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A volte c’è da chiedersi perché studiare tanto.
Alla fine viviamo in un mondo in cui le norme, che all’università vengono rappresentate con quella solennità lessicale rimessa a paroloni come “disposizioni di legge”, non servono. L’incauta matricola si avvicina, da giovane, con circospezione al mondo del diritto ma poi, arrivando l’età “adulta” della pratica, incontra gli imperatori (qui scherzosamente rappresentati dagli istituti).
Gli “imperatori” possono permettersi di far finta che un atto avente forza di legge possa essere riscritto da circolari, risoluzioni o, siamo al peggio, da FAQ (cosa saranno? Mistero) come se nulla fosse.
Iter parlamentari, pubblicazioni in Gazzetta Ufficiale, ricerca del significato della norma (andando ad esaminare la ratiodella stessa, persino scavando tra i lavori delle varie commissioni alle camere) al fine di giungere a quella interpretazione possibilmente condivisibile, risuonano come parole vuote per chi, con una circolare o un atto interpretativo, ti impone cosa pensa.
Per carità, il tutto rimane nell’espressione di una propria posizione che, essendo tale, può o non può essere accolta. Quello che fa specie è il dover accertare, circostanza che qui sfateremo, che l’INPS o l’Agenzia delle Entrate, per quanto guidati da argomentazioni normative, possano mutare il senso di norme di legge, portando ad applicazioni pratiche che, in tutta franchezza, il nostro Legislatore, per quanto disattendo, non aveva ipotizzato.
Vediamo due delle più recenti follie dell’imperatore precisando sin d’ora che il richiamo ad uno dei più bei lungometraggi della più nota casa di animazione per bambini, non possa irretire nessun senziente ma solo portare buon consiglio.
La posizione dell’INPS in merito all’esonero delle madri e le successive FAQ
Partiamo dal noto art. 1, commi 180 e 181 della legge n. 213 del 2023, meglio nota come legge di bilancio 2024, in materia di decontribuzione per le lavoratrici con più figli.
Orami anche i sassi sanno (almeno quelli colti) che al fine di incentivare il lavoro femminile con più tre o più figli, la legge di bilancio ha introdotto in via sperimentale per i periodi paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 un esonero pari al cento per cento della quota dei contributi previdenziale i.v.s. (invalidità, vecchiaia e superstiti) a carico delle dipendenti assunte a tempo indeterminato.
Non solo: al fine di raggiungere una più ampia platea di beneficiari, limitatamente ai periodi paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, l’esonero verrà riconosciuto, sempre nella misura pari al cento per cento dei contributi a carico della lavoratrice, anche in favore delle dipendenti madri di due o più figli con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.
Tale norma è stata oggetto sia di interpretazione a cura dell’INPS (circolare n. 27 del 31 gennaio 2024) sia della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro (mediante circolare n. 1 del 6 febbraio 2024).
Uno degli aspetti di maggior rilievo viene rimesso ad una indicazione presente nella circolare dell’INPS, in quanto l’istituto previdenziale richiede, per la compilazione del flusso uniemens, l’indicazione dei codici fiscali dei figli per la madre (così da consentire un monitoraggio dell’applicazione normativa).
Fin da subito la posizione dell’istituto, successivamente acclarata dalla Fondazione Studi, porta ad un adempimento del datore di lavoro in ordine al ricevimento di una “autodichiarazione” da parte della madre, nella quale si espongano i codici fiscali dei figli.
Poi, come per magia, sentendo la necessità di procedere ad ulteriori chiarimenti, vengono pubblicate nel sito dell’INPS nel febbraio 2024 delle precise FAQ. Una di esse, la numero 6) alla domanda “come posso chiederlo?” (l’esonero, chiaramente) incontra una risposta curiosa che merita la sua letteralità “La volontà di usufruire dell’esonero deve essere comunicata al datore di lavoro, unitamente al numero di figli e ai rispettivi codici fiscali".
Che interessante circostanza. Peraltro non considerata minimamente da alcuna norma di legge. Anzi, al contrario.
