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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 23 luglio 2021 il decreto legge n. 105 del 23 luglio 2021 recante “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche”.
Oltre alla proroga dello stato di emergenza fino al 31 dicembre 2021 (e dei relativi termini correlati, elencati nell’allegato A dello stesso decreto) ed ai nuovi parametri di riferimento per la definizione del colore delle regioni, il D.L. 105/2021 stabilisce le modalità di utilizzo del certificato verde, c.d. Green Pass.
Non pochi (nonché complessi) i dubbi riferibili al campo di applicazione di tale disposizione. Se appare chiaro che la platea dei destinatari, lettera della norma, sia l’utenza del servizio o attività, nulla viene precisato in merito a coloro i quali lavorano nei medesimi settori (o connessi – pensiamo alle mense aziendali).
Cosa dobbiamo fare dunque?
Green Pass in breve: cos’è, da quando e dove sarà obbligatorio
Il Certificato verde (che si ricorda esser stato introdotto dal c.d. “decreto anti-Covid” del 22 aprile 2021), è un documento comprovante una delle seguenti tre condizioni:
- La vaccinazione anti-covid, in particolare la somministrazione della prima dose di vaccino anti-Covid (avente validità dal quindicesimo giorno successivo fino alla data prevista per la somministrazione della seconda dose, nel caso di vaccino a doppia dose, e ad ogni modo validità di nove mesi dal completamento del ciclo vaccinale)
- La guarigione dall’infezione da Sars-CoV-2 (con validità di 6 mesi)
- L’effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con esito negativo al virus (avente validità 48 ore).
L’art. 3 del decreto in esame “Impiego certificazioni verdi COVID-19” specifica che tale documentazione (attualmente limitata all’accesso nelle residenze per anziani e alle feste di matrimonio) sarà richiesta dal 6 agosto 2021 poter svolgere o accedere alle attività o ambiti di seguito indicati:
- Servizi per la ristorazione svolti da qualsiasi esercizio per consumo al tavolo al chiuso
- Spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi
- Musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre
- Piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso
- Sagre e fiere, convegni e congressi
- Centri termali, parchi tematici e di divertimento
- Centri culturali, centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, i centri estivi e le relative attività di ristorazione
- Attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò
- Concorsi pubblici.
In ordine ai servizi ed attività per le quali è stato introdotto l’obbligo del green pass, si è stabilito che i titolari o i gestori siano tenuti a verificare che l’accesso presso gli stessi avvenga nel rispetto delle prescrizioni di cui al medesimo articolo. Sarà comunque possibile nominare (ma solo formalmente) dei lavoratori che avranno il compito di rilevare la presenza della certificazione.
L’art. 13, comma 4 del D.P.C.M. 17 giugno 2021, infatti precisa che “i soggetti delegati […] sono incaricati con atto formale recante le necessarie istruzioni sull’esercizio dell’attività di verifica”.
Questo implica pertanto che la nomina dovrà essere corredata delle informazioni gestionali per la corretta supervisione dell’ingresso degli utenti, nel rispetto delle disposizioni vigenti.
Green Pass nei luoghi di lavoro: richiesto ai clienti e/o ai lavoratori?
Dalla lettura del decreto emerge, anzitutto, un dubbio di estrema rilevanza. La certificazione va richiesta, dal 06 di agosto 2021, sicuramente alla “clientela” ma anche ai lavoratori interessati dai settori di riferimento?
La norma in discussione fa esplicito riferimento ai termini “accesso” e “servizi e attività” (successivamente precisati), per cui da un punto di vista strettamente formale e letterale sembrerebbe sussistere un obbligo di richiesta della certificazione verde soltanto agli utenti i quali accedono alle attività e/o fruiscono dei relativi servizi, ma non ai lavoratori (ad eccezione dei dipendenti appartenenti al settore sanitario, i quali sono espressamente investiti da un obbligo di vaccinarsi, in virtù dell’art. 4 DL 44/2021).
In effetti il decreto si “dimentica” chiaramente la categoria dei lavoratori coinvolti, differenziando gli stessi dalla clientela, con effetti che risultano paradossali (ad esempio il cliente munito di certificato verde all’interno di un locale chiuso servito da un cameriere privo di green pass).
Se però si esamina la ratio del disposto normativo (incentrata sulla volontà di fronteggiare l’emergenza epidemiologica e ad assicurare l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche) e se ne vuole comprendere la sostanza, appare evidente che anche i lavoratori dipendenti dei settori interessati debbano essere in possesso del green pass per accedere ai locali.
