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Con la sentenza n. 20827 del 30 giugno 2022 la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo il trasferimento di un dirigente componente della RSU occupato presso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ritenendo le motivazioni poste a fondamento del trasferimento non idonee a giustificare la violazione dell’articolo 22 della L. 300/1970, meglio noto come Statuto dei Lavoratori.

Il trasferimento

In generale, il trasferimento può essere definito come lo spostamento, la modifica del luogo di lavoro del dipendente, avente quali requisiti fondamentali il carattere definitivo e non temporaneo, che può essere disposto sia su iniziativa del datore di lavoro, unilateralmente intimato o previo consenso del lavoratore, che su esplicita richiesta del lavoratore stesso, previa accettazione della parte datoriale.

Qualora sia la parte datoriale ad invocare il trasferimento interviene l’art. 2103 del Codice Civile disponendo che “il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”.

In relazione però al trasferimento dei dirigenti delle RSA o dei componenti delle RSU, il potere unilaterale del datore di lavoro – seppur sottoposto alle condizioni di cui all’articolo 2103 del Codice Civile – viene ulteriormente mitigato da quanto disposto dall’articolo 22 della L. 300/1970, finalizzato a tutelare la libertà sindacale ed evitarne qualsivoglia limitazione o ostacolo ingiustificato alla stessa.

Tale restrizione del potere datoriale si evince dalla lettura del precitato articolo, il quale dispone infatti che “il trasferimento dall’unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze sindacali azienda di cui al precedente articolo 19, dei candidati e dei membri di commissione interna può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza[…]”.

L’ottenimento preventivo del nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza rende indubbiamente più oneroso, per il datore di lavoro, il trasferimento del dirigente dal luogo ove abitualmente lavora ed esercita l’attività sindacale e, di conseguenza, circoscrive la possibilità che sia posta in essere una condotta antisindacale.

Non solo: sebbene l’orientamento giurisprudenziale dominante ritenga che l’articolo 22 dello Statuto dei Lavoratori debba ritenersi applicabile solamente ai casi di trasferimenti esterni all’unità produttiva, ciò non comporta una piena liberalizzazione dei trasferimenti cosiddetti interni, intesi come cambi di reparto o ufficio all’interno della stessa unità. Infatti, nonostante non sia richiesto ai fini della validità l’ottenimento del nulla osta, il comportamento datoriale può ritenersi e configurarsi antisindacale – e dunque passibile della tutela di cui all’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori – quando sia oggettivamente idoneo a impedire, limitare o ostacolare l’attività sindacale del dirigente.

Quanto sopra mette in luce l’importanza che il legislatore, già a partire dagli anni Settanta, ha conferito al pieno esercizio dell’attività sindacale nell’ordinamento italiano, ritenendolo un esercizio costituzionalmente riconosciuto da considerarsi di importanza tale da poter legittimamente comprimere la piena espressione del potere datoriale – come nel caso del trasferimento. Tale impianto si conferma anche nella Sentenza n. 20827 in trattazione.

La sentenza n 20827 del 30 giugno 2022, Cassazione Civile, Sezione Lavoro

Con riferimento al caso in questione, risulta innanzitutto fondamentale chiarire il campo di applicazione dell’articolo 22 dello Statuto dei Lavoratori, essendo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli riconducibile al settore pubblico.

A tale prima perplessità, in ragione dell’estensione operata dagli articoli 42 e 51 del D.lgs. 165/2001, c.d. Testo Unico sul Pubblico Impiego, viene fornita una risposta affermativa consistente nell’applicazione anche al settore pubblico dell’art. 22 succitato. Nello specifico, l’articolo 51 dispone che “la legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti”, operando dunque un rimando diretto a quanto contenuto nell’articolo 22.

L’elemento sostanziale di tale sentenza è però riportato nel disposto successivo ove vengono analizzate le motivazioni sottostanti il trasferimento in oggetto. Invero, nel caso di specie il dirigente della RSU dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli era chiamato al proseguo della propria attività lavorativa a contatto con il personale della Guardia di Finanza, che aveva precedentemente condotto delle indagini sulla sua persona.

“Il combinato disposto di tale disposizione avrebbe imposto, per la validità del trasferimento, il previo nulla osta dell’associazione sindacale di appartenenza, senza che fosse utile scrutinare i motivi posti a giustificazione del provvedimento di trasferimento, non potendo le addotte ragioni di incompatibilità ambientale del lavoratore, per effetto del procedimento penale cui era sottoposto, condizionare l’applicazione della disciplina dettata a salvaguardia del prioritario interesse all’espletamento dell’attività sindacale”.

Le ragioni addotte, malgrado la loro fondatezza, non possono qualificarsi ai sensi di quanto affermato dalla Corte di Cassazione come ostative al pieno esercizio e alla piena realizzazione degli oneri prescritti dall’articolo 22, non afferendo tra l’altro a motivazioni in alcun modo ascrivibili alle relazioni sindacali che, come riportato anche nella Sentenza in questione, configurano come interesse di rango prioritario e dunque difficilmente comprimibile dalle giustificazioni prodotte – a maggior ragione se non concretamente limitanti l’esercizio del procedimento di cui all’articolo 22 del già citato Statuto.

A rafforzare quanto sopra esposto, la sentenza riporta inoltre come “in mancanza di nulla osta, non vale scrutinare l’esistenza di situazioni di incompatibilità ambientale atte a sorreggere, ex articolo 2103 del Codice Civile, il trasferimento che, se disposto nei confronti del dirigente sindacale senza l’osservanza delle formalità prescritte – fatto acclarato nella sentenza impugnata e non revocata in dubbio dalla difesa della ricorrente, resterebbe nondimeno inficiato da una presunzione di anti-sindacalità”.

La Corte ha pertanto ritenuto di non poter accogliere il ricorso in esame in quanto ravvisava, per le ragioni di cui sopra, un immotivato restringimento della portata applicativa dell’articolo 22, contrastante con la ratio stessa della disposizione “diretta ed evitare pregiudizio all’attività sindacale nel luogo di lavoro in cui è chiamato ad operare il componente della RSU interessato al trasferimento”.

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