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Il Senato della repubblica, nella seduta del 11.12.2024, ha approvato il disegno di legge c.d. definito DDL lavoro.

Non si tratta di un disposto normativo banale.

Frutto di una partenogenesi che risale a maggio 2023 (esattamente il primo maggio, strane le coincidenze vero?) la stessa, che alla data di redazione della presente (16 dicembre 2024) non risulta ancora pubblicata in Gazzetta Ufficiale reca importanti le novità tra le quali spiccano disposizioni in materia di periodo di prova e tempi determinati, la tanto attesa norma di interpretazione autentica in riferimento alla stagionalità del contratto a termine, la lotta alle c.d. NASpI volontaria (ovvero l’introduzione di possibili dimissioni per fatti concludenti in caso di assenza) e nuove procedure per le comunicazioni del lavoro agile.

Vediamole assieme, non limitandoci alla mera esposizione della norma. D’altronde il detto “a Natale si è tutti più buoni” non è mai appartenuto a chi scrive che preferisce essere “criticamente onesto” ogni giorno dell’anno.

Cogliamo l’occasione di questo Editoriale per ringraziarVi tutti. Il 2024 per noi è stato un anno davvero inteso, ricco di soddisfazioni (sede nuova, nuova APP, nuovi servizi) ed il prossimo futuro che avanza sembra decisamente più sfidante, con altri progetti all’orizzonte. Grazie davvero a tutti. Vi ricordiamo che venerdì 22 dicembre eccezionalmente nel ns servizio di IN FORMAZIONE LIVE (la consueta rassegna stampa normativa in onda ogni venerdì dalle ore 9.30 alle ore 10.00 per gli abbonati) tratteremo il Decreto lavoro nelle sue componenti.

Ancora auguri da parte di CTP.

La nuova stagionalità

L’articolo 11 del testo approvato, rubricato “Norma di interpretazione autentica dell’art. 21 c. 2 D.Lgs 81/2015 in materia di attività stagione” dispone come l’articolo 21 comma secondo del D.Lgs 81 del 2015 “ si interpreta nel senso che rientrano nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n.1525, le attività organizzate per far fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, ai sensi dell’articolo 51 del citato decreto legislativo n.81 del 2015”.

Nei fatti si tratta di una chiara disposizione di legge, peraltro naturalmente retroattiva (in quanto legge di interpretazione autentica – vedremo se sarà ritenuta tale dalla magistratura), che muove dalla volontà di sovvertire l’orientamento consolidato della suprema corte di Cassazione in tema di stagionalità unicamente “climatica” e ben distinta dai picchi produttivi (vedasi su tutte Cassazione n°9243 del 04 aprile 2023).

Si badi bene. Il tutto ha senso se la contrattazione collettiva è stata capace di determinare le attività stagionali in modo “solido” e strutturato. In tal senso, banalmente, due dei contratti che maggiormente racchiudono operatori interessati dalla stagionalità (il contratto collettivo del Turismo, con particolare riferimento agli Alberghi ed il contratto collettivo dei Pubblici Esercizi) non sembrano poter cogliere le opportunità normative del decreto lavoro.

Il periodo di prova dei tempi determinati

L’articolo 13 del nuovo decreto dispone specifiche peculiarità in tema di patto di prova con riferimento ai tempi determinati.

In effetti la volontà del legislatore è quella di integrare il c.d. decreto trasparenza (D.Lgs n°104 del 2022) introducendo il seguente periodo “Fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi”.

Cosa vorrà dire, disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva (in seno ad un patto che per sua natura è bivalente e, ben vedere, apporta benefici teorici ad ambo le parti) sarà tutto da scoprire.

È logico pensare che, probabilmente, questo disposto parte dal presupposto che il periodo di prova sarà costituito dal contratto a termine stesso il quale vedrà il suo prorogarsi al “superamento” del termine inizialmente pattuito. 

Dimissioni per fatti concludenti. Vero?

L’articolo 19 del decreto introduce il tanto dibattuto tema delle dimissioni per fatti concludenti, al fine di poter fine a quella prassi di malcostume identificata nell’assenza volontaria e tattica preordinata al licenziamento e conseguente NASpI in favore del lavoratore.

Il disposto, introducendo un nuovo comma all’art 26 del D.Lgs 151 del 2015, precisa «7-bis. In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo.

Le disposizioni del secondo periodo non si applicano se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza».

La norma va letta tenendo conto dei passaggi obbligatori e/o eventuali. La sua struttura è questa:

  • Al verificarsi della fattispecie (assenza ingiustificata del lavoratore oltre i termini da Ccnl o oltre 15 giorni)
  • Il datore di lavoro “ne da comunicazione alla sede territoriale” dell’ITL. Il tempo verbale è imperativo, non essendo ancora chiaro cosa succede se il datore di lavoro non comunichi questa circostanza (potrà non farlo?);
  • L’ITL “potrà” verificare la veridicità della “comunicazione”. Si innesca dunque la tematica della comunicazione, la quale dovrà quasi certamente essere circoscritta da future circolari dell’ispettorato Nazionale del lavoro (in merito a cosa dovrà contenere, a come trasmetterla – pec – etc). In ogni caso tale atto “potrebbe” essere valutato dall’Ispettorato, con termini e tempistiche ad oggi da chiarire;
  • Fermo restando che il rapporto si intende risolto, ex lege, per volontà del lavoratore (quindi con esclusione della NASpI), tale conseguenza potrà non verificarsi se, a fronte di un contraddittorio tra ITL e lavoratore, quest’ultimo dimostri i motivi che giustificano la sua assenza.

