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Con l’arrivo della stagione invernale le preoccupazioni per gli l’incrementi dei costi delle bollette cominciano ad essere sempre più rilevanti nella trama sociale. Per fronteggiare il caro energia il Decreto Aiuti-Bis, D. lgs. 115/2022, ha introdotto una misura straordinaria che consente ai datori di lavoro di erogare un benefit in favore dei propri dipendenti per contrastare il pagamento delle utenze di acqua, luce e gas. All’interno del provvedimento, è stata altresì innalzata la soglia di non concorrenza reddituale dei fringe benefits a 600 euro, limitatamente al 2022.

Le criticità normative e la soluzione dell’agenzia delle entrate

Come accennato nell’introduzione, l’articolo 12 del Decreto Aiuti Bis, oltre ad aver introdotto nel quadro dei fringe benefit le spese sostenute per le utenze domestiche, ha elevato il limite di esenzione fino a 600 euro, derogando l’articolo 51, comma 3 del TUIR, il quale stabiliva una soglia massima di 258,23 euro.

La formulazione della norma aveva fatto ritenere che la deroga stessa legittimasse il criterio che ordinariamente caratterizza il terzo comma dell’articolo 51, in base al quale nell’ipotesi di erogazione di fringe benefit per un valore superiore la soglia di esenzione, veniva tassato ed assoggettato a contribuzione tutto l’importo erogato annualmente in compensi in natura. Il criterio della “franchigia” trovava la sua applicazione per effetto dell’armonizzazione delle basi imponibili. L’opinione maggioritaria riteneva che la deroga riguardasse anche tale aspetto, garantendo un’eventuale tassazione solamente sulla parte eccedente il limite di non concorrenza al reddito da lavoro imponibile.

L’incertezza è stata colmata con la circolare n. 35/E dell’Agenzia delle Entrate, con la quale è stato chiarito che la disposizione contenuta nell’articolo 12 del Decreto Aiuti-Bis deroga solamente i contenuti dell’art. 51, c. 3 del TUIR, e che pertanto, una volta superata la soglia di esenzione dovrà essere tassato l’intero importo, compresa la quota di valore inferiore al tale limite.

Chi può beneficiarne e come funziona il bonus?

L’ambito soggettivo del Decreto Aiuti Bis è il medesimo dell’art. 51, c. 3 del TUIR, ovvero circoscritto ai titolari di redditi di lavoro dipendente e di redditi assimilati a quello di lavoro dipendente, quindi tipicamente sono ricompresi anche i collaboratori coordinati e continuativi nonché i percettori di borse di studio. Inoltre, come stabilito dalla circolare n. 35/E “atteso che la norma richiama la disciplina dettata dal predetto comma 3 dell’articolo 51 del TUIR, e non anche quella dettata dal comma 2 del medesimo articolo, si ritiene che i fringe benefit in esame possano essere corrisposti ad personam”. Il datore di lavoro, pertanto, non sarà più obbligato a redigere un regolamento o a siglare un accordo sindacale qualora decidesse di elargire il benefit solamente ad alcuni, specifici, dipendenti.

In merito all’ambito oggettivo della norma, l’Agenzia offre un’interpretazione più articolata. In merito alla non concorrenza reddituale delle somme rimborsate od erogate dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche, specifica che tali spese devono essere sostenute per immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere dalla sussistenza della residenza o del domicilio. Ulteriore casistica oggetto di rimborso riguarda le utenze intestate al condominio o al locatore proprietario dell’immobile, a condizione che sia prevista all’interno del contratto di affitto una forma di addebito analitico a carico del lavoratore locatario, o del proprio coniuge o familiari, supposto che gli stessi sostengano effettivamente la spesa.

L’applicazione dell’agevolazione nei limiti di cui all’articolo 51, c.3, TUIR comporta degli adempimenti da parte del datore di lavoro. In particolare dovrà farsi rilasciare e conservare, per eventuali controlli, la relativa documentazione che giustifichi che il dipendente o i suoi familiari hanno sostenuto la spesa rimborsata, ovvero, alternativamente “può acquisire una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 45, con il quale il lavoratore attesti di essere in possesso della documentazione comprovante il pagamento delle utenze domestiche “.

