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L’agenzia delle entrate si è nuovamente espressa in materia di residenza fiscale in contesto di mobilitazione internazionale dei lavoratori. Considerazioni quantomai rilevanti oggi, alla luce delle numerose casistiche, esponenzialmente cresciute in periodo pandemico, di lavoro in regime di smart working e / o lavoro agile e / o telelavoro. Si tratta di un elemento importantissimo nella definizione del luogo in cui il soggetto verserà le imposte fiscali sul reddito percepito, nonché in cui dovrà adempiere agli obblighi di dichiarazione fiscale.

In termini di normativa italiana, con particolare riferimento all’art. 2 del Testo Unico delle Imposte sul Reddito (di seguito TUIR), si considerano residenti in Italia tutti coloro che nel corso del periodo d’imposta possano vantare domicilio Or residenza sul territorio nazionale per almeno 183 giorni. I criteri di domicilio e residenza si intendono tra loro alternativi. Pertanto, al ricorrere anche solo di uno di essi, il soggetto sarà considerato residente in Italia. In termini di tassazione, la differenza sostanziale è la seguente:

  • i soggetti considerati residenti in Italia sono tenuti al versamento delle imposte in Italia utilizzando come base imponibile il reddito da questi complessivamente prodotto (ovvero inclusivo anche dei redditi percepiti da un datore di lavoro estero oppure prodotti in territorio straniero);
  • i residenti all’estero, ex art 23 TUIR, sono invece assoggettati a tassazione in Italia esclusivamente sul reddito prodotto in loco (da qui la considerazione delle giornate di lavoro svolte in Italia), non valorizzando in alcun modo i redditi prodotti all’estero.

In termini internazionali, come indicato dallo stesso TUIR, si da prevalenza agli accordi convenuti e sottoscritti tra gli stati in materia di doppia imposizione fiscale (le cd. convenzioni contro la doppia imposizione fiscale, tendenzialmente redatte sulla base del modello OCSE).

Di seguito qualche esempio concreto con contestualmente analisi delle casistiche affrontate dall’agenzia delle entrate con le recenti risoluzioni.

Esempio A

Tizio durante un medesimo periodo d’imposta trasferisce la propria residenza in un altro Stato, dando luogo ad un periodo di residenza in Italia e uno nell’altro Stato. Dove sarà considerato residente il soggetto in questione? Dove si versano le imposte? Esistono le condizioni per la doppia imposizione fiscale?

L’agenzia delle entrate ha affrontato questa casistica con interpelli n. 73 e n. 170 del 2023, analizzando in particolare il caso della Svizzere e della Germania.

La prevalenza gerarchica delle disposizioni internazionali porta necessariamente la nostra attenzione verso le convenzioni contro la doppia imposizione fiscale (laddove questa non sia stata sottoscritta tra gli Stati coinvolti troveranno integrale applicazione le disposizioni nazionali), con particolare riferimento alle seguenti disposizioni: art. 4, art. 15, nonché tendenzialmente (da verificare di volta in volta) l’art. 23 o 24 in materia di credito d’imposta.

Da premettere come il punto 10 delle raccomandazioni del Commentario all’art 4 del modello OCSE prevede quale soluzione al problema della doppia residenza, derivante da trasferimento da uno Stato all’altro nel corso dell’anno, il frazionamento dell’anno d’imposta. Disposizione che però non troviamo riflessa in tutte le intese fiscali convenute tra gli Stati. Spiccano, in questo senso, la Svizzera e la Germania.

In particolare, la convenzione sottoscritta con la Svizzera prevede al paragrafo n. 4 dell’art 4 che: “La persona fisica che ha trasferito definitivamente il suo domicilio da uno Stato contraente all’altro Stato contraente cessa di essere assoggettata nel primo Stato contraente alle imposte per le quali il domicilio è determinante non appena trascorso il giorno del trasferimento del domicilio. L’assoggettamento alle imposte per le quali il domicilio è determinante inizia nell’altro Stato a decorrere dalla stessa data”.

