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In data 12 dicembre Confcommercio-Imprese e le Organizzazioni Sindacali di categoria Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs hanno sottoscritto un protocollo straordinario di settore. L’accordo mira a intervenire sul trattamento economico dei lavoratori del settore, seppure, ad oggi, non possa ancora essere considerato vero e proprio rinnovo contrattuale.

Il contenuto del Protocollo del 12 dicembre 2022

L’intesa prevede: da un lato l’erogazione, con la mensilità di aprile 2023, di un acconto sui futuri aumenti contrattuali e, dall’altro, l’una tantum a copertura del periodo di “vacanza contrattuale”. Tuttavia, in presenza di specifiche erogazioni economiche individuali, potrebbe il datore di lavoro non riconoscere, o meglio assorbire fino a concorrenza, l’una tantum contrattuale così come gli acconti economici nazionali?

L’intesa prevede nella rubrica “criteri di calcolo” la necessità, ai fini della quantificazione dell’importo da riconoscere ad ogni singolo lavoratore, di fare riferimento alle previsioni di cui al punto 4 che a sua volta prevede l’erogazione pro quota in rapporto ai mesi di anzianità di servizio maturata durante il periodo 2020-2022.

Esemplificando: l’importo di 404,699 euro disposto per il III livello, deve essere riparametrare in quote mensili pari ad un trentaseiesimo relativamente al periodo 1° gennaio 2020 – 31 dicembre 2022. Proseguendo, in caso di assunzione in data 1° gennaio 2022 di un III livello, i 12 mesi di anzianità di servizio darebbero diritto al riconoscimento di un importo pari a € 77,08, da erogarsi con la retribuzione di gennaio 2023 (231,25/36 x 12 mesi) e di un importo pari a € 57,81, da riconoscersi con la retribuzione di marzo 2023 (€173,44/36 x 12 mesi).

Ai fini della maturazione di un mese di diritto della quota di una tantum, si considera mese intero anche la frazione superiore o uguale a 15 giorni.

L’accordo sindacale afferma inoltre che alcuni periodi non devono essere conteggiati ai fini dell’anzianità e pertanto del conteggio dell’una tantum contrattuale e che “si dovrà tener conto delle modifiche intercorse nel rapporto di lavoro (es. modifica inquadramento, trasformazione del rapporto FT/PT) durante il periodo 2020-2022”.

Arrivato con tre anni di ritardo, il testo in trattazione collega la valorizzazione dell’una tantum contrattuale alle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro nel triennio di vacatio contrattuale. Basti pensare, nello specifico, alla puntuale determinazione del valore economico in collegamento ad eventi quali congedi e malattie, orario di lavoro (part time e full time) e alla specifica indicazioni della maturazione mensile dell’emolumento, in ragione del criterio della maturazione dell’anzianità di servizio.

A ben vedere, sembra quasi un emolumento retributivo mensile piuttosto che un valore economico a compensazione dell’assenza di una contrattazione collettiva.

Da qui la riflessione: in presenza di un superminimo assorbibile, magari riconducibile ai dettami dell’art 216 del CCNL commercio (ovvero non legato a merito e tipicamente disposto come assorbibile), è possibile procedere con l’assorbimento dell’emolumento in questione?

Innanzitutto, è necessario far riferimento alla definizione nel contratto di assunzione, o successive pattuizioni, del valore economico aggiuntivo erogato al lavoratore. In materia, giurisprudenza consolidata, afferma il principio in base al quale è necessario esplicitare nella voce di superminimo assorbibile che questo sia: “versato in acconto sulle future variazioni contrattuali e potrà essere oggetto di assorbimento nel caso di variazione del minimo tabellare nonché per ogni altro titolo fatte salve le previsioni inderogabili di legge e di contratto”. A parere di chi scrive, sarà dunque necessario non solamente qualificare l’emolumento aggiuntivo come assorbibile, ma bisognerà identificare in modo chiaro nella clausola contrattuale che, trattandosi di un acconto sul futuro trattamento economico nazionale, il datore di lavoro si riserva la possibilità di poterne ridurre il valore ovvero non riconoscere gli incrementi collettivi. Specificare inoltre che l’aumento in questione non sia riferito a ipotesi connesse al “merito” (che determinerebbe l’applicazione dell’art. 216 del CCNL).

