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Come ormai noto, la legge n. 85 del 3 luglio 2023 ha convertito, con modificazioni, il testo del decreto n. 48 del 2023, cosiddetto Decreto Lavoro, la cui emblematica pubblicazione in concomitanza con la festa dei Lavoratori (1° maggio 2023) ha sancito l’inizio di un periodo di profonde riforme in ambito giuslavorista, arricchite, nelle ultime settimane, dalle interpretazioni e precisazioni fornite dall’Inps e dall’Agenzia delle Entrate sui principali punti nevralgici del testo normativo.

Di particolare rilevanza, come già evidenziato dalle numerose analisi diffuse nel corso degli ultimi due mesi, risultano essere le tematiche relative:

  1. all’innalzamento della soglia di esenzione dei fringe benefit pari a 3.000 euro per i soli lavoratori dipendenti con figli a carico (art. 40 del decreto lavoro). A tal proposito si esporrà, nelle righe a seguire, la posizione espressa dall’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 23 del 1° agosto 2023 recante proprio “welfare aziendale – chiarimenti interpretativi”;
  2. alle modifiche introdotte all’art. 19 del d.lgs. 81 del 2015 in materia di tempi determinati (art. 24 del decreto lavoro).

In relazione a quest’ultimo punto, si evidenzia come il legislatore sia ulteriormente intervenuto sul punto attraverso il cosiddetto decreto Maltempo (convertito dalla legge n. 100 del 31 luglio 2023), forte anche delle difficili condizioni climatiche e meteorologiche che hanno coinvolto il suolo italiano nel corso degli ultimi due mesi, rendendo particolarmente difficoltosa l’attività lavorativa nelle zone individuate dal precitato decreto, come si vedrà in seguito.

L’articolo 40 del decreto lavoro alla luce della circolare n. 23 dell’Agenzia delle Entrate (1° agosto 2023)

Come anticipato, l’articolo 40 del decreto legge n. 48 del 2023 ha stabilito che, per il solo periodo di imposta 2023, ed esclusivamente in favore dei dipendenti con figli a carico sia disposto un innalzamento della soglia di esenzione dei cosiddetti fringe benefit da 258 euro (art. 51, comma 3, Tuir) a 3.000 euro.

Tale misura rappresenta invero un meccanismo al quale siamo ormai avvezzi: basti pensare alle numerose agevolazioni riconosciute dal legislatore nel corso del triennio precedente in materia di “fringe benefit” (al 31 dicembre 2022, si ricorda, la soglia di esenzione di cui all’art. 51, comma 3, del Tuir era individuata in euro 3.000 per la generalità dei lavoratori dipendenti, a prescindere dal rispetto dei requisiti di cui all’art. 12 del Tuir).

La novità è invero rappresentata non tanto dallo strumento scelto quanto dall’ambito di applicazione delineato dall’articolo 40 del decreto che, si ricorda, dispone l’applicazione della misura solo nei confronti dei lavoratori dipendenti che abbiano a proprio carico dei figli conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 12 del Tuir.

Ciononostante, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sul punto in data 1° agosto 2023, evidenziando alcuni punti di rilievo in merito alla piena e corretta applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 40 del decreto Lavoro.

In primis, l’Agenzia ha sottolineato come si considerino figli fiscalmente a carico quelli con un reddito non superiore a 2.840,51 euro (al lordo degli oneri deducibili) e, per i figli over ventiquattro anni, con un reddito non superiore a 4.000 euro. Il ricorrere di tale condizione è da verificarsi con riferimento al 31 dicembre di ogni anno: pertanto, trattandosi di un’agevolazione inerente esclusivamente all’annualità 2023, il superamento di tale soglia dovrà essere verificato alla data del 31 dicembre 2023 – e dunque in un momento successivo rispetto, non solo all’entrata in vigore del testo di legge ma, ancora più rilevante, rispetto alla sua applicazione.

Al verificarsi di tale condizione, poi, l’Agenzia si esprime favorevolmente in merito al riconoscimento della misura “intera” (da intendersi, pari a 3.000 euro di esenzione), a ciascun genitore, anche in presenza di un soggetto figlio unico, purché il medesimo sia fiscalmente a carico di entrambi i genitori e che gli stessi siano qualificabili come lavoratori dipendenti.

