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L’articolo 9 del Disegno di Legge Lavoro, presentato alla Camera dei Deputati lo scorso 6 novembre 2023 ed approvato il primo maggio scorso, sembra fornire una risposta affermativa ad un quesito invocato da tempo: l’assenza ingiustificata del lavoratore può essere qualificata come comportamento concludente dello stesso, equiparandolo così alla manifestazione di una volontà dimissoria?

Più semplicemente. Perché il lavoratore che non si presenta a lavoro volontariamente deve percepire la c.d. NASpI?

Cerchiamo di capire la situazione attuale, per poi esaminare i corretti del citato articolo 9.

Disoccupazione involontaria e NASpI

Il tutto nasce da un assunto benedetto dal Ministero del Lavoro e dall’INPS.

Il Ministero del Lavoro, con risposta interpello n°13/2015, di fronte al quesito “la nuova indennità di disoccupazione possa essere riconosciuta anche in favore dei lavoratori licenziati per motivi disciplinari?” esprime la propria posizione precisando come “appare conforme al dato normativo, specie in ragione della nuova formulazione, considerare le ipotesi di licenziamento disciplinare quale fattispecie della c.d. “disoccupazione involontaria” con conseguente riconoscimento della NASpI.”

Banalizzando: nel licenziamento disciplinare, che consente di avere accesso all’ammortizzatore sociale espulsivo (legato al concetto di disoccupazione involontaria), rientrano sia le ipotesi di licenziamento per motivi soggettivi (scarso rendimento ad esempio) che per giusta causa (come, ad esempio, assenza prolungata).

L’INPS, dal canto suo con circolare n°142/2015, rincara la dose: “Il licenziamento disciplinare, infatti, non può essere inteso quale evento da cui derivi disoccupazione volontaria in quanto la misura sanzionatoria del licenziamento non risulta conseguenza automatica dell’illecito disciplinare ma è sempre rimessa alla libera determinazione e valutazione del datore di lavoro, costituendone esercizio del potere discrezionale”.

Come se l’azienda, di fronte ad assenze di lunghissima durata, avesse questo enorme “potere discrezionale”.

Ecco da dove nasce l’equazione assenza prolungata ingiustificata uguale accesso alla NASpI.

Cosa prevede il disegno di legge

Come si evince dalla lettura dell’art. 9 in parola, “in caso di assenza ingiustificata protratta oltre al termine previsto dal contratto collettivo” o, in sua assenza, per un periodo di tempo “superiore a cinque giorni, il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore” e, per tale ragione, non si ritiene applicabile la disciplina di cui all’art. 26 del Decreto Legislativo n. 151 del 2015, in materia di “dimissioni” (con specifico riferimento all’obbligo di presentare le dimissioni in modalità telematica, pena la loro inefficacia).

Se il disegno di legge venisse approvato nella sua attuale versione bollinata, l’assenza ingiustificata del lavoratore costituirebbe, d’ora in avanti, un valido motivo di risoluzione del rapporto di lavoro per volontà del lavoratore, sollevando la società dall’obbligo di versare il cosiddetto “ticket di licenziamento” (poiché verrebbe a mancare il presupposto di recesso datoriale) e con conseguente impossibilità, da parte del lavoratore dimissorio, di accedere alla NASpI.

A livello giurisprudenziale, tuttavia, la previsione dell’articolo 9 del disegno di legge in trattazione, alla quale si riconosce il merito di formalizzare a livello normativo un orientamento sempre più auspicato, era già stata in parte affrontata da alcune significative pronunce del Tribunale di Udine (si pensi alla sentenza del 27 maggio 2022 o all’ordinanza n. 106 del 2020) nonché dalla sentenza del Tribunale di Monza del 2 aprile 2019.

Semplificando, tali pronunce avevano tentato di sovvertire l’odiosa prassi inventata dal binomio Ministero / INPS, consegnando soluzioni di pacifico bon senso.

Una prima conferma si riscontra nella sentenza del Tribunale di Monza del 2 aprile 2019. Il Giudice, in seguito ad una prolungata assenza ingiustificata del lavoratore (peraltro rafforzata dalla successiva instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro con un’altra azienda), aveva ritenuto il comportamento del lavoratore come concludente e, dunque, cessato per manifesta volontà del lavoratore.

Analogamente, il Tribunale di Udine, nella sentenza del 17 maggio 2022, riteneva la fattispecie in esame equiparabile alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, senza dunque che l’ex dipendente potesse beneficiare della NASpI e, di conseguenza, ritenendo la Società esonerata dal versamento del cosiddetto “ticket di licenziamento”.

Si evidenzia dunque come la giurisprudenza in materia avesse già iniziato a manifestare un progressivo avvicinamento alla tematica del “comportamento concludente del lavoratore” in caso di assenza ingiustificata.

Ora il futuro, probabile, testo dell’art 9 del ddl approvato in data primo maggio, non fa che raccogliere gli orientamenti giurisprudenziali e tentare di mettere fine ad una prassi che, evidentemente, con lo stato di disoccupazione involontaria ha poco o nulla a che fare.

I futuri dubbi

Seppur riconoscendo la riforma rappresentata dall’art. 9 del Disegno di Legge Lavoro, del quale si intende sottolineare il merito nell’aver accolto e tutelato la condizione di debolezza datoriale nel trinomio “assenza, recesso, NASpI”, molti saranno i dubbi applicativi. Banalmente:

  • il datore di lavoro dovrà comunicare al lavoratore di aver recepito “il suo comportamento come concludente e dimissorio?”. Invero, sarà cura del datore di lavoro significare al dipendente di aver “preso atto” che l’assenza integra una fattispecie giuridica? Oppure avrà senso in ogni caso procedere con una contestazione disciplinare chiedendo lumi sul “fatto giuridico” ovvero l’assenza, prima di definirla tale?
  • da quando decorreranno le dimissioni in caso di assenza ingiustificata? E come la mettiamo con il preavviso?
  • ma poi, siamo davvero sicuri che se un lavoratore/trice volesse accedere alla cara NASpI non vi riuscirà ugualmente, magari facendo ricorso ad essenze tattiche nei week end le quali, in molti Ccnl, vengono anch’esse “punite” con il licenziamento per giusta causa? Non aveva forse senso escludere tale fattispecie dalla disoccupazione involontaria?

Staremo a vedere.

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