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Con la recente ordinanza n. 8958 del 31 marzo 2021 la Cassazione ha stabilito la legittimità della richiesta da parte del datore di lavoro ai propri dipendenti di prestare l’attività lavorativa nei giorni festivi, purché tale previsione sia pattuita con accordo individuale.

Precedenti orientamenti giurisprudenziali

In precedenza, veniva più volte ribadito come non fosse sufficiente la mera indicazione nel contratto di lavoro della disponibilità a svolgere la prestazione lavorativa durante le festività.

Basti pensare alla precedente sentenza della Corte d’Appello di Trento del 30 gennaio 2017 (conformemente all’esito del primo grado di merito presso il Tribunale di Rovereto) con la quale era stata considerata dal contenuto indeterminato una clausola del contratto individuale con la quale il lavoratore si obbligava a svolgere prestazioni nelle festività civili e religiose (settore Commercio GDO) attivabile discrezionalmente dal datore di lavoro.

Secondo la Corte la clausola così formulata stabiliva per il datore di lavoro “l’esercizio di un suo esclusivo quanto insindacabile diritto ad esigere la prestazione lavorativa anche nei giorni di festività” e pertanto veniva dichiarata nulla dalla Corte Trentina in quanto volta a eludere la disciplina generale in materia di festività.

La Suprema Corte boccia la ricostruzione operata dai giudici trentini che, se fosse stata accolta come orientamento consolidato, avrebbe creato non pochi problemi gestionali ai settori del commercio e dei pubblici esercizi.

Lavoro festivo stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro

Nonostante in diversi contratti collettivi sia prevista la possibilità di richiedere il lavoro durante i giorni festivi, la giurisprudenza di legittimità si era sempre espressa in senso negativo.

Vedasi quanto stabilito nella sentenza 18887/2019 della Cassazione, la quale sancisce la nullità delle clausole di contratti collettivi che prevedono l’obbligo dei dipendenti di lavorare nei giorni di festività infrasettimanale, in quanto gli stessi sarebbero “incidenti sul diritto dei lavoratori – indisponibile come detto da parte delle organizzazioni sindacali – di astenersi dalla prestazione".

Peculiare è il fatto che i Ccnl nei quali vengono indicate clausole di tale natura non sono di certo marginali, vedasi a titolo di esempio la pattuizione del Ccnl Metalmeccanica industria, Titolo III, all’articolo 7: “nessun lavoratore può rifiutarsi, salvo giustificato motivo, di compiere lavoro straordinario, notturno e festivo” ed è quindi opportuno per le aziende prestare estrema attenzione nel pretendere lavoro festivo in assenza di accordo individuale, tenuto conto anche del fatto che, oltre ad essere ormai consolidato tale orientamento giurisprudenziale, un eventuale licenziamento o sanzione disciplinare disposti a seguito del rifiuto del lavoratore di svolgere la prestazione avrebbe con tutta probabilità, in sede di contenzioso, esito sfavorevole per la Società.

Lavoro festivo e pattuizione contrattuale

Dati i recenti contrasti sindacali sul tema, in particolare nel settore della grande distribuzione, relativamente alla possibilità del lavoratore di rifiutarsi o meno allo svolgimento di prestazioni lavorative nei giorni festivi, era evidente dovesse arrivare in tempi brevi un orientamento da parte della Corte a cui riferirsi.

Data quindi per assodata la necessaria volontarietà della prestazione festiva mediante accordo col lavoratore, non integrabile direttamente nel Ccnl di riferimento, nella giurisprudenza di merito si apre un nuovo fronte, relativo ad un ulteriore aspetto: le clausole contrattuali “generiche” presenti nelle lettere individuali di lavoro, potrebbero essere considerate titolo non sufficiente per pretendere prestazioni da parte del datore di lavoro.

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, ci aiuta, appunto a dirimere tale questione.

Il contendere che la Corte ha dovuto decidere verteva su 3 lavoratrici alle quali era stata richiesta la prestazione in giornate festive appellandosi ad una specifica clausola nel contratto individuale di lavoro sottoscritta all’atto di assunzione, la quale recitava: “si conviene che, qualora richiesto, lei sarà chiamata a prestare attività lavorativa nei giorni festivi e domenicali, fermo il diritto al riposo previsto dalla legge".

Nelle motivazioni dell’ordinanza della Corte di Cassazione in esame si legge come l’interpretazione data a tale clausola dai giudici di merito della Corte di Trento “espunge dalla ricostruzione del significato (obiettivo) dell’accordo il criterio dell’interpretazione letterale (art. 1362 c.c., comma 1), violando, inoltre, il principio di conservazione del contratto (art. 1367 c.c.)”.

Da una parte, infatti, l’oggetto della clausola è senz’altro determinabile in quanto inequivocabilmente individuabile mediante il riferimento ai “giorni festivi “e, dunque, con un esplicito rinvio alla normativa che individua tali giorni (previsti dalla L. 260/1949), con conseguente esclusione di una determinazione di tali festività rimessa all’arbitrio della parte datoriale.

Il rimando a elementi esterni, non decisi dal datore di lavoro – ma idonei a consentire l’identificazione in modo inequivoco di tali giornate festive – è sufficiente, ai fini della validità e della determinabilità dell’oggetto di una clausola contrattuale di questo tenore.

Con la sottoscrizione del contratto (e di tale clausola ivi contenuta), viene quindi riconosciuto legittimamente al datore di lavoro il potere di richiedere la prestazione lavorativa nei giorni festivi (e domenicali), nel rispetto della normativa dettata in materia di riposo settimanale, come confermato dallo stesso contratto.

Dopo l’analisi della clausola contrattuale, già di per sé sufficiente a determinare l’esito della controversia, la Suprema Corte ricorda inoltre come le festività infrasettimanali, a differenza delle ferie e del riposo settimanale, non sono tutelate dalla Costituzione.

L’astenersi dal lavoro durante le festività infrasettimanali è un diritto soggettivo e, come detto, non disponibile a livello collettivo, ma non è assoluto, potendo il lavoratore, nell’esercizio della propria autonomia individuale (e quindi tramite pattuizione contrattuale), esprimere il consenso a lavorare in tali giornate, come si ricava agevolmente dall’articolo 5, L. 260/1949, che prevede una retribuzione aggiuntiva per i lavoratori che “prestino la loro opera nelle suindicate festività".

In conclusione, appare evidente l’importanza di formulare, soprattutto in settori nei quali le prestazioni nei giorni festivi risultano fondamentali, una clausola ineccepibile apposta nel contratto individuale di assunzione.

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