Non solo. Dato che le attività di riferimento, disciplinate dal predetto articolo 3, sono diverse, la presenza del green pass potrebbe essere richiesta anche da chi, ad esempio, non ne è richiamato normativamente (pensiamo all’industria metalmeccanica) ma che si trovi ad avere delle interessenze con i settori in discussione (accesso alla mensa aziendale).
Dovrebbe dunque darsi rilievo non tanto alla formalità del disposto normativo ma alla sua essenza ovvero quella di consentire l’esercizio di attività che, ricordiamolo, sono già state oggetto di lockdown (con critiche e asserite limitazioni alle libertà personali). In tal senso se ne può desumere come il decreto in esame non faccia esplicito riferimento alla clientela ma “all’accesso” (in un luogo chiuso) ponendo con ciò l’accento sulla tutela collettiva e sulla necessità di evitare il diffondersi del Covid-19.
Tali finalità possono essere soddisfatte soltanto prescindendo dalla qualifica dei soggetti che accedono ai locali, siano essi lavoratori o utenti.
Non si deve inoltre dimenticare come il green pass, lungi dall’identificarsi con il vaccino, può essere rilasciato altresì a seguito di tampone negativo o di guarigione dal Covid-19 e che, dunque, all’obbligo di esibire la certificazione non corrisponde l’obbligo di vaccinazione.
Sia chiaro, sicuramente la norma presenta delle lacune vistose e le opinioni o interpretazioni della stessa possano essere difformi.
C’è chi, come la Fondazione Consulenti del Lavoro, fa espressamente riferimento al concetto non tanto di green pass ma di “idoneità” alla mansione, rimettendo al medico competente la valutazione dell’esistenza o meno della stessa.
In effetti la Fondazione precisa “Con riferimento specifico al trattamento di dati personali riguardanti il Green pass, assimilandolo a quello relativo alla vaccinazione dei dipendenti, si osserva che il datore di lavoro deve assicurare che i dipendenti “non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità” e nell’affidare i compiti ai lavoratori deve essere tenuto conto “delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e sicurezza”.
Secondo tale visione solo il medico competente “nell’ambito delle proprie attività di sorveglianza sanitaria, è invece l’unico soggetto legittimato a trattare i dati sanitari dei lavoratori e a verificare l’idoneità alla “mansione specifica”. Il datore di lavoro infatti non può acquisire, neanche con il consenso del dipendente o tramite il medico competente, i nominativi del personale vaccinato o la copia delle certificazioni vaccinali e quindi del Green pass.”. Ne deriverebbe che “Il tema del trattamento dei dati relativi al Green pass e, più in generale, alla vaccinazione può essere inquadrato nell’ambito della verifica dell’idoneità alla mansione specifica, che consente quindi al medico competente (e solo a lui), di emettere giudizi di idoneità parziale e/o inidoneità temporanee per i lavoratori non vaccinati (salvo che il rischio non possa essere ridotto con misure di protezione e/o organizzative alternative e di eguale efficacia)”.
Tale impostazione, se condivisibile in quelle attività per le quali vi è un obbligo normativo alla vaccinazione (vedasi il personale sanitario dove la vaccinazione è requisito per l’espletamento dell’attività) non sembra applicabile nel caso della certificazione verde, dove non si ravvede un disposto normativo chiaro ed univoco che imponga al personale che presta attività nei settori richiamati (bar, ristoranti, centri termali) di avere o esibire il “mitico” certificato.
Pur considerando le giuste criticità di questa norma, si deve ritenere che i dipendenti riferiti ai settori di cui all’art 3 del D.L. n. 105/2021 debbano essere in possesso del green pass per l’accesso ai locali di riferimento.
La ratio della norma è la seguente:
- Si tutela il concetto di utenza, intendendo non la clientela ma chiunque acceda ad un luogo chiuso
- Tra le altre cose un luogo che si presta ad essere affollato per definizione
- Deve rilevarsi come la parola “accesso” di cui al citato articolo terzo evidentemente vuole riferirsi alla tutela collettiva e alla necessità di evitare il diffondersi del virus a prescindere dalla qualifica dei soggetti che accedono (quindi anche i dipendenti).
Il 06 di agosto è molto vicino. Una interlocuzione con il medico competente e con l’RSPP ed i comitati covid appare sicuramente necessaria.
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