riconoscimento dell’esenzione fiscale o meno, della comunicazione alle RSU, laddove sussistenti, dell’attuazione di tale norma. Principio che pare poco condivisibile o, quantomeno, rimesso a logiche di informativa sindacale rispetto all’applicazione di una norma fiscale;
  • Sono altresì previste diverse agevolazioni, in favore delle imprese, nei casi di assunzione di personale aventi particolari caratteristiche ovvero:
    • Beneficiari dell’assegno di inclusione che siano assunti a tempo indeterminato ovvero a tempo determinato o stagionale (art 10). Trattasi di un esonero contributivo fino ad un massimo di 12 mesi e 8.000 euro annuali
    • Giovani under 30, codificati come NEET e registrati al programma operativo nazionale iniziativa occupazione giovanile (art 27). Trattasi di un beneficio contributivo nella misura del 60% della retribuzione lorda imponibile previdenziale per la durata massima di 12 mesi
    • Istituzione di un fondo (art 28) al fine di consentire agli enti del terzo Settore, associazioni di volontariato e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, la possibilità di occupare persone con disabilità (legge 68/1999) di età inferiore a trentacinque anni con contratto di lavoro a tempo indeterminato tra il 1° agosto 2022 e il 31 dicembre 2023, per lo svolgimento di attività conformi allo statuto
  • Infine, come noto, le rilevanti modifiche introdotte alla disciplina dei contratti a termine (art 24).

I Contratti a Tempo Determinato

Con riferimento alla tematica dei contratti a tempo determinato, da sempre grande oggetto di attenzione da parte del legislatore, si ricorda come il Decreto Dignità (DL n°87/2018), approvato dall’allora governo gialloverde in modifica al Jobs Act, prevedesse quali condizioni per la legittima proroga del contratto di lavoro oltre i 12 mesi, cosiddetti acausali, le “esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori; nonché le esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’ordinaria attività”.

Il Decreto Lavoro introduce, in completa sostituzione delle condizioni (gergalmente causali) contenute nelle lettere a) e b) e b)bis dell’oramai fu articolo 19, tre diverse condizioni che si riporta letteralmente:

  • a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;
  • b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
  • b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.

Al fine di meglio comprendere la portata del disposto normativo e le conseguenti modifiche da esso apportate, appare utile riprendere quanto già in passato disposto dal legislatore con riferimento agli articoli 1 e 23 rispettivamente contenuti nel Decreto Legislativo n. 368 del 2001 e nella Legge n. 56 del 1987.

Perché, si badi bene, la nuova formulazione edita dal Decreto Lavoro “pesca” sicuramente dal passato remoto (d.lgs. 368/2001) ed anche dal trapassato remoto (legge n°56 del 1987).

Pensiamo al caso della nuova lettera a) ovvero “casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51” (ovviamente del d.lgs. 81/2015).

Leggendo il vecchio articolo 23 della legge n. 56 del 1987, ascrivibile al cosiddetto fenomeno della “delega in bianco”, si nota come il legislatore del tempo in capo avesse permesso ai contratti collettivi maggiormente rappresentativi sul piano nazionale la possibilità di individuare delle ipotesi grazie alle quali i datori di lavoro potessero legittimamente appore un “termine alla durata del contratto di lavoro”.

Si badi bene: sia la norma del 1987 che quella attuale non richiedono che il caso o l’ipotesi del contratto collettivo maggiormente rappresentativo siano “specifiche” ma solo che vi siano.

Subordinatamente alla assenza / presenza della contrattazione collettiva, si innesta la lettera b) del nuovo Decreto Lavoro la quale, nel testo bollinato, riferisce: “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti”

In tale locuzione trovano spazio diversi aspetti:

  • In principio, rilevata l’assenza di una ipotesi / caso disciplinato dai contratti collettivi “qualificati” ex art 51, l’azienda potrà far riferimento alle ipotesi disposte da ogni contratto collettivo che possa definirsi tale, anche, evidentemente, quello sottoscritto da sindacati non maggiormente rappresentativi, ma che sono riusciti, per logiche di forza, ad introdurre un accordo vigente in unità produttiva e/o azienda. Circostanza, questa, che appare curiosa: il contratto collettivo “non art 51” potrebbe prevedere delle causali applicabili ma non possibilità di disporre, ad esempio, deroghe al periodo di “stop and go” o altre deroghe alla durata massima dei tempi determinati (art 19 comma 2);
  • Un richiamo allo storico ed indimenticabile articolo 1 del decreto legislativo n. 368/2001 nella sua previsione rimessa ad esigenze tecniche produttive ed organizzative. Nel caso odierno, le stesse vengono rivisitate in chiave di identificazione tra le parti stipulanti il contratto di assunzione (volendo, si presume, attribuire un valore all’accordo delle parti contraenti che chiaramente dovrebbe trovare accoglimento e specifica collocazione nel contratto individuale). Tale facoltà individualista viene confinata ad un ambito temporale definito ovvero “e comunque fino al 30 aprile 2024” (da capire sin d’ora se per 30 aprile 2024 debba intendersi la data di sottoscrizione del contratto di assunzione a termine o data di fine rapporto temporaneo).

Riassumendo, alla luce delle modifiche introdotte dal Decreto Lavoro, viene riconosciuta la possibilità di estendere il rapporto a tempo determinato da 12 mesi a 24 mesi (ed anche per un termine maggiore, se disposto dal contratto collettivo) in ragione delle “esigenze” riconosciute dalla contrattazione collettiva nazionale, territoriale e aziendale (conformemente alla lettura dell’articolo 51 del Jobs Act).

In mancanza della stessa definizione contrattuale, si potrà accedere alla possibilità di superare il termine di 12 mesi, cosiddetti acausali, allorquando vi siano contratti collettivi classificabili tali ovvero, in assenza di qualsiasi previsione collettiva, per le ragioni tecniche, organizzative, produttive rimesse alle parti e fino al 30 aprile 2024.

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