In seconda battuta, e da considerare la possibilità che la contrattazione collettiva abbia favorito il mancato assorbimento dei minimi contrattuali o delle voci retributive collegate. Questo è ad esempio, il caso degli scatti di anzianità che, sono ordinariamente non assorbibili da pattuizioni individuali. Nel caso del commercio, l’art. 216 del CCNL, rubricato “Assorbimenti”, afferma: “in caso di aumenti di tabelle, gli aumenti di merito concessi dalle aziende, nonché gli aumenti derivanti da scatti di anzianità, non possono essere assorbiti. Per aumenti di merito devono intendersi gli assegni corrisposti con riferimento alle attitudini e al rendimento del lavoratore. Non possono essere assorbiti gli aumenti corrisposti collettivamente e unilateralmente dal datore di lavoro nel corso dei sei mesi immediatamente precedenti la scadenza del presente contratto. Gli aumenti che non siano di merito e non derivino da scatti di anzianità, erogati dalle aziende indipendentemente dai contratti collettivi stipulati in sede sindacale, possono essere assorbiti in tutto o in parte, in caso di aumento di tabella, solo se l’assorbimento sia stato previsto da eventuali accordi sindacali oppure espressamente stabilito all’arto della concessione.”

Quanto sopra a rappresentazione del principio giurisprudenziale consolidato (sopra richiamato), ovvero, la circostanza che solamente i superminimi erogati quali acconto su futuri aumenti contrattuali può essere oggetto di riduzione in caso di aumento della retribuzione contrattuale.

L’una tantum

Un rinnovo contrattuale tardivo nel settore terziario confcommercio rispetto alla vigenza delle precedenti intese di settore, non è cosa nuova. La giurisprudenza (Cassazione n°19276/2015), al riguardo, si è espressa in modo chiaro affermando come: “in tema di superminimo questo entra a far parte del patrimonio del lavoratore solo ed esclusivamente quando sia stato pattuito espressamente tra le parti o quando sia ricollegabile alle peculiarità della prestazione del lavoratore che ne beneficia (collegato ai meriti del dipendente o alla particolare qualità o onerosità del lavoro) e non solo per il fatto che attribuito una volta lo si sia attribuito per sempre, soggiacendo in tale ultima ipotesi alla regola dell’assorbimento (Sez. L, sentenze n. 20008 del 18.7.2008; n. 2633/94; ordinanza n. 26374 del 2010).”

In particolare, la citata sentenza, con specifico riferimento all’una tantum afferma: “si è rilevato che proprio la corresponsione degli acconti ha consentito di escludere i disagi derivanti ai lavoratori dai congelamenti retributivi, sicche’ non poteva competere l’indennità che mira proprio all’obiettivo già salvaguardato dalla percezione degli aumenti. In altri termini, una volta conseguiti gli aumenti tabellari dal nuovo contratto collettivo non vi era più ragione di continuare a corrispondere al dipendente gli acconti su tali aumenti; non si tratta dunque di assorbimento, ma di cessazione della corresponsione di emolumenti una volta venuta meno la ragione della loro attribuzione, ossia la funzione economico sociale “di anticipo” che essi avevano”.

In conclusione, possiamo affermare che in presenza di un acconto su futuri aumenti contrattuali, non si siano verificati per i lavoratori i disagi che la previsione dell’una tantum intende mitigare, compensando almeno parzialmente il potere d’acquisto dei salari in base al tasso di inflazione perché anche successivamente alla scadenza del contratto collettivo non vi sono stati congelamenti retributivi stante l’erogazione degli anticipi sui futuri aumenti. Dunque, appare lecito il mancato pagamento, fino a concorrenza del valore del superminimo accordato, dell’unatantum contrattuale riconosciuto dal protocollo straordinario del settore terziario del 12 dicembre 2022.

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