Al contempo, l’agevolazione in parola è da ritenersi pienamente compatibile sia con l’applicazione delle detrazioni per figli a carico (art. 12 del Tuir, novellato dalla legge di bilancio del 2022) che con la percezione dell’Assegno Unico Universale che, invero, ha sostituito le detrazioni “in busta paga” per i lavoratori con figli a carico al di sotto dei ventuno anni di età (fermo il rispetto delle condizioni per la sua erogazione).

Oltre all’innalzamento della soglia di esenzione, l’articolo 40 riconosce in favore dei medesimi soggetti (lavoratori dipendenti con figli a carico) la possibilità che il datore di lavoro rimborsi o eroghi delle specifiche somme per il pagamento delle bollette di luce, acqua e gas. Al contrario, nei confronti della restante platea dei lavoratori, rimane vigente:

  1. l’originaria previsione di cui all’articolo 51, comma 3, del Tuir, che prevede l’individuazione della soglia di esenzione nel limite di 258,23 euro;
  2. l’esclusione, da tale soglia, delle somme erogate per il pagamento delle bollette di luce, acqua e gas che, in assenza di una espressa deroga disposta dal legislatore, si considerano “reddito imponibile di lavoro dipendente” in ragione della sua onnicomprensività.

Per quanto attiene in senso stretto alla modalità di applicazione della norma, la circolare precisa che il datore di lavoro possa riconoscere tale agevolazione solo previa dichiarazione da parte del lavoratore dipendente nel quale indichi il codice fiscale del figlio o, se più, dei figli a carico (al 31 dicembre 2023).

Si palesano pertanto due meccanismi sottostanti:

  • in primis, l’esigenza che il lavoratore presenti una autocertificazione al datore di lavoro, pena l’esclusione dall’ambito di applicazione dell’art. 40;
  • la necessità che il lavoratore, laddove venga meno la condizione di cui all’articolo 12 del Tuir, informi prontamente il datore di lavoro circa la decadenza dal beneficio stesso.

Laddove, sulla base delle informazioni fornite dal lavoratore, il beneficio venga corrisposto in modo indebito, il datore di lavoro provvederà nei periodi paga successivi (e, al massimo, entro le operazioni di conguaglio di fine anno o in sede di cessazione), al recupero delle somme non spettanti.

In aggiunta, come disposto dall’ultimo periodo del primo comma dell’articolo 40, i datori di lavoro provvedono all’attuazione dell’agevolazione previa informativa alle r.s.u., dove presenti. A tal proposito l’Agenzia si esprime sostenendo che, invero, l’agevolazione possa essere concessa anche prima della diffusione della predetta informativa, purché la stessa sia diffusa entro la chiusura del periodo di imposta relativo all’annualità 2023.

Infine, per quanto riguarda la compatibilità tra il disposto di cui all’articolo 40 del decreto in parola e il “bonus carburante”, la circolare sottolinea come le due misure siano da ritenersi “ulteriori, diverse e autonome” e, pertanto, pienamente compatibili (e cumulabili) tra loro.

Ulteriori previsioni sul tempo determinato: l’articolo 7-bis del decreto Maltempo

Tra le misure approvate in sede di conversione del decreto legge n. 61 del 1° giugno 2023, si evidenziano i contenuti dell’articolo 7-bis in materia di “tempo determinato”.

Il legislatore dispone in tale sede che fino al 31 agosto 2023, in deroga all’articolo 21 del decreto legislativo n. 81 del 2015, potranno essere prorogati i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione, fermo il limite complessivo di ventiquattro mesi per le imprese con sede legale o operativa nei territori specificamente individuati dal decreto.

Il riferimento, in questo caso, è ai Comuni e ai territori coinvolti dagli eventi alluvionali di inizio estate nelle regioni di Emilia Romagna, Marche e Toscana.

Si ritiene ammesso il rinnovo o la proroga dei contratti di lavoro subordinato, anche in assenza delle condizioni di cui al novellato articolo 19 del decreto legislativo n. 81 del 2015 (modificato dall’art. 24 del decreto lavoro), che prestino la propria attività di lavoro nelle sedi predette e siano impossibilitati a prestare la propria attività lavorativa. Requisito, quest’ultimo, che deve coesistere con i territori alluvionati.  Quale sarà la prova della “impossibilità” allo svolgimento dell’attività lavorativa, sarà da capirsi.

Restano invero esclusi i territori coinvolti dalle successive ondate di maltempo che hanno in larga parte coinvolto le Regioni del Nord-Italia, ivi comprese Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia.

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