Con riferimento alla Germania, la medesima disposizione è riportata al punto 3 del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione sottoscritta con l’Italia. Testualmente recita così: “Se una persona fisica è considerata residente dello Stato contraente in base all’art. 4 soltanto per una frazione dell’anno ed è considerata residente dell’altro stato contraente per il resto dell’anno (cambio di residenza), l’assoggettamento all’imposta, nei limiti in cui esso dipenda dal luogo di residenza, termina nel primo Stato alla fine del giorno in cui è stato effettuato il cambio di domicilio. Nell’altro Stato, l’assoggettamento all’imposta, nei limiti in cui esso dipenda dal luogo di residenza, inizia il giorno successivo al cambio di domicilio”.

Con particolare riferimento alla risoluzione n. 73/2023, l’agenzia delle entrate ha analizzato il caso di un lavoratore residente in Italia dal gennaio al giugno di un dato anno e in Svizzera dal giugno al dicembre del medesimo anno. L’Agenzia ha fornito la seguente soluzione chiarendo la competenza dei due stati in termini di tassazione a mezzo del cd split year: “l’Italia può esercitare la propria potestà impositiva, basata sulla residenza, fino al 1° giugno X mentre la Svizzera può far valere, ai sensi della predetta disposizione convenzionale, la propria pretesa impositiva a decorrere dal 2 giugno X (cfr. articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione)”. Ciò posto, si rileva che, per quel che concerne la fattispecie, rappresentata nell’interpello in esame (la cui veridicità e completezza è qui assunta acriticamente), di una residenza fiscale in Italia della Contribuente sino al 1° giugno X ed in Svizzera dal 2 giugno della stessa annualità, l’articolo 3, comma 1, del TUIR prevede che ”l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato”.

Pertanto, i redditi complessivamente posseduti dal soggetto fino al 1° giugno dell’anno devono essere assoggettati ad imposizione in Italia e, quindi, riportati nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno di riferimento. Per il periodo decorrente dal 2 giugno dello stesso anno, i redditi tassati in Italia e riportati in dichiarazione saranno solamente quelli prodotti in Italia da tale data (ex art. 23 TUIR).

Si tratta, come sopra menzionato di eccezioni, la generalità delle convenzioni fiscali sottoscritte per evitare la doppia imposizione fiscale non prevede tali clausole. Quindi, che fare laddove non previste? 

Quando il lavoratore potrebbe potenzialmente risultare residen­te in entrambi gli stati nel medesimo periodo d’imposta, cd conflitto di residenza, dobbiamo osservare le tie breaker rules, collocate all’art 4 paragrafo 2 del modello OCSE appositamente al fine di dirimere siffatte situazioni. Dunque, in primo luogo la persona dovrà essere considerata residente nel Paese in cui dispone di un’abitazione permanente e, in subordine, la residenza è determinata secondo i seguenti criteri, da considerarsi in ordine decrescente di priorità:

  • ubicazione del centro degli interessi vitali;
  • dimora abituale;
  • nazionalità della persona fisica.

Inoltre, il tutto va valutato in considerazione del principio di territorialità, che, con riferimento al lavoro subordinato, trova spazio all’art 15 delle convenzioni fiscali redatte secondo il modello OCSE. In buona sostanza, al di là della residenza, il reddito prodotto in un detto Stato dovrebbe di regola essere assoggettato a tassazione in quello Stato. Fanno eccezione a questa regola, i casi in cui ricorrano congiuntamente i tre requisiti citati al paragrafo 2 dell’art 15, ovvero:

  1. il soggetto soggiorna nell’altro Stato per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale 183 giorni in un periodo d’imposta, e
  2. le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente dell’altro Stato, e
  3. l’onere, delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato.

Esempio B

Tizio trasferisce la propria residenza fiscale da Italia a Svizzera nel medesimo periodo d’imposta. Nell’anno successivo, percepisce un emolumento connesso all’attività lavorativa svolta l’anno precedente (che lo vedeva residente in parte in Italia e in parte in Svizzera). È corretto assoggettare l’emolumento a tassazione solamente nello stato di residenza?