Come questo percorso di scelta si coordinerà con i consueti adempimenti aziendali (verso o non verso il contributo NASpI? Che comunicazione al centro per l’impego faremo? Cosa scrivere al dipendente nella fase contingente?) sarà da vedersi.

Non solo. Ma nel caso di fattispecie promiscue (assenza a fronte di un alterco verbale litigioso – assenza non unitaria ma frazionata e ripetuta nel tempo tale da non integrare la fattispecie da Ccnl ma comunque pregiudizievole per l’organizzazione) come dovremmo comportarci? Non era forse meglio censurare la NASpI alla fattispecie del licenziamento per giusta causa e non tipizzarne le condotte?

Smart working

Da ultimo, ma non ultimo, una disposizione di semplificazione connessa al c.d. lavoro agile. L’articolo 14 rubricato “Termine per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile” dispone come la comunicazione di attivazione dello smart working dovrà essere effettuata “entro cinque giorni dalla data di avvio del periodo oppure entro i cinque giorni successivi alla data in cui si verifica l’evento modificativo della durata o della cessazione del periodo di lavoro svolto in modalità agile».

Dilazioni con l’inps

Sotto l’albero vi sono novità anche nei rapporti con l’INPS.

In effetti, tuona l’articolo 23 della neo norma, “A decorrere dal 1° gennaio 2025, l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) possono consentire il pagamento rateale dei debiti per contributi, premi e accessori di legge a essi dovuti, non affidati per il recupero agli agenti della riscossione, fino al numero massimo di sessanta rate mensili, nei casi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare, sentiti l’INPS e l’INAIL, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, e secondo i requisiti, i criteri e le modalità, anche di pagamento, disciplinati, con proprio atto, dal consiglio di amministrazione di ciascuno dei predetti enti, al fine di favorire il buon esito dei processi di regolarizzazione assicurando la contestualità della riscossione dei relativi importi ».

È vero che a natale si è tutti più buoni. INPS compresa.

Contratti misti

Vi è poi un istituto che, devo dirlo, mi affascina.

Sia chiaro. Siamo ben lontani dall’obbiettivo, davvero sfidante, di cambiare completamente paradigma contrattuale e portare allo snaturamento del contratto di lavoro subordinato, ancora oggi legato al concetto di locatio operàrum per avvicinarlo alla locatio operis.

Non preoccupiamoci degli altisonanti paroloni ed andiamo alla concretezza.

Oggi il rapporto subordinato è ancora collegato al concetto di orario di lavoro, quale elemento fondamentale dello stesso (pensiamo alla retribuzione riferita, al di là del personale direttivo, al tempo). Stiamo però assistendo, anche grazie ad istituti sempre più vitali come lo “smart working” ad un cambio di “marcia” dato che la gestione del tempo può essere rimessa anche al lavoratore (entro certi confini) al fine di valorizzare, come era nelle intenzioni del legislatore del 2017 (Legge 22 maggio 2017 n°81 articoli 18) il contemperamento di esigenze personali e, inutile legarlo, il risultato.

Lasciamo stare il covid e quel nefasto periodo (dove si definiva lavoro agile ciò che non era tale) e pensiamo a questo. Nella mente istitutiva della norma del lavoro agile, si consegnava alle parti la possibilità di consentire al lavoratore la disposizione del proprio tempo, puntando verso un “risultato” più che una prestazione di mezzi. Non a caso lo SW era riferito a lavoratori “qualificati” o “produttivi” per i quali la concessone di tale istituto era vissuta quasi come un benefit.

Li, proprio in quel periodo, abbiamo assistito alla prima alba di un rapporto subordinato dove il tempo (lavorativo) veniva in qualche modo messo in secondo piano.

Questa premessa serve a capire bene cosa potrebbe aver previsto il decreto lavoro all’articolo 17 rubricato “applicazione del regime forfettario nel caso di contratti misti”.

Seppur con un intento decisamente più pragmatico (ossia concedere a dei lavoratori subordinati di poter aver accesso, in caso di apertura di partiva iva in libera professione, al c.d. regime forfettario fiscale di cui alla legge 190 del 2014 presso lo stesso datore di lavoro precedente), tale norma consente la creazione di contratti “misti” ovvero “contratto di lavoro subordinato a tempo parziale e indeterminato, con un orario compreso tra il 40 per cento e il 50 per cento del tempo pieno previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato” e compresenza di lavoro autonomo libero professionale (in regime forfettario), previa certificazione a cura delle commissioni ex D.Lgs 276/2003 (e nelle aziende che occupano oltre 250 dipendenti).

Norma chiaramente da digerire e che apre il varco a mille dubbi (uno dei quali già fugato dal legislatore ovvero le prestazioni devono riguardare attività non sovrapponibili nemmeno in parte). Ma chissà che l’eventuale utilizzo di questo istituto ci consenta di lanciarci, laddove possibile, ci consenta di arrivare ad una prestazione che guardi al risultato ma non perda una matrice subordinata.

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