Basti pensare, ad esempio, a quanto disposto per la nuova soglia di esenzione per fringe benefit di 3.000 euro (2023) o 2.000 euro (2024, sempre legge di bilancio) per i lavoratori con figli a carico ai sensi dell’art. 12 del TUIR. In questo caso il legislatore è stato chiaro nel subordinare l’erogazione dei benefici fiscali alla produzione di una dichiarazione contenete i codici fiscali dei figli a carico.
Nel caso dei commi da 180 a 182, nel testo normativo non si legge una necessità di acquisizione di alcuna autodichiarazione (che trapela dal testo della circolare INPS e dalla successiva FAQ).
Pensiamo alle conseguenze della precisazione nella FAQ in discussione (che come tale, chiaramente, non ha alcun valore normativo):
- È dunque rinunciabile (indirettamente) l’esonero madri? Invero, una madre che non lo chiedesse non dovrebbe vederselo applicato anche se l’azienda è già in possesso dei dati dei codici fiscali dei figli? (da precisare che normativamente, il datore di lavoro sarebbe tenuto ad applicare l’agevolazione);
- Perché sarebbe “rinunciabile” solo l’esonero madri e non anche l’esonero “base” di cui alla stessa legge di bilancio 2024 (parliamo del noto esonero di 6 / 7 punti percentuali alle condizioni previste dai commi 15 e seguenti)? Quale sarebbe la differenza normativa?
- Se non riconosciuto detto esonero, per carenza di “comunicazione” della possibile beneficiaria, come potrebbe la stessa, cessato il rapporto ad esempio, recuperare tale agevolazione, avendone pieno diritto?
Capiamo la fame di “dati” da parte dell’INPS. Ma un conto sono gli ausili applicativi per l’applicazione di un disposto normativo, un altro conto è subordinarne l’efficacia a dichiarazioni inesistenti.
Categorie di lavoratori per sistemi di welfare. Il punto della risoluzione n°57/E 2024 dell’Agenzia delle Entrate
C’è sempre da imparare. O forse da disimparare.
La risoluzione n°57/E datata 01 marzo 2024 a cura dell’Agenzia delle Entrare risponde ad un quesito, come succede in questi casi, specifico. Nei fatti l’azienda proponente intendeva riconoscere un credito welfare integrativo rispetto all’indennità di maternità obbligatoria percepita dalle proprie lavoratrici.
Prescindendo dalle giuste (si ribadisce, giuste) conclusioni dell’amministrazione finanziaria che nega tale possibilità (non fosse per altro che il proponente assume come il credito welfare sia “integrativo” di una retribuzione, circostanza chiaramente incompatibile con le interpretazioni in materia) si erge sopra le masse, tra le varie spiegazioni, un concetto che merita approfondimento. Lo si riporta per comodità:
"Non si ritiene, invece, possibile individuare una ”categoria di dipendenti” sulla base di una distinzione non legata alla prestazione lavorativa ma a caratteristiche o condizioni personali o familiari del dipendente.”.
Bella novità. Condividendo, forse, la parte sulla categoria non legata alle condizioni personali, non si capisce proprio la censura riferita ad alle caratteristiche familiari del dipendente. Persino il nostro legislatore ha voluto distinguere le soglie dei fringe benefits basandosi proprio sulla presenza dei figli a carico del percipiente (le oramai note soglie di euro 1.000,00 o 2.000,00) e, quindi, sulle condizioni familiari dei dipendenti.
Non solo: quante volte vediamo azienda di ogni dimensione disporre l’introduzione di un credito welfare legato alla nascita di un figlio in un nucleo familiare? Per quale motivo non sarebbe possibile identificare loro come una categoria omogenea (peraltro in una assenza normativa pacifica di caratteristiche della “categoria”)?
C’è da dire, ad onor del vero, che trattandosi di risoluzione, quindi una risposta ad un caso specifico, la precisazione dell’Amministrazione Finanziaria va in ogni caso rimessa al quesito posto e non può essere assunta come regola generale. O almeno lo speriamo
Concludendo, dobbiamo essere fiduciosi. Anche nel film “le follie dell’imperatore” tra l’inizialmente lunatico Kuzco ed il gentil Pacha scoccherà la scintilla della comprensione e dell’intesa. Bastava solo essere ragionevoli.
In ogni caso io, a tutti, preferivo il personaggio di Kronk. Forte come pochi, sapeva cucinare e parlava con gli scoiattoli… lui si che aveva capito tutto.
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