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L’equilibrio tra l’attività professionale e la vita familiare è stato, come noto, oggetto di revisione nell’agosto torrido del 2022. Il tutto non senza dubbi ed incertezze che ancora oggi non sembrano aver trovato soluzioni univoche, se non prese di posizione ministeriali non sempre condivisibili.
Nell’intento di stare al passo con l’evoluzione giuridica, spinti anche dalla giusta parità di genere (che sembra essersi destata dal torpore degli ultimi anni, passando dalle parole ai fatti), le modifiche apportate garantiscono una migliore conciliazione della sfera lavorativa e domestica, assottigliando la differenza tra le tutele per la madre e quelle per il padre.
A tal proposito, in data 29.07.2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.lgs. 30 giugno 2022, n° 105, in attuazione della direttiva UE 2019/1158 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, nel quale viene oltremodo rafforzato il principio della “condivisione della responsabilità di cura tra uomini e donne”. Facciamo chiarezza sulla disciplina attuale.
I congedi parentali
Il D.lgs. 105/2022 è intervenuto a rafforzare le tutele genitoriali ampliando gli orizzonti dei termini previsti per la fruizione dei congedi parentali, attraverso le modifiche apportate agli articoli dal 32 al 34 del D.lgs. 151/2001. Le novità principali rilevano un maggior arco temporale nel quale è possibile fruire del congedo parentale indennizzato, dai 6 anni del figlio – o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento – ai 12 anni di vita, ovvero l’estensione del periodo di congedo indennizzato da 6 mesi a 9 mesi totali. Vediamo nel dettaglio.
Per ciascun figlio, fino ai 12 anni, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro per un periodo frazionato o continuativo di 6 mesi, cosiddetto congedo parentale. Complessivamente i due genitori non possono eccedere il limite di 10 mesi, fatto salvo il caso in cui il padre fruisca del congedo parentale per un periodo non inferiore a 3 mesi, il limite complessivo dei genitori è elevato a 11 mesi. Nell’ambito del limite menzionato il diritto compete:
- alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di maternità obbligatoria, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;
- al padre lavoratrice, trascorso il periodo di paternità obbligatoria, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 nel caso in cui eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi.
Inoltre, al genitore solo, dopo le modifiche apportate dal Decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105, sono riconosciuti 11 mesi di congedo parentale.
Al congedo analizzato sino ad ora, si aggiunge un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di 3 mesi, il quale deve essere goduto alternativamente dai genitori. La fruizione di tale periodo, connotata per essere trasferibile, non è subordinata al godimento dei rispettivi periodi di congedo parentale di esclusiva disponibilità, della durata di 3 mesi per ciascun genitore.
Sotto il profilo economico ai lavoratori dipendenti spetta un’indennità economica pari al 30% della retribuzione media giornaliera, calcolata in base alla retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo di congedo (dal 13 agosto 2022 la retribuzione media giornaliera dovrà considerare anche l’incidenza della tredicesima mensilità), entro i 12 anni di vita del bambino, per un periodo massimo complessivo di nove mesi, così distribuiti:
- a ciascun genitore spetta per i primi 3 mesi di congedo, non trasferibili all’altro genitore, indennizzati;
- ad entrambi i genitori spetta, in alternativa tra loro, un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di tre mesi;
- al genitore solo sono riconosciuti nove mesi di congedo parentale indennizzati.
Se il reddito del genitore richiedente è inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione, per i periodi di congedo ulteriori rispetto ai 9 mesi retribuiti, spetta ugualmente l’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera.
Riassumiamo:
ENTRAMBI I GENITORI |
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Ante Decreto 105/2022 |
Post Decreto 105/2022 |
Totale dei mesi di congedo spettanti |
10 mesi (elevabili a 11) di congedo entro 12 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
10 mesi (elevabili a 11) di congedo entro 12 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
Mesi di congedo indennizzato |
6 mesi di congedo entro 6 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
9 mesi di congedo entro 12 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
Mesi di congedo indennizzato con reddito sottosoglia |
10 mesi (elevabili a 11) di congedo entro 8 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
10 mesi (elevabili a 11) di congedo entro 12 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
MADRE/PADRE |
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Ante Decreto 105/2022 |
Post Decreto 105/2022 |
Totale dei mesi di congedo spettanti |
6 mesi (elevabili a 7 per il padre) di congedo entro 12 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
6 mesi (elevabili a 7 per il padre) di congedo entro 12 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
Mesi di congedo indennizzato |
6 mesi di congedo entro 6 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
9 mesi di congedo entro 12 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
Mesi di congedo indennizzato con reddito sottosoglia |
10 mesi (elevabili a 11) di congedo entro 8 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
10 mesi (elevabili a 11) di congedo entro 12 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
GENITORE SOLO |
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Ante Decreto 105/2022 |
Post Decreto 105/2022 |
Totale dei mesi di congedo spettanti |
10 mesi di congedo entro 12 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
11 mesi di congedo entro 12 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
Mesi di congedo indennizzato |
6 mesi di congedo entro 6 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
9 mesi di congedo entro 12 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
Mesi di congedo indennizzato con reddito sottosoglia |
10 mesi di congedo entro 8 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
11 mesi di congedo entro 12 anni di vita o di ingresso nella famiglia |
Un’ulteriore novità sul congedo parentale è stata introdotta dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022), la quale, al comma 359, ha disposto l’elevazione dell’indennità dal 30% all’80% per la durata massima di un mese di congedo, fino al sesto anno di vita del bambino. Tra i destinatari rientrano solamente i lavoratori dipendenti che terminano il periodo di congedo obbligatorio di maternità o di paternità, successivamente al 31 dicembre 2022. Tale indennità più favorevole è alternativa tra i genitori, pertanto potrà beneficiarne solamente uno dei due.