La dichiarazione con la finalità di identificare le spese, dovrà contenere i seguenti elementi:

  • Il numero e l’intestatario della fattura (e se diverso dal lavoratore, il rapporto intercorrente con quest’ultimo);
  • La tipologia di utenza;
  • L’importo pagato;
  • La data;
  • Le modalità di pagamento;
  • L’autodichiarazione che le fatture non sono già state rimborsate neppure parzialmente né dal datore di lavoro a cui si richiede il rimborso né da altri.

Al fine di eventuali controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria, il lavoratore dovrà conservare copia dei documenti attestanti l’onere sostenuto, oltre all’autocertificazione funzionale ad evitare più rimborsi in relazione alla medesima spesa.

In ultimo, la circolare n. 35/E amplia il limite temporale, specificando che sono rimborsabili entro e non oltre il 12 gennaio 2023, per effetto del principio di cassa allargata, anche le utenze riferite a fatture emesse nel 2023 purché riguardino consumi effettuati nel 2022.

L’innalzamento della soglia di esenzione

Tremila euro. Tale la nuova soglia di benefit in natura esenti (o rimborsi di utenze) disposta dal nostro esecutivo a mezzo del c.d. DL “Aiuti quater”.

Il decreto, n°176/2022 pubblicato in data 18 novembre 2022, reca un articolo 3 comma 10 che dispone una modifica sostanziale del previgente articolo 12 comma 1 del decreto legge 09.09.2022 n°115 (convertito in legge 21 settembre 2022 n°142).

Se, come abbiamo visto, la scelta del governo precedente era quella di determinare un aumento della soglia di esenzione dei c.d. benefits in natura, di cui all’art 51 comma 3 del TUIR, nonché quella di consegnare, per la prima volta, la possibilità di annoverare la corresponsione di somme mirate al rimborso (o rimborsi) di bollette energetiche, idriche o di gas naturale fino ad un valore di euro 600,00 a dipendente, l’attuale esecutivo, sempre confermando le opportunità create dal previgente, vuole consentire un cospicuo utilizzo del credito welfare in discussione, portandolo ad euro 3.000,00 a percipiente.

Sia chiara una cosa: se non fossimo in una situazione di emergenza economica che, auspicabilmente, dovrà stabilizzarsi al ribasso per quanto a costi ed approvvigionamenti di materie prime, l’apertura a sistemi di welfare evoluti, quali il rimborso delle utenze domestiche, proietterebbe l’Italia sicuramente tra i paesi maggiormente lungimiranti per quanto a politiche di welfare diretto.

In ogni caso, appare evidente, almeno per ora, come l’apertura a nuove tipologie di benefits appare legata a fattori contingenti nonché rilegata al 2022.

In effetti il tema è il tempo: se la concessione di un valore di tremila euro annui per beni e servizi in natura (nonché rimborsi di bollette) appare molto lusinghiero, ricordiamo che tale valore dovrà esser speso entro il 12 gennaio 2023, al fine di rientrare nella annualità 2022, dove la norma lo confina.

Si può dunque assistere ad una corsa alla spesa di tali valori, chiaramente se l’azienda vuole procedere in tal senso.

Attenzione: siamo sicuri che fosse questo l’intento dell’esecutivo? Rendere esenti il conferimento di beni e servizi in natura che potrebbero anche non riguardare il “caro energia”? Il tutto con un decreto, aiuti quater, il cui articolo terzo è così rubricato “Misure di sostegno per fronteggiare il caro bollette

In fondo la norma è, per il momento, un decreto legge non convertito e non interpretato ne dall’Agenzia delle Entrate ne dall’INPS (anche se interpretazioni diverse dal testo letterale non sembrano ipotizzabili – forse).

E, se fosse, auspichiamo nel tempismo. Il conguaglio fiscale (e previdenziale, a questo punto) si avvicina.

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