Il caso è quello affrontato dall’Agenzia delle entrate con risoluzione n. 126/2023, riguardante un lavoratore trasferitosi in Svizzera nel mese di luglio 2020. Fin qui sembrerebbe una ripetizione delle considerazioni riportate sopra in materia di residenza e imposizione fiscale (che si richiamano integralmente). Senonché, il caso ha attirato la nostra attenzione in quanto, l’interpello avanzato dal contribuente afferiva l’assoggettabilità o meno ad imposizione fiscale di un bonus relativo all’annualità 2020 corrisposto al soggetto dalla società durante l’anno 2021 (in cui quest’ultimo risultava residente in Svizzera).

In questo caso, l’Agenzia delle entrate ha comunicato che le valutazioni circa assoggettabilità o meno del bonus in questione in Italia, non devono essere effettuate sulla base del momento di corresponsione dello stesso al contribuente (principio di cassa) ma, bensì, deve essere rilevato il periodo di maturazione dell’emolumento corrisposto, richiamando il principio di territorialità (ex art. 15 della Convenzione fiscale).

L’Agenzia ribadisce che “l’articolo 15 della citata Convenzione tra l’Italia e la Svizzera prende in considerazione, al fine di una ripartizione tra i due Stati della potestà impositiva, il Paese di residenza e quello di svolgimento di un lavoro subordinato al momento dell’effettuazione dell’attività, a fronte della quale è erogato il reddito da assoggettare ad imposizione, e non lo Stato di residenza al momento dell’erogazione del reddito”. Prospettando dunque la seguente soluzione: “deve essere assoggettata ad imposizione in Italia la quota parte del bonus, maturata nel periodo 1° gennaio giorno x del luglio 2020, che, invece, non risulta soggetta a tassazione nella Confederazione Elvetica… mentre quella relativa al periodo giorno x+1 luglio 31 dicembre 2020 dovrà essere sottoposta a tassazione esclusiva in Svizzera e, pertanto, non assoggettata ad imposizione nel nostro Paese".

A questo proposito, risulta interessante riportare quanto affermato dall’Agenzia con circolare n. 33/2020 par. 7.8, titolato “Emolumenti variabili percepiti nel periodo di imposta di acquisizione della residenza fiscale in Italia, riferibili a periodi di imposta in cui l’impatriato era residente all’estero”. In tal caso l’Agenzia aveva esaminato la possibilità di estendere il regime impatriati a redditi percepiti dal soggetto successivamente al trasferimento in Italia ma riferiti a prestazioni lavorative svolte in periodi d’imposta precedenti al rientro, durante i quali risultava fiscalmente residente all’estero. L’Agenzia concludeva decretando l’impossibilità di estensione del regime agevolato a tali redditi.

Contestualmente l’amministrazione affermava anche: “In ogni caso, in base al criterio ordinario di tassazione su base mondiale in virtù della residenza fiscale nel territorio dello Stato, tutti gli emolumenti variabili, percepiti nei periodi d’imposta in cui l’impatriato è fiscalmente residente in Italia, sono qui soggetti ad imposizione, ancorché gli stessi si riferiscano a prestazioni lavorative svolte mentre lo stesso era residente all’estero. Tali emolumenti, pertanto, sono assoggettati a imposizione ordinaria in Italia, senza fruire dell’agevolazione in commento, fatta salva la concessione del credito per le imposte pagate all’estero, al ricorrere delle condizioni di cui all’articolo 165 del TUIR, per risolvere l’eventuale doppia imposizione”.

Tale ultima affermazione, in considerazione delle specifiche rese dal medesimo istituto a mezzo delle recenti risoluzioni, si potrebbe circoscrivere alla generalità dei casi, eccezion fatta evidentemente, almeno, ai casi di Svizzera e Germania.

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