Congedo di paternità e divieto di licenziamento
L’articolo 27 bis del D.lgs. 151/2001 dispone in favore del padre lavoratore, un periodo di astensione dal lavoro di dieci giorni lavorativi, fruibile dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro il 5° mese di vita del bambino. I giorni di congedo rappresentano un diritto anche in caso di adozione o affidamento, in tal caso il 5° mese decorre dall’effettivo ingresso in famiglia del minore, ovvero, dall’ingresso del minore in Italia per le adozioni internazionali.
In caso di parto plurimo, la durata del congedo è aumentata a venti giorni lavorativi.
Il congedo consiste in un diritto autonomo ed è riconosciuto anche al padre che fruisce del congedo di paternità facoltativo ex art. 28 del medesimo decreto. Per esercitare il diritto, il padre deve comunicare in forma scritta al datore di lavoro i giorni in cui intende fruirne, con un anticipo non inferiore a cinque giorni, ove possibile.
Prima dell’entrata in vigore del D.lgs. 105/2022 la tutela del divieto di licenziamento era prevista solo in caso di fruizione del congedo di paternità facoltativo, ex. art. 28, il quale sancisce l’astensione nei seguenti casi:
- morte o grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, per la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice;
- qualora la madre sia lavoratrice autonoma e percepisca l’indennità di cui all’articolo 66.
In seguito all’entrata in vigore del D. lgs 105/2022, con le modifiche apportate al comma 7 dell’art. 54 del D.lgs. 151/2001, il divieto di licenziamento si estende anche al padre lavoratore che ha fruito del congedo di paternità cui all’articolo 27 bis del medesimo Testo (congedo di paternità obbligatorio), fino al compimento di un anno di età del bambino. Ne consegue che, in caso di dimissioni durante il periodo protetto, parimenti alla madre, il padre acquisirà il diritto alla percezione della disoccupazione Naspi.
La tutela che oggi riportiamo con certezza, è stata oggetto di diverse interpretazioni. Vediamo il perché.
Il testo novellato dell’articolo 54, comma 7, del D.lgs. 151/2001 dispone come “in caso di fruizione del congedo di paternità, di cui agli articoli 27-bis E 28, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino”.
Come sottolineato, il legislatore inizialmente faceva rientrare fra i destinatari della tutela solamente i padri lavoratori che avessero fruito combinatamente sia del congedo di paternità obbligatorio (ex art. 27-bis) che del congedo di paternità facoltativo (ex. art 28).
L’Inps con la circolare n. 32 del 20.03.2023 ha dato specifica evidenza del contrario, analizzando il successivo articolo 55, il quale dispone come “in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell’articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso. La disposizione di cui al comma 1 si applica al padre lavoratore che ha fruito del congedo di paternità".
L’Istituto di Previdenza asserisce come il richiamo generico al congedo di paternità (i c.d. 10 giorni), senza alcuna specifica distinzione tra i due congedi, conferisce il diritto alle indennità previste in caso di licenziamento del lavoratore padre, sia nel caso di fruizione del congedo di paternità obbligatorio che del congedo di paternità facoltativo rispettivamente menzionati dagli artt. 27-bis e 28, D.lgs. 151/2001.
Non solo. Con circolare n°39 del 2023 l’INPS precisa altresì come, congiuntamente all’indennità sostitutiva del preavviso dovuta al padre lavoratore che si dimette, competa anche l’accesso all’oramai intramontabile “NASPI” ovvero la Nuova Assicurazione Sociale per l’impiego (nata dalla legge 92/2012 e poi evolutasi). Con contributo a cario dell’azienda, si intenda.
Se è vero che queste previsioni risultano interpretate dagli enti/istituti in modo “paritario” rispetto alle madri (cui, ricordiamolo, competevano le giuste tutele in caso di licenziamento entro l’anno di via del figlio ed il diritto di accesso alla NASPI ed indennità sostitutiva del preavviso in caso di dimissioni nel medesimo periodo), deve altresì rilevarsi come l’estensione delle tutele in parola può avere senso verso quel padre che voglia assumere (finalmente) quella funzione genitoriale che le norme del 2022 vogliono riconoscergli.
Funzioni che, a dire il vero, difficilmente possono essere date per scontate.
Pensare che un dipendente si dimetta entro l’anno di vita di suo figlio (dopo aver fruito di 10 giorni di congedo) per una diversa occasione di lavoro (come corretto che sia, si intenda) e che abbia diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso ed accesso ad una NASPI che, probabilmente non godrà (o potrebbe essere utilizzata dal nuovo datore di lavoro come strumento per ottenere una assunzione agevolata) senza legare detti istituti ad una funzione genitoriale paritaria, forse non rappresenta la relación normativa.
Probabilmente senza forse.